Senato della Repubblica Disegno di legge n. 1282 del 26/1/2007

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore RIPAMONTI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 26 GENNAIO 2007

Norme sulla tutela della dignità della vita e disciplina dell’eutanasia

Onorevoli Senatori.

Il rapporto dell’essere umano con l’idea della propria estinzione fisica riguarda la sfera individuale, come tale inaccessibile a qualsiasi ordinamento giuridico, pur dovendosi dare atto che psicanalisi (Freud: «si vis vitam para mortem») e cattolicesimo («Estote parati»), quantunque da versanti opposti, pervengono alla concorde conclusione secondo la quale l’accettazione dell’idea della propria morte determina un più sereno rapporto con la vita.

Ma, al di là del rapporto esistenziale con l’idea del morire, l’ordinamento giuridico non è indifferente (o quanto meno non può esserlo) al concetto di morte come fatto liberatorio da una esistenza che si ritenga troppo dolorosa per poterla naturalmente concludere o far concludere o doverla artificialmente prolungare.
Tale è il caso dell’eutanasia, secondo il concetto base della Commissione per le questioni sociali e per la sanità presso il Consiglio d’Europa nel suo rapporto del 1976, dove si dà per acquisito che mentre l’eutanasia attiva implica un atto che ha effetto di abbreviare la vita o di mettervi fine, l’eutanasia passiva consiste nell’astenersi da ogni azione che potrebbe inutilmente prolungare il momento terminale ed irreversibile della vita.
Il professore Umberto Veronesi, nel suo ultimo libro (Il diritto di morire, Mondadori 2005), sostiene che: «l’eutanasia non può che essere il “diritto di morire“, il quale, come tutti i diritti della persona, fa capo unicamente al soggetto». Eutanasia soltanto se è la persona stessa ad averlo deciso. Quindi, eutanasia volontaria. Questo è il diritto che si vuole difendere, nell’ambito di quel concetto onnicomprensivo che è il diritto di ogni uomo all’autodeterminazione, cioè il diritto alla libertà.
Nell’articolo 4 della dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, si afferma che: «La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri; l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti possono essere determinati solo dalla legge». Nell’articolo 1 della costituzione francese del 1793 questi princìpi vengono confermati: «Lo scopo della società è la felicità comune. Il governo è istituito per garantire all’uomo il godimento dei suoi diritti naturali e imprescrittibili». Nell’articolo 6: «La libertà è il potere che permette all’uomo di compiere tutto ciò che non nuoce ai diritti degli altri; essa ha per principio la natura, per regola la giustizia, per salvaguardia la legge; essa ha il suo limite morale in questa massima: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te“».
Alla luce di questi princìpi di libertà diventa assai agevole porre alcune domande circa il diritto di morire quando la malattia non è più curabile e quando la situazione non solo è irreversibile, ma porta con sé sofferenze e umiliazioni.
Quando è in atto una malattia incurabile e irreversibile, la morte è ineluttabile e la richiesta di eutanasia si limita ad anticiparla per renderla meno traumatica senza alcun sovvertimento dell’ordine naturale e senza nuocere a nessun membro della società.
L’autodeterminazione è un diritto e la negazione al riconoscimento del diritto naturale a morire è l’oppressione di tale diritto.
In una società libera e giusta, ispirata al principio evangelico di «non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te», ogni membro dovrebbe immedesimarsi nella situazione di sofferenza di chi chiede l’eutanasia.
Il diritto di morire fa parte del corpus fondamentale dei diritti individuali: diritto di formarsi o non formarsi una famiglia, diritto alle cure mediche, diritto a una giustizia uguale per tutti, diritto all’istruzione, diritto al lavoro, diritto alla procreazione responsabile, diritto all’esercizio di voto, diritto di scegliere il proprio domicilio.
Sulla base di questi princìpi il presente disegno di legge riafferma con chiarezza l’esigenza di regolamentare nel nostro Paese l’eutanasia per tutelare la dignità della vita.
Esso si pone l’obiettivo di rispondere ad un bisogno sempre più avvertito da un numero sempre maggiore di cittadini, ma anche sollecitato da numerosi organismi internazionali.
Pur riconoscendo le difficoltà che hanno incontrato e che incontrano tutti i Parlamenti nazionali a legiferare su una materia come questa, è necessario che il Parlamento italiano, nel rispetto di posizioni diverse, ma tenendo conto dei numerosi progetti di legge presentati da diverse forze politiche in questa come nelle altre legislature, allinei il nostro Paese alle migliori esperienze internazionali e ai pareri ormai condivisi da larga parte della comunità scientifica, senza pregiudizi di carattere ideologico o di parte.
