Etica

L’ETICA NON RELIGIOSA
GLI ATTACCHI ALLETICA LAICA
ETICHE A CONFRONTO
SOLIDARIETÀ LAICA
UNETICA PER LA SOCIETÀ
PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

L’ETICA NON RELIGIOSA

L’ateismo e l’agnosticismo non sono una fede, una religione, una Chiesa. Sono concezioni del mondo che uniscono gli atei e gli agnostici su un unico punto: rispettivamente, la non credenza in una o più divinità e l’opinione che sia impossibile pronunciarsi in merito alla sua esistenza.

È quindi evidente che ogni non credente si costruisce autonomamente la propria morale e, conseguentemente, che non può esisterne una condivisa: men che meno una Chiesa che la imponga. Pensare che esista una morale che accomuna tutti gli atei e gli agnostici equivale a pensare che esiste una morale condivisa da tutti gli interisti o da tutti i cuochi: un nonsense. L’eterogeneità è la maggior ricchezza della miscredenza.

Proprio intorno a queste considerazioni, tuttavia, è sorta negli ultimi secoli una riflessione etica non religiosa, basata sul rispetto delle convinzioni personali dell’individuo. Da questo punto di vista, l’etica non religiosa è pressoché indistinguibile da un’etica laica: entrambe individuano uno spazio inviolabile (la coscienza dell’individuo) e uno spazio di confronto (in cui tutti possono esprimere pubblicamente le proprie opinione). Un non credente è inevitabilmente più aperto di un credente: il primo può anche decidere di far propria la morale cattolica, pur rimanendo incredulo; il cattolico non può far propria un’etica non religiosa senza cessare, dal punto di vista della Chiesa, di essere cattolico.

GLI ATTACCHI ALLETICA LAICA

Lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij fece dire a un suo personaggio che «se Dio è morto tutto è possibile». È questa la più nota formulazione della fosca tesi (fatta propria anche da importanti pensatori quali John Locke e Voltaire) secondo cui gli atei e gli agnostici sarebbero privi di valori morali. O, nella migliore ipotesi, sarebbero dei cittadini di serie B. Già Kant obiettava che un’azione è etica solo se non reca beneficio a chi la compie: e il credente la compirebbe, in questo caso, per ottenere la salvezza eterna.

La tesi della maggiore moralità dei credenti è ora affermata, e si potrebbe quasi dire “comandata” alla classe politica dalla Chiesa cattolica, che, nel nome della propria Verità (con la “V” maiuscola) vorrebbe imporre a tutti i cittadini (cattolici e non) la morale cattolica, pretendendo leggi che vietino il divorzio, l’interruzione di gravidanza, la fecondazione artificiale, il testamento biologico, l’eutanasia, il riconoscimento delle coppie di fatto…

In realtà non esiste alcuna prova che i credenti siano moralmente migliori dei non credenti. Fare del bene è una sfida per entrambi. Come ha scritto Julian Baggini, «se Dio ci ha creati per fare quello che dice lui, di fatto l’unica differenza tra noi e un aspirapolvere è che noi possiamo rifiutarci di fare quello per cui siamo stati designati. Se invece Dio ci ha creato per fare quello che diciamo noi, allora atei e credenti sono nella stessa barca, perché devono entrambi dare un senso alla loro vita». Gli atei e gli agnostici hanno saputo sopportare le torture e affrontare la morte non diversamente (e forse anche con più coraggio) dei credenti.

Su queste basi, la vita per chi non crede può addirittura avere più significato di quella di chi crede, perché può essere vissuta nella sua pienezza, e non come mera preparazione di una successiva reputata migliore. Ben sapendo che è unica e irripetibile.

