Ora di religione

PERCHÉ ESISTE L’ORA DI RELIGIONE CATTOLICA?
IN COSA CONSISTE?
È POSSIBILE NON FREQUENTARLA?
IN QUALE ORARIO VIENE COLLOCATA?
DA QUANTI STUDENTI É FREQUENTATA?
COME VENGONO SCELTI GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE?
QUANTO COSTA ALLO STATO?
GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE IN RUOLO
INGERENZE CATTOLICHE NELLATTIVITÀ SCOLASTICA
ILPROGETTO ORA ALTERNATIVADELLUAAR
PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

PERCHÉ ESISTE L’ORA DI RELIGIONE CATTOLICA?

Esiste perché esiste il concordato. Nella legislazione postunitaria l’insegnamento (facoltativo) era previsto solo per le scuole elementari, affidate ai comuni. Nel 1923 il primo governo fascista, con la riforma della scuola, lo rese obbligatorio. Con il concordato del 1929 si introdusse l’ora di religione anche nelle scuole medie e superiori, quale «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica».

Nelle modifiche concordatarie del 1984 la formula venne trasformata così: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principî del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado».

Apparentemente un progresso: nei fatti, l’insegnamento della religione cattolica (in breve IRC) venne così esteso anche alle scuole materne.

IN COSA CONSISTE?

Un protocollo addizionale del concordato sancisce: «l’IRC… è impartito in conformità della dottrina della Chiesa». È chiaro, quindi, che l’ora di religione serve esclusivamente alla Chiesa per insegnare la propria religione, cosa che potrebbe e dovrebbe fare nelle proprie parrocchie. E’ possibile insegnare anche le dottrine delle altre religioni, ma soltanto da un punto di vista cattolico.

Come prescrive il Codice di diritto canonico: «L’Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come insegnanti della religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica».

Lo Stato è talmente escluso da questo insegnamento che lo stesso ex ministro per l’Istruzione Berlinguer, in una intervista a Famiglia Cristiana, ha sostenuto di non sapere bene cosa effettivamente si insegni durante le lezioni.

È POSSIBILE NON FREQUENTARLA?

Certamente. La formula tecnica concordataria è «non avvalersi»: come se fosse un’occasione da non perdere!

Vi sono tre possibilità:

  1. Frequentare attività didattiche e formative (cosiddetta «ora alternativa»). Negli ultimi anni, grazie anche ad iniziative legali dell’UAAR, l’ora alternativa è diventata un diritto che la scuola italiana è obbligata a garantire. Il costo non grava sul bilancio dei singoli istituti ma è coperto dal Ministero. Per superare le resistenze e vincere le discriminazioni che ostacolano l’attivazione di queste attività didattiche, l’UAAR ha attivato il progetto Ora Alternativa.
  2. Dedicare l’ora allo studio di altre materie. Anche in questo caso possono emergere resistenze, ma la scuola è obbligata ad assicurare un insegnante e un’aula adatta allo scopo. Come per l’ora alternativa, il Ministero dà la copertura finanziaria per l’insegnante nel caso non vi sia disponibilità all’interno dell’istituto.
  3. Uscire dalla scuola. Non vi è infatti alcun obbligo né di frequentare l’IRC né di frequentare l’ora alternativa, come è stato autorevolmente sancito nel 1989 dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 203 (sentenza fondamentale, perché sancì il supremo principio costituzionale della laicità dello Stato). Per molte famiglie è una scelta non praticabile, o troppo onerosa (si pensi alla situazione di entrambi i genitori che lavorano e che devono pagare il servizio di baby sitter per due ore la settimana per i figli piccoli). In ogni caso, per rendere praticabile questa scelta, la scuola dovrebbe collocare l’IRC all’inizio o alla fine delle lezioni: questa soluzione, che probabilmente farebbe diminuirebbe sensibilmente la partecipazione all’IRC, si scontra con la contrarietà della Chiesa cattolica.

Il 14 maggio 1999 l’art. 3 dell’ordinanza ministeriale n. 128 ha sostenuto confusamente che lo studio dell’IRC o dell’ora alternativa possono concorrere a formare il cosiddetto “credito scolastico”, e quindi il punteggio di ammissione all’Esame di Stato che conclude il ciclo di istruzione superiore.

Contro questa ordinanza, che si pone in contrasto anche con alcune sentenze della Corte Costituzionale, si sono levate le proteste laiche ed è nato un ricorso al TAR dei valdesi e delle chiese evangeliche.