Si tratta di affrontare la questione della regolamentazione del diritto di veder tutelata la dignità della persona e della vita, insieme al diritto di una persona di porre consapevolmente fine alla propria vita, mediante l’assistenza di un medico, qualora si trovi in condizioni terminali o in caso di patologie non curabili e irreversibili.
Si considera come un diritto fondamentale per il malato terminale quello di astenersi o rifiutare di essere sottoposto a terapie, più o meno invasive, senza peraltro alcuna certezza di evitare la morte, riaffermando così il diritto ad una morte dignitosa e riconoscendo al singolo la facoltà di autodeterminazione per le scelte fondamentali della propria vita.
Dare importanza alla vita è anche proteggere la fase conclusiva del ciclo dell’esistenza come parte essenziale della vita stessa, partendo dal presupposto che non si ha l’obbligo di sopravvivere a qualsiasi prezzo violando i limiti del rispetto della persona umana.
Lo scopo principale del disegno di legge è quello di dispensare l’individuo dall’accanimento terapeutico e introdurre il concetto di divieto dell’accanimento. Accanimento che si colloca spesso fuori dal razionale e che si manifesta come deformazione violenta del processo naturale del morire. L’accanimento terapeutico sorregge la coscienza dei medici e dei parenti in un momento di gravi decisioni, ma distorce il rapporto uomo-vita-morte rispetto alla dimensione umana.
L’articolo 1 definisce i casi nei quali è possibile, mediante l’assistenza di un medico, ricorrere all’eutanasia attiva o all’interruzione delle terapie di sostenimento vitale. Come si può osservare si è ritenuto di consentire l’applicazione del presente disegno di legge non solo ai pazienti in condizioni terminali, ma anche a chi in forma irreversibile e con prognosi infausta si trovi a vivere in condizioni di grave invalidità e quindi in condizioni che incidono in modo rilevante sulla qualità dell’esistenza.
L’articolo 2 descrive in dettaglio le procedure per dare luogo all’eutanasia attiva su richiesta del paziente. Viene precisato che può fare richiesta di eutanasia attiva soltanto il paziente senza speranza, la cui sofferenza sul piano fisico o psichico sia persistente e insopportabile, non possa essere alleviata e sia la conseguenza di una causa fortuita o di una patologia grave e inguaribile.
Molte e rigorose sono le condizioni e le garanzie per i pazienti che facciano tale richiesta: la modalità scritta della richiesta, il carattere reiterato della stessa, la consulenza obbligatoria di almeno un altro medico, oltre a quello a cui la richiesta è stata rivolta, la necessità di rispettare un periodo di tempo di almeno sette giorni dalla richiesta del paziente, la conservazione nella cartella clinica dell’intera documentazione.
L’articolo 3 introduce il «testamento biologico», mediante il quale una persona può chiedere di essere sottoposta all’eutanasia attiva in caso di malattia che provochi la perdita delle facoltà psichiche ed intellettive, se la richiesta è stata formulata per iscritto quando era pienamente capace di intendere e volere. Il testamento biologico può includere anche volontà inerenti l’interruzione o il non inizio delle terapie disciplinate dall’articolo 4.
L’articolo 4 disciplina l’interruzione o il non inizio delle terapie di sostenimento vitale, definendo innanzitutto le condizioni per le quali si possa definire un paziente in condizioni terminali, e cioè: «incurabile stato patologico cagionato da lesioni e malattia e dal quale secondo cognizione medico-scientifica, consegue la inevitabilità della morte, il cui momento sarebbe soltanto ritardato ove si facesse ricorso a terapie di sostenimento vitale utilizzando tecniche meramente rianimative nonché apparecchiature meccaniche o artifici per sostenere, riattivare o sostituire una naturale funzione vitale».
L’articolo 5 prevede la possibilità e le modalità di obiezione di coscienza del medico nei confronti delle procedure regolate dal presente disegno di legge.
L’articolo 6 stabilisce che la morte per eutanasia attiva o per interruzione o non inizio delle terapie di sostenimento vitale è assimilata per il diritto civile alla morte naturale, onde non penalizzare gli eredi per possibili inadempienze contrattuali derivanti dalla scelta del paziente, oppure dal suo mancato consenso ad essere sottoposto alle terapie di sostenimento vitale.
L’articolo 7 prevede l’obbligo di registrazione di ogni atto medico finalizzato a praticare l’eutanasia o l’interruzione delle terapie di sostenimento vitale, mentre gli articoli 8, 9 e 10 riguardano l’istituzione, i compiti, e le modalità di funzionamento di una Commissione nazionale di controllo sull’attuazione della presente legge, composta da otto medici chirurghi, quattro docenti universitari di diritto o avvocati e quattro rappresentanti delle associazioni che si occupano delle problematiche connesse ai pazienti con patologie irreversibili.
L’articolo 11 contiene garanzie a tutela della riservatezza dei dati delle persone coinvolte nelle procedure disciplinate dal presente disegno di legge.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Disposizioni generali)

