Senato della Repubblica Disegno di legge n. 481 del 22/5/2006

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa del senatore SILVESTRI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 MAGGIO 2006

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Disciplina del patto civile di solidarietà

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge intende fornire la possibilità di optare per uno strumento regolativo pattizio più snello e leggero alle coppie che non intendano impostare la propria vita sulla base della regolamentazione civilistica tipizzata dalle norme sul matrimonio. Si tratta di un fenomeno che ha ormai acquistato dimensioni socialmente imponenti ed è certo anche largamente sottostimato dalle statistiche, perché tende a sottrarsi ad ogni rilevazione, data l’assenza di qualunque vantaggio a manifestarsi per le attuali famiglie non tradizionali. La presente proposta non intende imporre autoritativamente il nuovo istituto alle coppie di fatto che vogliano rifuggire da ogni vincolo giuridico, ma soltanto offrire una possibilità di scelta in più a chi desidererà usufruirne. Si tratta in sostanza di prendere atto che il pluralismo della nostra società non consente più, se non al prezzo di gravi e inutili costi sociali, di imporre alle famiglie non tradizionali una drastica scelta fra due sole opzioni: il matrimonio tradizionale da una parte, l’assenza assoluta di qualsiasi riconoscimento giuridico e perfino di tutela in caso di eventi imprevisti dall’altra.

