L’illuminismo e la rinascita dell’ateismo filosofico

Teologia, filosofia e scienza nella cultura del Settecento
Carlo Tamagnone
Clinamen
2008
ISBN: 
9788884101273

Carlo Tamagnone si è posto un obiettivo impegnativo: scrivere una storia dell’ateismo filosofico a carattere enciclopedico. Sforzo privo di precedenti, a parte l’opera di Fritz Mauthner (comunque ristretta all’Occidente). Rispetto al primo volume, Ateismo filosofico nel mondo antico, assistiamo a un salto temporale di un millennio e mezzo: «le epoche dell’ateismo impossibile», come le definisce l’autore, che sembra preannunciare un volume esclusivamente dedicato a questo periodo.

Il saggio parte da lontano, dai presupposti secenteschi e dalla ricostruzione del contesto politico, sociale, scientifico e culturale che hanno reso possibile un nuovo modo di pensare. Una premessa inevitabile, perché Illuminismo significa soprattutto Francia, e perché è dunque indispensabile comprendere le ragioni per cui i Lumi hanno attecchito Oltralpe. Illuminismo non significa però anche e necessariamente anche Rivoluzione francese: Tamagnone non solo mette in guardia da qualunque tentativo semplicistico di creare un collegamento tra i due eventi, ma fornisce diversi elementi che puntano invece nella direzione di una sorta di costruzione postrivoluzionaria delle “radici illuministiche” della presa della Bastiglia. La Rivoluzione fu soprattutto deista, nonché anticattolica (proprio in quanto deista), e il tentativo di costruzione di un mondo nuovo non fu mai alieno dall’utilizzo dei consueti arnesi del potere. L’osservazione non va ovviamente a detrimento dell’enorme importanza culturale dei philosophes: basti pensare che l’inizio del declino nella produzione libraria in latino è pressoché contestuale all’uscita del primo volume dell’Encyclopédie.

Come già Onfray, Tamagnone individua la nascita dell’ateismo moderno nella figura di Jean Meslier, il curato di Etrépigny il cui testamento, ben poco “spirituale”, venne rinvenuto alla sua morte, nel 1729. Una circostanza che spinge ancora una volta a riflettere su quanto a lungo l’ateismo sia stato costretto a vivere sotterraneamente: quanti Meslier non hanno mai avuto il coraggio del coming out? Quanti Meslier hanno lasciato documenti di questa portata, andati irrimediabilmente persi? Quanti Meslier, incappando in riscritture fideistiche alla Voltaire, non hanno avuto l’opportunità di tramandare ai posteri il proprio inequivocabile pensiero incredulo? La grandezza del «primo ateo moderno» sta proprio in questo: non tanto nella qualità del suo lavoro, quanto nell’essere stato un antesignano d’un pensiero non religioso che, quanto ad assenza di compromessi, nemmeno gli stessi illuministi che vennero dopo di lui seppero mai eguagliare.

È un aspetto ben evidenziato da Tamagnone, che non esita a sottolineare sia i meriti del curato, sia le cautele di tutti gli altri. Scientificamente rigoroso nel non voler scavare nell’intimo, evitando quindi di attribuire convinzioni arbitrarie a chi ci ha lasciato documentazione che suggerisce altrimenti, l’approccio è lo stesso della sua precedente opera, La filosofia e la teologia filosofale. L’autore è implacabile nel denunciare non solo i “falsi” atei, ma anche quelli che, a suo dire, sono solo atei parziali, in quanto espressione di un pensiero ancora profondamente imbevuto di determinismo: «una super-fede più forte di ogni altra fede» che, peraltro, dovrà attendere Darwin per poter essere criticata come si deve. Ovvio che, così procedendo, sono ben pochi i filosofi che passano «l’esame»: non ci riescono La Mettrie, Helvétius, d’Holbach, e men che meno Sade, le cui disavventure scarsamente intellettuali sono rievocate senza alcuna pietà. Un po’ sacrificato Condorcet, alla fine si salva il pensiero «profondo e problematico» di Diderot, «che interpreta al meglio il carattere sistematico e antisistemico del migliore Illuminismo».

Talvolta le tesi si presentano opinabili: a detta di chi scrive, ad esempio, Pierre Bayle nei Pensieri sulla cometa si riferiva proprio agli atei, e non a semplici non cristiani (come attesta la presenza di riferimenti ad autori greci, e nonostante l’incongrua inclusione di un panteista come Spinoza). E un po’ troppo tranchant è il giudizio su David Hume, senz’altro tiepido teista nella Storia naturale, ma sospettato di ateismo già in vita e ancora oggi, a parere della maggioranza degli studiosi. È una concezione dell’ateismo un po’ ristretta, quella di Tamagnone, come attesta la sua dichiarazione d’intenti: «Ci siamo qui posti il compito di ripercorrere la storia della filosofia del Settecento, che riteniamo scritta perlopiù da storiografi idealisti, per cercare di riportarla alla sua autenticità concettuale e liberarla dal ciarpame interpretativo metafisico». Pure, non si misconoscono affatto i meriti degli illuministi (e dei loro precursori del Seicento), perché è proprio grazie al loro contributo che si sono potuti aprire varchi per la secolarizzazione in generale, e la diffusione dell’incredulità in particolare.

Un libro di oltre mille pagine che costa 70 euro è, per definizione, un testo riservato a pochi, e lo stesso Tamagnone ne è conscio. Ciò non toglie che i due volumi abbiano indubbi meriti, e sia la passione dell’autore per la storia dell’incredulità e della filosofia, sia la sua capacità di analizzarle per rintracciare un pensiero ateo cristallino saranno senz’altro apprezzati dai cultori della materia. D’ora in poi, chi vorrà studiare questo periodo storico non potrà evitare di confrontarsi con il suo libro.

Raffaele Carcano,
circolo UAAR di Roma,
novembre 2008