1. Ogni persona in condizioni terminali o in caso di malattia gravemente invalidante, irreversibile e con prognosi infausta ha diritto di porre termine alla propria esistenza mediante l’assistenza di un medico.

Art. 2.

(Procedura per l’eutanasia attiva)

1. In deroga agli articoli 579, 580 e 593 del codice penale il medico che pratica l’eutanasia attiva non è punibile se presta la propria opera alle condizioni e con le procedure stabilite dalla presente legge e se ha accertato, con i mezzi medico-scientifici esistenti, che:

a) il paziente è maggiorenne, capace di intendere e di volere al momento della richiesta;

b) la richiesta è stata formulata in maniera volontaria, è stata ben ponderata e ripetuta e non è il risultato di una pressione esterna;
c) il paziente è in condizione sanitaria senza speranza e la sua sofferenza sul piano fisico o psichico è persistente e insopportabile, non può essere alleviata ed è la conseguenza di una causa fortuita o di una patologia grave e inguaribile.

2. Senza pregiudizio per le terapie che intende mettere a disposizione del paziente, il medico è tenuto, in ogni caso e prima di procedere all’eutanasia, a:
a) informare il paziente sulla sua situazione clinica e sulle prospettive di vita; chiedere conferma al paziente della sua richiesta di eutanasia e documentarlo sulle possibilità terapeutiche ancora attuabili e sui trattamenti palliativi, nonché sulle loro conseguenze;

b) dialogare con il paziente al fine di condividere con lui la convinzione che non vi sia altra soluzione ragionevole per la sua patologia, nonché accertare che la richiesta dello stesso paziente sia volontaria e oggetto di una decisione esclusivamente personale;
c) accertare che perduri lo stato di sofferenza fisica o psichica del paziente, e che lo stesso sia ancora intenzionato a chiedere l’eutanasia. A tale fine, il medico avvia una serie di colloqui periodici in modo da poter osservare e valutare l’evoluzione delle condizioni psico-fisiche del paziente;
d) consultare un altro medico ai fini della conferma del carattere grave e incurabile della malattia, informandolo del motivo della consulenza. Il medico consultato prende visione della cartella clinica, visita il paziente e valuta se le sue sofferenze fisiche o psichiche abbiano carattere costante, insopportabile e non siano suscettibili di alcun miglioramento a fronte di ulteriori trattamenti terapeutici. Al termine dell’esame redige un rapporto nel quale espone le sue considerazioni sul caso. Il medico consultato non deve avere avviato alcun contatto precedente con il paziente, neanche di tipo personale, assicura la propria indipendenza di giudizio nei confronti del medico ed è competente rispetto alla patologia esaminata. Il medico informa il paziente sull’esito della consulenza;
e) consultare e tenere conto delle considerazioni dell’équipe sanitaria, ove presente, in merito alla richiesta di eutanasia avanzata dal paziente;
f) informare della richiesta di eutanasia, su espressa volontà del paziente, i familiari e le persone di fiducia indicate dallo stesso paziente;
g) garantire al paziente la possibilità di consultarsi con le persone da lui indicate in merito alla richiesta di eutanasia.

