Camera dei Deputati Proposta di legge n. 1342 del 19/6/2008

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputati

CONCIA, POLLASTRINI, BERNARDINI, CUPERLO, CORSINI, CODURELLI, CAPANO, FERRANTI, SAMPERI

Norme contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere

Presentata il 19 giugno 2008


Onorevoli Colleghe e Colleghi! - In presenza di un sistema giuridico in cui diversi individui o gruppi sociali a rischio di discriminazione sono soggetti a forme di protezione differenziata e, sostanzialmente, più debole per alcuni, la presente proposta di legge, che riprende una parte della più organica proposta di legge presentata nella scorsa legislatura dai deputati Grillini ed altri (atto Camera n. 654), si prefigge altresì di assicurare che l’ordinamento protegga in modo effettivo il principio di parità di trattamento garantendo un medesimo livello di protezione a tutti i cittadini e gruppi sociali, indipendentemente dai motivi di discriminazione.
Per questa ragione la presente proposta di legge rivolge la propria attenzione in particolare alle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, che per decenni sono state ignorate dal nostro sistema giuridico, di fatto negando a milioni di cittadini la garanzia del riconoscimento di quel principio di uguaglianza in senso formale e sostanziale che la Costituzione solennemente enuncia all’articolo 3.
Per decenni l’ordinamento italiano ha omesso di garantire qualsiasi forma di protezione contro atti o comportamenti dettati dall’omofobia e dalla transfobia, nonché di prevedere un divieto di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nonostante i numerosi richiami in tal senso delle istituzioni europee.
L’Italia ha per anni sistematicamente ignorato le molteplici risoluzioni del Parlamento europeo espressamente rivolte contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale.
Soltanto in seguito all’introduzione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, il legislatore italiano si è visto costretto a introdurre un divieto di discriminazione che includesse altresì l’orientamento sessuale. Così, per la prima volta nella storia del nostro ordinamento giuridico, il divieto di discriminazione fondato per l’appunto sull’orientamento sessuale è divenuto legge dello Stato.
Pertanto, nell’ambito della definizione di una disciplina antidiscriminatoria relativa all’orientamento sessuale e all’identità di genere adeguata agli standard stabiliti dalle istituzioni europee e introdotti ormai nella maggioranza dei Paesi dell’Unione europea (così come in numerosi altri Paesi, tra cui Canada, molti Stati degli Stati Uniti d’America, Australia, Repubblica Sudafricana, Nuova Zelanda, Messico), la presente proposta di legge intende anche ridefinire le norme sulla tutela giurisdizionale previste dal disposto dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, e introdurre nel medesimo decreto legislativo una disposizione finale volta a garantire l’effettiva parità di trattamento anche nei contratti di lavoro, nei regolamenti aziendali, nei codici di comportamento e nei codici deontologici, nonché estendere l’efficacia dell’articolo 1418 del codice civile alle clausole contrattuali contrarie allo stesso decreto legislativo.
Come si è detto, la proposta di legge mira a introdurre specifiche misure antidiscriminatorie relativamente ai fattori dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. In particolare, l’articolo 1 punisce i delitti motivati dall’odio omofobico e transfobico, così come l’incitazione all’odio omofobico e transfobico, estendendo la protezione già prevista dalla legge italiana in relazione all’istigazione e ai delitti motivati dall’odio etnico, religioso e razziale, con riguardo alle norme del 1975 di ratifica della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966 e resa esecutiva dalla legge n. 654 del 1975, e della più recente «legge Mancino» contro il razzismo (decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205). Nei delitti motivati dall’odio contro minoranze oggetto di pregiudizi diffusi, e alle conseguenze dell’atto delittuoso, si aggiunge un chiaro intento, che va sanzionato, volto a terrorizzare e ad escludere dalla vita sociale un’intera categoria di individui. Il fatto stesso che la legge abbia escluso l’odio omofobico o transfobico dalla protezione garantita ad altri gruppi sociali può essere pericolosamente avvertito come una forma di gerarchizzazione dei gruppi a rischio di discriminazione e di manifestazioni d’odio e un chiaro segnale di disinteresse da parte dell’ordinamento a proteggere un gruppo sociale che può, proprio per questo, determinare un incremento di episodi di odio nei confronti del gruppo escluso.