ETICHE A CONFRONTO

Meglio di mille parole, solo un confronto tra la morale cattolica e l’etica non religiosa può aiutare a comprendere le profonde differenze tra le due posizioni. Tale confronto propone, da una parte, alcuni estratti dal Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), e dall’altra una serie di citazioni, sugli stessi argomenti, di noti esponenti del pensiero non religioso. Il confronto non è ovviamente da ritenersi qualcosa di perfetto e/o definitivo, anzi: siamo ovviamente persuasi che sia migliorabile, e invitiamo tutti a suggerire eventuali modifiche scrivendoci a uaar@uaar.it.

Laddove il cattolico è tenuto a comportarsi secondo dei precetti ben definiti, e stabiliti da altri, il non religioso è dunque libero di scegliersi i propri comportamenti, costruendosi da solo la propria etica, sempre soggetta a cambiamenti. Certo, anche la morale cattolica non è interamente stabilita una volta per tutte: ma solo per quanto riguarda ciò che non è dogma, e solo su decisione del sommo pontefice o, in casi molto rari, del concilio. Un semplice confronto con il Catechismo Maggiore di Pio X (1905) dimostra che la Chiesa cattolica è ben attenta ad apportare modifiche alla propria dottrina: molto lentamente, ma cambia. E quando lo fa, lo fa sotto impulso della cultura laica.

SOLIDARIETÀ LAICA

Capita spesso di sentire che l’etica cattolica possiede un pregio che i laici non hanno: la spinta alla carità. Molti ricordano, in proposito, una brutta frase di Giuliano Amato, secondo il quale «i credenti hanno una marcia in più». Senza l’etica cattolica, sostiene qualcuno, nella società mancherebbe la necessaria coesione, e sarebbero più diffusi il crimine, la povertà, la solitudine.

In realtà non esiste alcuna evidenza a sostegno di queste tesi. Laddove la religione è poco praticata e il numero di non credenti è molto alto, la moralità e la solidarietà non crollano affatto. Prendiamo giusto come esempio gli Stati scandinavi: chi può onestamente affermare che siano delle nazioni e delle società eticamente peggiori di quella italiana? Chi può onestamente dire che un tempo, quando le società erano dominate dalla religione, fossero anche eticamente migliori? Chi può onestamente affermare che gli atei e gli agnostici abbiano comportamenti sociali più esecrabili dei credenti?

In realtà, il problema della solidarietà laica è che è assai meno visibile di quella religiosa: o perché i non credenti preferiscono che venga praticata attraverso la pubblica amministrazione, o perché preferiscono mischiarsi con gli altri, senza crearsi la propria associazione-ghetto. Come ha scritto Daniel C. Dennett, i non credenti «prendono sul serio il loro impegno civile proprio perché non confidano nel fatto che Dio salverà l’umanità dalle sue follie».

Nonostante il fortissimo sostegno politico ed economico le associazioni cattoliche sono ormai una minoranza anche in Italia: forse perché sono così tanto caratterizzate e “irreggimentate” da respingere chi non la pensa esattamente come loro.

UNETICA PER LA SOCIETÀ

Le società umane non hanno dunque bisogno di essere guidate da principi religiosi. Le fondamentali regole di vita su cui si basano, almeno nominalmente (il rispetto del prossimo, la giustizia, l’onestà…), sono infatti universalmente condivise. Nessuna costituzione rivendica infatti la giustezza del furto e dell’assassinio. Ma, proprio per questo motivo, tali norme non sono religiosamente connotate, e si può addirittura farle risalire a una naturale “eredità biologica” degli esseri umani.

Se, come sostiene Eugenio Lecaldano, «l’etica non è altro che una pratica volta a risolvere le questioni di interazione privata e pubblica tra gli uomini e su questa terra», allora solo un’etica non religiosa «sarà in grado di riconoscere la varietà e la relatività culturale e storica delle prese di posizione morali e di promuovere l’universalità di alcune regole». Perché l’etica non religiosa è più rispettosa dell’altro, non avendo criteri escludenti basati su testi sacri, tradizioni da venerare o rappresentanti terreni della divinità che impongono la propria verità anche a chi non la condivide.

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

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