3. La richiesta del paziente risulta da una dichiarazione scritta, redatta, datata e firmata personalmente. Se il paziente non è in grado di compilare tale dichiarazione, affida l’incarico a persona di sua fiducia, purché maggiorenne, che non abbia alcun interesse materiale al decesso. Il soggetto incaricato riporta, nella dichiarazione, che il paziente non è in grado di scrivere personalmente la richiesta di eutanasia, indicandone le ragioni. In tale caso, la richiesta è redatta per iscritto in presenza del medico, le cui generalità sono riportate dall’incaricato nella dichiarazione, allegata alla cartella clinica del paziente.

4. Il paziente può revocare la sua richiesta in ogni momento. In tale caso, la dichiarazione di cui al comma 3 è ritirata dalla cartella clinica e riconsegnata al paziente. Prima di dare corso alla richiesta del paziente, il medico attende un tempo minimo di sette giorni dal momento della richiesta.
5. La dichiarazione scritta del paziente, la documentazione relativa alla procedura seguita dal medico con i relativi risultati, nonché il rapporto redatto dal medico o dai medici consultati, sono inseriti nella cartella clinica del paziente.
6. La non punibilità di cui al comma 1 si estende alle restanti persone che hanno fornito i mezzi per l’eutanasia e a chiunque abbia collaborato all’intervento sotto la direzione del medico.

Art. 3.

(Testamento biologico)

1. Non è altresì punibile il medico che provoca o agevola la morte di una persona che si trovi nelle condizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), se la richiesta è stata formulata per iscritto quando la persona era pienamente capace di intendere e di volere. Tale richiesta è definita testamento biologico.

2. Nel testamento biologico possono essere incluse volontà inerenti il non inizio o l’interruzione delle terapie di cui all’articolo 4.

Art. 4.

(Disciplina dell’interruzione delle terapie di sostenimento vitale)

1. Ai sensi dell’articolo 1 si intendono per condizioni terminali l’incurabile stato patologico cagionato da lesioni e malattia e dal quale, secondo cognizione medico-scientifica, consegue la inevitabilità della morte, il cui momento sarebbe soltanto ritardato ove si facesse ricorso a terapie di sostenimento vitale utilizzando tecniche meramente rianimative nonché apparecchiature meccaniche o artifici per sostenere, riattivare o sostituire una naturale funzione vitale.

2. L’accertamento delle condizioni terminali è effettuato da un medico competente delle tecniche di rianimazione su concorde parere del primario anestesiologo. Il medico che ha effettuato l’accertamento ne comunica i risultati al paziente, se esso si trova nella condizione di intendere e di volere e ai soggetti di cui al comma 3. Se non è accertata alcuna opposizione, e se il paziente non ha espresso personalmente e consapevolmente, nel testamento biologico di cui all’articolo 3, il consenso alle terapie di sostenimento vitale di cui al comma 1, il medico dispone per iscritto l’interruzione delle terapie.
3. Sono legittimati a proporre opposizione i conviventi di età non inferiore ai diciotto anni, nonché gli ascendenti e i discendenti in linea diretta e i parenti collaterali, entro il secondo grado, del paziente, che siano di età non inferiore di diciotto anni. Nel caso in cui il paziente sia nelle condizioni di intendere e di volere, la decisione ultima dell’interruzione delle terapie di sostenimento vitale spetta unicamente al paziente stesso anche di fronte alle eventuali opposizioni previste ai sensi del comma 3.
4. L’accertamento delle condizioni terminali non dispensa il medico dal dovere di assistere il paziente che egli abbia in cura. L’interruzione delle terapie non dispensa il medico dall’apprestare le cure che, senza incidere direttamente sull’esito naturale dell’infermità, siano intese ad alleviarne le sofferenze.
5. Per interruzione delle terapie si intende altresì il mancato inizio delle terapie stesse.

Art. 5.

(Obiezione di coscienza)

1. Il medico che non intenda partecipare alle procedure previste dalla presente legge manifesta all’ordine dei medici la propria obiezione di coscienza, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero dall’avvio del servizio presso un ente in cui sono praticate le procedure previste dalla presente legge. In tal caso, ai fini previsti dalla presente legge, il medico è tenuto altersì ad esplicitare la propria obiezione all’eutanasia al paziente che lo interpella.

Art. 6.

(Effetti giuridici)

1. Quando una persona muore a seguito di un atto contemplato all’articolo 1, ai fini civilistici tale evento è assimilato alla morte per cause naturali e non può essere in nessun caso considerato rottura di rapporti contrattuali o produttivo di conseguenze contrattuali sfavorevoli per la persona interessata o per i suoi familiari e aventi causa.