Inoltre, la particolare violenza e incitazione all’odio omofobico da parte di forze di estrema destra in Italia, così come in altri Paesi europei, ha indotto il Parlamento europeo ad approvare il 18 gennaio 2006, a grande maggioranza, con voto favorevole di gran parte dei membri del Partito popolare, una risoluzione [(2006)0018] sull’omofobia in Europa che paragona l’omofobia e la transfobia al razzismo, al sessismo e all’antisemitismo e che ha invitato gli Stati membri a prendere misure di carattere penale proprio per contrastare tali fenomeni e misure antidiscriminatorie alla stregua di quelle già previste per altre forme di discriminazione, che non si limitassero pertanto alla sola parità di trattamento relativa all’occupazione e alle condizioni di lavoro.
L’articolo 2 si rivolge in particolare alla protezione degli studenti rispetto a prassi o comportamenti discriminatori, di intolleranza o di semplice dileggio nell’ambito delle attività didattiche o dei corsi di informazione o di educazione sessuale, considerato il particolare impatto traumatico che tali atti possono avere nella fase evolutiva di giovani e di adolescenti. L’omofobia e la transfobia, in un ambiente che non favorisce il dialogo sulle diverse identità sessuali e di genere, rappresentano infatti problemi sociali che possono essere causa di suicidio in soggetti in fase evolutiva, come risulta da studi sociologici e psicologici effettuati, tra cui si può citare quello di Luca Pietrantoni su «Il tentato suicidio negli adolescenti omosessuali» (Minerva Psichiatrica, 1999).
L’articolo 3 stabilisce l’illiceità di ogni riferimento e di ogni indagine relativi all’orientamento sessuale dell’assicurato o dell’assicurando nei contratti di assicurazione sanitaria e nel loro procedimento di formazione, e la nullità dei patti tendenti a rendere più oneroso per l’assicurato il contenuto di tali contratti in dipendenza del suo orientamento sessuale. In tale caso, il contratto è tuttavia valido (la precisazione potrebbe essere necessaria, dato che la nullità della clausola discriminatoria, colpendo la determinazione dell’entità del premio o dell’entità della controprestazione, rischierebbe di fare considerare indeterminato il contenuto) e la sua durata è anzi automaticamente prorogata a tempo indeterminato nell’interesse dell’assicurato; è anche prevista la sospensione della prescrizione dell’azione tendente a ottenere la restituzione di quanto pagato in eccesso per tutta la durata del rapporto fino alla sua cessazione (in modo che la ripetizione possa sempre essere richiesta per intero, anche da eventuali eredi, qualora condizionamenti sociali impediscano all’assicurato di far valere i propri diritti in vita), o fino a che non sia richiesto l’accertamento giudiziale della nullità delle clausole discriminatorie.
L’articolo 4 intende garantire il diritto di asilo al cittadino straniero perseguitato nel Paese d’origine a motivo del proprio orientamento sessuale o dell’identità di genere. Tale prassi è in vigore in diversi Paesi europei, e vi sono a riguardo decisioni favorevoli da parte della giurisprudenza italiana. Si tratta pertanto di garantire tale diritto per legge, così come il divieto di espulsione, considerato che in otto Paesi del mondo gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso sono puniti con la pena di morte, e le attività sessuali appena citate costituiscono ancora fattispecie di reato in oltre ottanta Paesi del mondo, dove le organizzazioni internazionali per la protezione dei diritti dell’uomo, così come gli special rapporteurs delle Nazioni Unite, denunciano torture, pene e trattamenti inumani, degradanti e umilianti, esecuzioni extragiudiziali e sommarie, detenzioni illegali e arbitrarie nei confronti di gay, lesbiche e transgender.
L’articolo 5 si propone invece di estendere la protezione prevista dal citato decreto legislativo n. 216 del 2003, come da ultimo modificato dalla presente proposta di legge, alla discriminazione fondata sull’identità di genere, per garantire alle persone transessuali e transgender lo stesso livello di protezione estesa che, in seguito alle modifiche introdotte dal presente provvedimento, è assicurata per gli altri fattori di discriminazione. Allo stesso modo ci si propone di aggiungere l’identità di genere al divieto di discriminazione previsto dall’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il cosiddetto «Statuto dei lavoratori».
L’articolo 6 apporta alcune modifiche all’articolo 4 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, in materia di tutela giurisdizionale dei diritti.
L’articolo 7 rende esplicito che tutte le norme contrattuali contrarie al principio della parità di trattamento sono considerate nulle.
Occorre notare che la finalità della presente proposta di legge di garantire che la disciplina sulla parità di trattamento sia uniforme e indipendente dal motivo della discriminazione è l’orientamento che progressivamente stanno assumendo tutti i Paesi dell’Unione europea e che in un futuro non lontano diverrà con tutta probabilità un obbligo a cui comunque il legislatore italiano si dovrà uniformare con l’evolvere del diritto comunitario.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

(Delitti motivati dall’odio).