Il ricorso è stato rigettato con motivazioni astruse, la più assurda delle quali è che i ricorrenti «non hanno notificato le controparti», ovvero… tutti gli studenti che si avvalgono dell’IRC!

Nel frattempo i ministri succedutisi (Berlinguer, Di Mauro, Moratti, Fioroni) hanno tutti reiterato di anno in anno l’ordinanza ministeriale, confermandone sostanzialmente i contenuti.

Come se non bastasse, l’Ufficio Catechistico Nazionale, alle dirette dipendenze dei vescovi, iniziò una vera e propria schedatura per conoscere le motivazioni della mancata frequenza degli alunni. Contro questa grave iniziativa il Senatore Stelio De Carolis (DS) presentò un’interrogazione.

Con la circolare 174 del 14 dicembre 2001 il ministro Letizia Brichetto in Moratti forzò ulteriormente la situazione, stabilendo che la scelta dell’insegnamento della religione cattolica non deve più essere rinnovata annualmente a ogni iscrizione: l’opzione per il primo anno vale anche per tutto il percorso scolastico successivo «ferma restando la possibilità di cambiare».

Nel 2005, con il decreto di riforma delle scuole superiori l’IRC fu inserito nel monte ore obbligatorio annuale. Un provvedimento analogo era stato già preso l’anno precedente con un decreto relativo alle scuole elementari e medie. Con questi provvedimenti, per aspirare alla promozione diventava indispensabile frequentare il 75% delle ore previste dal piano di studio, introducendo di fatto l’obbligo, per chi non vuole seguire l’IRC, di frequentare una materia alternativa. Contro tali provvedimenti varie organizzazioni hanno presentato ricorso al TAR.

Nel febbraio 2006, in seguito a un ricorso dei COBAS, il TAR del Lazio sospese l’introduzione del documento di valutazione degli alunni, previsto dalla riforma Moratti, con cui il giudizio sull’IRC veniva inserito in un unico documento unitamente agli altri curricula, nonostante la religione fosse e sia una materia facoltativa.

Nel maggio 2007, infine, il TAR del Lazio ha accolto un ricorso di diverse associazioni laiche, tra cui l’UAAR, contro un’ordinanza ministeriale concernente l’attribuzione di credito scolastico in sede di esami di maturità agli studenti avvalentisi dell’IRC. Il ministro Fioroni si è tuttavia rivolto al Consiglio di Stato, che ha stoppato la decisione del TAR. Nell’agosto 2009 un nuovo ricorso è stato nuovamente accolto dal TAR del Lazio: la Conferenza Episcopale Italiana ha tuttavia chiesto al governo di impugnare anche questa volta la sentenza. Nel maggio 2010 nuovo ribaltone: il Consiglio di Stato dà ragione al governo, ma ha anche sostenuto che «la mancata attivazione dei corsi alternativi rischia di mettere in crisi uno dei presupposti su cui si fondano le ordinanze impugnate, che, nel mettere sullo stesso piano, ai fini della valutazione come credito scolastico nell’ambito della c.d. banda di oscillazione, l’insegnamento della religione e l’insegnamento dei corsi alternativi per i non avvalentisi, danno quasi per scontato che i corsi alternativi esistano ovunque. La mancata attivazione dell’insegnamento alternativo può pertanto incidere sulla libertà religiosa dello studente o delle famiglia, e di questo aspetto il Ministero appellante dovrà necessariamente farsi carico».

Nell’agosto 2010 un ricorso di due genitori sostenuto e curato dall’UAAR è stato accolto dal Tribunale di Padova, secondo il quale la mancata attivazione dell’ora alternativa costituisce «un comportamento discriminatorio illegittimo». Pochi giorni prima lo stesso ministero dell’istruzione, con una circolare, aveva evidenziato la necessità di assicurare «l’insegnamento dell’ora alternativa alla religione cattolica agli alunni interessati».

Nel 2018 il Consiglio di stato ha infine sancito che la scelta si può modificare anche in corso d’anno. L’ora alternativa è dunque un diritto ormai conclamato, anche se bisogna comunque farlo presente agli istituti scolastici. Nel frattempo, pare che con la «buona scuola» i professori di religione abbiano visto riconosciuto il diritto di partecipare agli esami: una decisione che l’Uaar e altre associazioni laiche della scuola hanno contestato.