Art. 7.

(Registrazione)

1. Ogni atto medico finalizzato a praticare l’eutanasia o l’interruzione delle terapie di sostenimento vitale è registrato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 9.

Art. 8.

(Commissione nazionale di controllo)

1. È istituita, presso il Ministero della salute, la Commissione nazionale di controllo sull’attuazione della presente legge, di seguito denominata «Commissione». La Commissione è composta da sedici membri, individuati come di seguito indicato: otto medici chirurghi, dei quali almeno quattro professori universitari; quattro professori universitari di materie giuridiche o avvocati; quattro rappresentanti delle associazioni che si occupano delle problematiche relative alle persone affette da malattie con prognosi irreversibili.

2. L’incarico di membro della Commissione è incompatibile con il mandato parlamentare e con incarichi governativi. La nomina dei suddetti membri è deliberata dal Consiglio dei ministri.
3. Il presidente è eletto dai membri della Commissione.
4. Il presidente e i membri della Commissione rimangono in carica per un periodo di quattro anni, prorogabile una sola volta.
5. La Commissione delibera a condizione che siano presenti almeno i due terzi dei suoi membri.
6. La Commissione stabilisce un regolamento interno, recante norme per lo svolgimento delle sue attività.
7. Le spese di funzionamento e quelle del personale della Commissione sono poste a carico per metà dello stato di previsione del Ministero della giustizia e per metà dello stato di previsione del Ministero della salute.

Art. 9.

(Documentazione)

1. La Commissione provvede alla redazione di un documento di registrazione che è compilato dai medici per ogni intervento di eutanasia o di interruzione delle terapie di sostenimento vitale.

2. Il documento di cui al comma 1 è composto da due fascicoli. Il primo fascicolo reca i dati, coperti dal segreto professionale e dalle norme di tutela della privacy, del medico e del paziente, degli specialisti consultati, delle persone interpellate e dei fiduciari in caso di dichiarazione anticipata. La Commissione non può conoscere questi dati prima della delibera sul caso in oggetto, ad eccezione di quanto previsto dal comma 4. Il fascicolo è sigillato dal medico.
3. Il secondo fascicolo del documento di cui al comma 1 contiene i dati generici, clinici e psichici del paziente; data, luogo e ora del decesso; la dichiarazione scritta di volontà; la qualifica dei medici consultati e le date delle consulenze; le modalità e le procedure mediche seguite prima e durante l’intervento di eutanasia o di interruzione delle terapie di sostenimento vitale.
4. La Commissione esamina il documento di registrazione debitamente compilato e trasmesso dal medico. La stessa Commissione verifica, sulla base del secondo fascicolo di cui al comma 3, se l’intervento di eutanasia o di interruzione delle terapie di sostenimento vitale è stato effettuato secondo le condizioni e le procedure previste dalla presente legge e, in caso di dubbio, può decidere, a maggioranza semplice, di essere portata a conoscenza dell’identità del paziente.

Art. 10.

(Rapporto della Commissione)

1. La Commissione trasmette al Parlamento, ai fini dell’esame da parte dei competenti organi parlamentari, un anno dopo la data di entrata in vigore della presente legge e, in seguito, a cadenza biennale, un rapporto statistico sull’attuazione della presente legge, corredato dalle valutazioni della Commissione.

2. Per la redazione del rapporto di cui al comma 1, la Commissione può chiedere la collaborazione di esperti e raccogliere tutte le informazioni utili da autorità e istituzioni nonché da ogni soggetto, pubblico o privato. Le informazioni raccolte dalla Commissione sono coperte dal segreto, in particolare per quanto riguarda l’identità delle persone citate nel documento di registrazione di cui all’articolo 9.
3. La Commissione può trasmettere le informazioni statistiche, ad eccezione dei dati aventi carattere personale, agli istituti universitari, scientifici e di ricerca pubblici che ne facciano richiesta motivata.

Art. 11.

(Disposizioni finali)

1. Chiunque partecipa, a qualsiasi titolo, all’attuazione della presente legge, è tenuto al rispetto della riservatezza dei dati di cui viene a conoscenza nell’esercizio del suo compito. In caso di violazione del segreto si applicano le pene previste dall’articolo 326 del codice penale.

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