Non deve più accadere, a parere dei proponenti, che a chi ha convissuto con una persona, magari per trent’anni, possa essere negato perfino il diritto di assistere il proprio partner morente in ospedale e che le famiglie di origine possano addirittura impedire al partner l’accesso al luogo di cura e lo escludano da ogni decisione riguardante il partner malato e incapace di agire; non deve più accadere che, attraverso l’istituto della riserva a favore dei legittimari, sia vietato al testatore di lasciare in eredità il proprio patrimonio alla persona con cui ha condiviso l’esistenza; e, anche in assenza di eredi legittimari, che tale eredità venga falcidiata dalla stessa tassazione prevista per i lasciti a persone del tutto estranee al defunto, discriminazione aggravata dalla recente modifica del regime fiscale delle successioni. Non deve accadere che trattamenti punitivi di questo genere vengano previsti al solo fine di sanzionare le scelte di vita dei cittadini che semplicemente non ritengano adatta alla propria unione, o non condividano per alcuni suoi aspetti, la normativa matrimoniale attualmente vigente.
Ancor più grave è che un tale trattamento punitivo venga inflitto a chi non ha potuto nemmeno scegliere se sposarsi o meno, semplicemente perchè l’attuale legislazione matrimoniale italiana non prevede la possibilità di sposarsi per due persone dello stesso sesso. Agli omosessuali italiani, che come tutti gli esseri umani non hanno scelto il proprio orientamento sessuale, e quindi affettivo, è oggi vietato di scegliere un qualunque tipo di regolamentazione giuridica dei rapporti famigliari e di coppia creatisi attraverso convivenze stabili, magari anche pluridecennali. E tuttavia va detto che il presente disegno di legge non è strumento atto a perseguire o realizzare la parità di diritti per i cittadini omosessuali (parità pur prescritta e imposta da princìpi costituzionali fondamentali, come quelli che regolano l’uguaglianza formale dei cittadini, senza distinzioni, fra l’altro, di «condizioni personali», e la loro «parità dignità sociale», nonché la tutela dei loro «diritti fondamentali» non solo come singoli, ma anche «nelle formazioni sociali ove si svolge la [loro] personalità», secondo quanto disposto dagli articoli 2 e 3 primo comma della Costituzione). Alla realizzazione della parità formale ed effettiva dei diritti dei cittadini e delle cittadine omosessuali dovranno provvedere altri più specifici e avanzati (e forse più controversi) provvedimenti legislativi, del resto già formulati con la proposta di legge atto Camera n. 3893 sulla «disciplina dell’unione affettiva», presentata il 14 aprile 2003 nel corso della XIV legislatura): provvedimenti analoghi a quelli già oggi vigenti in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale. Come richiesto da princìpi sempre più acquisiti alla coscienza civile e giuridica europea, la parità di diritti per i cittadini omosessuali potrà infatti dirsi realizzata solo quando sarà loro consentito di scegliere di regolare la propria vita e i loro propri rapporti giuridici e patrimoniali optando fra le stesse alternative che sono a disposizione dei cittadini eterosessuali. Ciò non toglie, ovviamente, che il presente disegno di legge, se offre ai cittadini eterosessuali una possibilità di scelta in più, mira pure a garantire almeno nella pratica anche ai cittadini omosessuali un’opportunità di risolvere molti drammatici problemi concreti, e una forma di regolamentazione e di riconoscimento giuridico delle proprie unioni che non le confini obbligatoriamente, come ora, nell’impossibilità di fruire di ogni e qualunque forma di tutela e garanzia.
Come accennato, la regolamentazione dettata per il patto civile di solidarietà non si applica alle famiglie di fatto che intendano effettivamente rimanere tali, perché decise non solo a non applicare alla propria vita lo strumento della vigente legislazione matrimoniale, ma anche a non attribuire alla propria unione alcun carattere giuridicamente vincolante. Per quanto riguarda le unioni di fatto di quei cittadini che non intendano neppure ricorrere al nuovo istituto, si dovrà provvedere con altra proposta di legge che si limiti ad assicurare una qualche minimale forma di tutela necessaria a salvaguardare gli interessati dai possibili effetti esistenziali catastrofici di eventi impreveduti, codificando e conferendo in tal modo sistematicità a regole in gran parte già introdotte dalla giurisprudenza.
Infine, la presente proposta non ha lo scopo di modificare in alcun modo lo status giuridico dei figli delle parti del patto civile di solidarietà: si è voluto così togliere ogni pretesto alle campagne demagogiche da tempo in atto che brandiscono tale argomento come giustificazione al diniego di ogni riconoscimento giuridico delle famiglie non tradizionali. Resta ovviamente il fatto che assicurare alle famiglie non tradizionali un nuovo strumento regolativo pattizio significa anche assicurare loro prospettive di maggiore stabilità e consistenza anche formali, a tutto vantaggio della condizione giuridica ed esistenziale di tutti i membri di tali famiglie, inclusi gli eventuali figli delle parti.
Dal punto di vista della posizione costituzionale delle famiglie non tradizionali, va preliminarmente sfatata una leggenda, negli ultimi anni sempre più insistentemente propagata dagli avversari di qualunque forma di riconoscimento giuridico delle unioni familiari di tipo non tradizionale. Il primo comma dell’articolo 29 della Costituzione non pone alcun ostacolo a tale riconoscimento. Tale disposizione afferma che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», ma nulla afferma e nulla vieta circa il riconoscimento di altre forme di convivenza familiare: e ciò per il semplice fatto che un tale riconoscimento non sarebbe suscettibile di modificare, limitare, compromettere o intaccare in nessun modo e in nessuna misura i diritti o la sfera di autonomia delle famiglie tradizionali, che non ne sarebbero neppure sfiorati. L’articolo 29, primo comma, infatti stabilisce soltanto che lo Stato non può fare a meno di garantire «i diritti» delle famiglie fondate sul matrimonio, alle quali viene così assicurata una relativa sfera di autonomia rispetto al potere regolativo dello Stato: di qui l’illegittimità costituzionale di una legge ordinaria che mirasse a disconoscere i diritti di tali famiglie. L’autonomia della famiglia fondata sul matrimonio, come «formazione sociale intermedia», non può essere invasa da interventi autoritari, come quelli messi in atto dai regimi fascisti che erano appena tramontati all’epoca dell’approvazione della Costituzione, o da quelli comunisti che stavano nascendo nell’Europa centrorientale, volti a soppiantarla a vantaggio di regolamentazioni autoritative di taglio statalista o collettivista e di modelli organizzativi o fini contrastanti con quello di sede del libero e autonomo svolgimento della personalità dei suoi singoli componenti e di tutela dei loro «diritti inviolabili» (così definiti dall’articolo 2).
Anche in linea più generale, d’altra parte, è del tutto illogico pretendere che la particolare o rinforzata tutela esplicitamente garantita dalla Costituzione a una specifica situazione obblighi positivamente anche a denegare lo stesso trattamento ad altre situazioni socialmente analoghe o identiche: la garanzia costituzionale rinforzata di un diritto non implica di per sè anche l’obbligo costituzionale di negare la parità di trattamento ai casi in cui, pure, essa non sia costituzionalmente dovuta. Gli articoli 33, primo comma, e 19 tutelano in modo particolare, rispettivamente, la libertà di insegnamento e la libertà di culto, ma nessuno si sogna di trarne la conseguenza che la libertà di espressione del pensiero in altri campi, garantita in modo meno incondizionato dall’articolo 21, debba essere obbligatoriamente limitata al solo fine di sottolinearne un presunto minor valore o una minore dignità nei casi che non sono oggetto della tutela rinforzata prevista dagli articoli 33 e 19. Affermare in modo particolarmente solenne e impegnativo i diritti di qualcuno (perché sono la storia recente e gli avvenimenti altrove in corso a consigliare di farlo) non equivale a vietare qualunque minimo riconoscimento dei diritti di qualcun altro; e comunque una così rilevante denegazione di diritti, per essere obbligatoria benché derogatoria rispetto a principi fondamentali della Costituzione, dovrebbe almeno essere stata formulata in modo espresso.
Questo però non significa che, come già accennato, altre indicazioni, anche cogenti, non siano desumibili da altre disposizioni costituzionali. Una norma cardine dell’intero ordinamento costituzionale italiano, come l’articolo 3, primo comma, che impone l’uguaglianza formale fra i cittadini come parametro fondamentale di legittimità della legge ordinaria, impone che situazioni giuridiche uguali siano trattate in modo uguale. Nella misura in cui situazioni giuridiche attinenti alle famiglie tradizionali siano identiche a quelle attinenti a famiglie non tradizionali, queste ultime devono essere trattate in modo identico. Non solo quindi l’articolo 29, primo comma, non impone un trattamento differenziato, ma la Costituzione vigente nel suo complesso – e in alcuni casi gli impegni internazionali dell’Italia – impongono al contrario parità di trattamento e parità di diritti.
E ancora: si è detto che l’articolo 29, primo comma, colloca la tutela della famiglia nel quadro del sistema delle autonomie riconosciute alle «formazioni sociali intermedie». Tali «formazioni sociali», che dunque ricomprendono anche la famiglia (tradizionale e matrimoniale), come caso speciale, rivestono il ruolo essenziale di luoghi «ove si svolge la personalità» del singolo individuo, come recita l’articolo 2. Come tali esse sono i luoghi all’interno dei quali «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo». Che fra tali «formazioni sociali» possano riconoscersi anche le «famiglie di fatto» comincia ad essere abbastanza pacificamente riconosciuto da dottrina e giurisprudenza. Ed è altrettanto chiaro dalla lettura complessiva delle disposizioni costituzionali riguardanti le «formazioni sociali» e la famiglia che il loro fine comune è il pieno e libero sviluppo della personalità e dei diritti umani fondamentali degli individui che le compongono (tanto che non ha mai avuto successo il tentativo di attribuire alla famiglia – neppure alla famiglia tradizionale e matrimoniale – il carattere di persona giuridica, titolare di situazioni giuridiche soggettive distinte e sovraordinate rispetto a quelle dei singoli componenti): è evidente che, a questi effetti, qualunque discriminazione non potrebbe che ritenersi del tutto illegittima.