IN QUALE ORARIO VIENE COLLOCATA?

L’intesa concordataria del 1985, modificata poi nel 1990, prevede due ore settimanali alle materne e alle elementari, una alle medie ed alle superiori.

La collocazione oraria, dopo diverse minacce della Conferenza Episcopale Italiana, è stata preferibilmente posta all’interno delle lezioni. Non per niente la Chiesa pretende questa collocazione: diversi dati dimostrano come la disposizione ai margini dell’orario favorisca la fuga degli studenti.

Astutamente, le gerarchie ecclesiastiche hanno in passato concesso di buon grado la collocazione dell’IRC all’inizio delle lezioni solo quand’esso era obbligatorio, così da contrassegnare l’intera giornata scolastica nel segno della fede.

DA QUANTI STUDENTI È FREQUENTATA?

Non esiste un’informazione ministeriale sulla partecipazione, che diminuisce progressivamente man mano che l’età degli studenti si innalza: con la possibilità di scegliere affidata agli studenti, infatti, il dato raggiunge i suoi minimi.

I dati del ministero, risalenti ormai al 2005, parlano di una media nazionale del 93%, che per le superiori scende all’87%: le regioni centro-settentrionali sono sicuramente le più laiche (primeggia la Toscana), mentre nel sud le percentuali di partecipazione sono bulgare. Nel 2018 sono stati finalmente diffusi dati aggiornati, ma risalenti alle superiori, che attestano come la diminuzione della partecipazione continui senza soste. Il fenomeno è ancora più accentuato nelle metropoli, dove numerose classi sono sono completamente prive di IRC, in quanto nessuno studente se ne è avvalso.

Il fatto stesso che, ovunque, la partecipazione crolli alle superiori (quando lo studente decide da solo se frequentare o meno) dimostra quanto conti, nell’effettuare la scelta, il condizionamento familiare.

COME VENGONO SCELTI GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE?

Vengono scelti dalla curia, a suo insindacabile giudizio. Quindi lo Stato paga lo stipendio a persone su cui non ha il minimo controllo, e che utilizzano lo spazio concesso per un insegnamento di parte, spesso in contrasto con i principi di laicità dello Stato stesso.

Per conservare il posto, costoro devono ogni dodici mesi chiedere il nulla osta all’autorità diocesana, dalla quale possono essere revocati anche per ragioni che non hanno nulla a che fare con le capacità dell’insegnante, ad esempio per «…condotta morale pubblica in contrasto con gli insegnamenti della Chiesa».

È noto il caso della professoressa in gravidanza «non canonica», licenziata dalla curia, che ha fatto ricorso contro tale provvedimento ottenendo anche un pronunciamento favorevole del Comitato Pari Opportunità del Ministero del Lavoro, per finire infine sconfitta da una sentenza della Corte di Cassazione del febbraio 2003, che ha rigidamente applicato la normativa vigente.

QUANTO COSTA ALLO STATO?

La spesa che lo Stato sostiene per l’insegnamento della religione cattolica è data principalmente dalle retribuzioni degli insegnanti scelti dalle curie.
L’ammontare di tali retribuzioni non sembra essere un dato disponibile sui siti ministeriali. In ogni caso, una stima attendibile dei costi dell’IRC deve tenere conto dei costi accessori che la sua istituzione comporta: il lavoro del  personale ATA, dei dirigenti scolastici e delle segreterie è un costo da imputare in parte anche all’IRC; allo stesso modo lo sono i costi di riscaldamento, pulizie e energia elettrica.

La sintesi della relazione illustrativa del conto del bilancio 2010 pubblicata sul sito della Ragioneria Generale dello Stato riporta 44,435 miliardi di euro alla voce «Istruzione scolastica / Pagamenti complessivi».
Nella sintesi dei dati pubblicata dal MIUR per l’anno scolastico 2009/2010 gli insegnanti di religione nella scuola statale erano 26.326 su un totale di 931.756 (non considerando supplenti con contratto inferiore all’anno).
Il costo che lo Stato sostiene per l’IRC si può quindi quantificare in 1,25 miliardi di euro, moltiplicando il costo totale dell’istruzione scolastica per il rapporto tra insegnanti di religione cattolica e totale degli insegnanti.

Da segnalare infine che la normativa è così ottusa che, quando alcuni presidi hanno tentato l’accorpamento di diverse classi con pochi studenti avvalentisi dell’IRC, l’iniziativa è stata subito bloccata in quanto è previsto l’insegnante anche quando un solo studente se ne avvale. Iniziative legislative per ridurre questo spreco si scontrano con le proteste ecclesiastiche per la conseguente riduzione occupazionale.

GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE IN RUOLO

Con la legge 186 del 18 luglio 2003 gli insegnanti di religione sono entrati in ruolo, e hanno pure diritto a una paga leggermente più alta. Siamo inoltre arrivati all’assurdo di avere insegnanti nominati dalla curia che, qualora non avessero più il gradimento delle gerarchie cattoliche, verrebbero assunti direttamente dallo Stato. Durante la votazione finale, al «Sì» dei partiti di maggioranza si unirono anche quelli di Udeur e Margherita. Nello schieramento di quelli che si sono opposti c’erano invece Ds, Sdi, Prc, Pdci e il repubblicano Giorgio La Malfa.

Nella sintesi dei dati pubblicata dal MIUR nel giugno 2010, nell’anno scolastico 2009/2010 gli insegnanti di religione nella scuola statale erano 26.326, di cui 13.880 a tempo indeterminato (entrati in ruolo grazie alla suddetta legge) e 12.446 a tempo determinato. I docenti a tempo indeterminato, secondo una sentenza del tribunale dell’Aquila del 2018, hanno diritto a ottenere un nuovo posto fisso nel più breve tempo possibile.

INGERENZE CATTOLICHE NELLATTIVITÀ SCOLASTICA

Costante rimane l’attivismo cattolico per confessionalizzare progressivamente la scuola pubblica.

Sull’argomento sono disponibili sul sito un articolo di Claudio Tombari e uno di Gianna Tirondola. Citiamo inoltre come esempio le confessioni impartite in classe da un prete abruzzese (luglio 2000). In Francia, i cattolici sono arrivati a tentare di reintrodurre la divisione delle classi in maschili e femminili.

Per un approfondimento del tema si rimanda alla scheda dedicata alle messe a scuola.

ILPROGETTO ORA ALTERNATIVADELLUAAR

Nel settembre 2006 l’UAAR ha avviato il suo “Progetto ora alternativa”, che si propone si offrire un supporto ai genitori che intendono non avvalersi dell’ora di religione cattolica: raccoglie altresì le testimonianze delle piccole e grandi discriminazioni subite. L’UAAR ha inoltre pubblicato sulla sua rivista L’Ateo numerosi articoli di critica. Dal punto di vista pratico, la nostra associazione offre la consulenza gratuita dello sportello informatico SOS Laicità.

La ministra Mariastella Gelmini si è impegnata in modo particolare a discriminare l’ora alternativa. Contro questa politica chiaramente filoclericale l’UAAR e i suoi circoli sono intervenuti, portando avanti diverse iniziative (cfr. il comunicato stampa del 27 gennaio 2010).

Nel gennaio 2011 l’UAAR ha inoltre lanciato una campagna pubblicitaria sui più importanti settimanali italiani, all’insegna dello slogan «Non c’è più religione. Per chi non la vuole». Nel 2012 la campagna continua anche su Facebook con la pagina: «Ora di religione, ora basta».

Il progetto si accompagna all’impegno legale per una reale uguaglianza tra studenti che frequentano l’ora di religione e studenti che scelgono l’ora alternativa. Il più importante risultato è senz’altro l’ordinanza del tribunale di Padova del 30 luglio 2010, con cui è stato sancito l’obbligo in capo alle scuole di attivare gli insegnamenti alternativi.

Un altro fondamentale successo legale è arrivato nel 2020, a sette anni di distanza da un primo ricorso respinto contro la discriminazione che subiscono gli studenti che scelgono l’ora alternativa, per la quale non esisteva l’obbligo di una attivazione immediata. Con la sentenza del 9 ottobre 2020 il Tar ha dato ragione all’Uaar e torto al Ministero, stabilendo che «il rinvio della seconda opzione all’incipit dell’anno scolastico contrasta con la possibilità di tempestiva organizzazione ed idonea offerta delle attività alternative, con conseguente inizio ad anno scolastico ormai avviato e con soluzioni formative inadeguate o inesistenti che possono portare all’effettiva frustrazione del principio di non discriminazione per motivi religiosi e del diritto di insegnamento». La scelta delle attività alternative, così i giudici del Tar, «deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di ragionevolezza e buon andamento».

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

    Ultimo aggiornamento: 22 dicembre 2018