1. All’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
2. All’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
3. All’articolo 3, comma 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
4. La rubrica dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituita dalla seguente: «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».
5. All’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere».
6. Nel titolo del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa e fondata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere».

Art. 2.

(Rispetto per le minoranze nella scuola).

1. Nelle scuole di ogni ordine e grado, nell’ambito dei corsi di informazione o di educazione sessuale che si svolgono, anche a titolo sperimentale, e nel corso dello svolgimento della normale attività didattica, è vietata ogni manifestazione di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o colpevolizzazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, in quanto traumatica o dannosa per lo sviluppo della personalità degli scolari o degli studenti, nonché idonea a favorire il perpetuarsi di pratiche e di atteggiamenti discriminatori o intolleranti.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, la vittima dei fatti previsti al comma 1 può agire in giudizio per il risarcimento dei danni patrimoniali e morali eventualmente subiti. La tutela giurisdizionale si svolge nelle forme previste dall’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, e successive modificazioni.
3. Del danno risponde direttamente l’istituzione scolastica nella quale i fatti si sono verificati, in solido con l’autore dell’atto, comportamento o prassi discriminatori.

Art. 3.

(Assicurazioni sanitarie).

1. Nell’offerta di contratti di assicurazione sanitaria, nell’invito a proporne la stipulazione e nella loro negoziazione e conclusione sono vietati tutti i riferimenti, anche indiretti, e ogni indagine relativi all’orientamento sessuale o all’identità di genere dell’assicurando o dell’assicurato, qualora ne consegua un aumento dell’entità dei premi o una limitazione delle prestazioni assicurative rispetto a quanto generalmente praticato.
2. La violazione del divieto di cui al comma 1 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro.

3. Ai sensi del comma 2 dell’articolo 6-bis del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, introdotto dall’articolo 7 della presente legge, sono nulle le clausole dei contratti di assicurazione sanitaria che fanno dipendere, anche indirettamente, dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere dell’assicurato un aumento dell’entità dei premi o una limitazione delle prestazioni assicurative rispetto a quanto generalmente praticato. La nullità di tali clausole non comporta l’invalidità dei contratti che le contengono, la cui durata è prorogata di diritto a tempo indeterminato, salvo recesso o disdetta da parte dell’assicurato. La prescrizione dell’azione per la ripetizione di quanto corrisposto in eccesso dall’assicurato per l’intera durata del rapporto rimane sospesa fino al momento della cessazione del rapporto o fino alla presentazione della domanda di accertamento giudiziale della nullità delle clausole discriminatorie.

Art. 4.

(Diritto di asilo e divieto di espulsione).

1. Allo straniero che può essere perseguitato nel proprio Paese a motivo del proprio orientamento sessuale o dell’identità di genere lo Stato italiano riconosce il diritto di asilo nei termini e alle condizioni previsti dalla legislazione vigente in materia.
2. All’articolo 19, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: «di religione,» sono inserite le seguenti: «di orientamento sessuale,
di identità di genere,».

Art. 5.

(Discriminazione fondata sull’identità di genere).

1. Le disposizioni di cui al decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, come da ultimo modificato dalla presente legge, si applicano altresì alla discriminazione fondata sull’identità di genere.
2. All’articolo 15, secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, dopo le parole: «orientamento sessuale» sono inserite le seguenti: «, sull’identità di genere».

Art. 6.

(Tutela giurisdizionale dei diritti).

1. Il comma 6 dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è sostituito dal seguente:

«6. Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione del danno di cui al comma 5, che l’atto o comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione o ingiusta reazione previste ai sensi del comma 4 dell’articolo 2».

2. Dopo il comma 8 dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è aggiunto il seguente:

«8-bis. L’inottemperanza ai provvedimenti giudiziali di cessazione del comportamento discriminatorio e di rimozione degli effetti della discriminazione comporta il pagamento di una somma di 51 euro per ogni giorno di ritardo».

Art. 7.

(Disposizioni finali).

1. Dopo l’articolo 6 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, è inserito il seguente:

«Art. 6-bis. - (Disposizioni finali). - 1. Sono nulle tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento di cui al presente decreto contenute nei contratti collettivi di lavoro, nei regolamenti aziendali, nei codici di comportamento e nei codici deontologici.
2. Sono altresì nulle, ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile, le clausole contrattuali contrarie alle disposizioni del presente decreto».

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