DISEGNO DI LEGGE

Capo I

PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge garantisce l’attuazione del diritto inviolabile di ciascuna persona alla sua piena realizzazione nell’ambito di una relazione affettiva di coppia, quale formazione sociale ove si svolge la sua personalità in attuazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione.

Art. 2.

(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge si intende per «patto civile di solidarietà», di seguito denominato «patto», l’accordo tra due persone, anche dello stesso sesso, stipulato al fine di regolare i rapporti personali e patrimoniali relativi alla loro vita in comune.

Capo II

PATTO CIVILE DI SOLIDARIETÀ

Sezione I

Condizioni e modalità di costituzione del patto civile di solidarietà

Art. 3.

(Presupposti)

1. Non può contrarre un patto chi è vincolato da un precedente matrimonio o da un altro patto.

2. Non possono contrarre un patto fra loro le persone indicate nei commi primo, secondo e terzo dell’articolo 87 del codice civile.
3. Il divieto previsto dai numeri 3) e 5) del primo comma dell’articolo 87 non opera quando i contraenti il patto siano dello stesso sesso.
4. Si applicano i commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 87 del codice civile nel caso in cui i contraenti il patto siano di sesso diverso.
5. Non possono contrarre un patto le persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra o sulla persona alla quale l’altra era legata da un patto.
6. Non possono altresì contrarre un patto le persone delle quali l’una è stata rinviata a giudizio ovvero sottoposta a misura cautelare per i reati di cui al comma 5.
7. La mancanza dei presupposti di cui al presente articolo comporta la nullità del patto. La nullità può essere dichiarata su istanza di chiunque vi abbia interesse o del pubblico ministero.

Art. 4.

(Costituzione del patto civile di solidarietà)

1. Il patto è sottoscritto, a pena di nullità, davanti all’ufficiale dello stato civile.

2. Le parti contraenti del patto congiuntamente, presentano istanza in carta libera all’ufficiale dello stato civile presso il comune di residenza di uno dei contraenti e chiedono di essere convocati per la sottoscrizione del patto medesimo.
3. Nell’istanza di cui al comma 2 ciascuno dei contraenti, sotto la propria responsabilità e ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 3 della presente legge.
4. E’ fatto obbligo all’ufficiale dello stato civile di convocare le parti per la sottoscrizione del patto entro e non oltre un mese dalla presentazione dell’istanza.
5. In caso di grave pericolo di vita, l’ufficiale dello stato civile convoca i contraenti nel termine di dodici ore dalla ricezione dell’istanza.
6. L’ufficiale dello stato civile appone la data e la firma su tre esemplari originali del patto, trattenendone uno presso di sè e procede immediatamente ad iscriverlo nel registro dello stato civile.
7. Il patto è opponibile ai terzi dal momento dell’iscrizione nei registri dello stato civile e fino all’annotazione dell’avvenuto scioglimento.
8. L’ufficiale dello stato civile non può ricevere o iscrivere il patto qualora manchi la dichiarazione di cui al comma 3.
9. Sono esenti da tributo tutti gli atti necessari alla costituzione, modificazione e cancellazione del patto.

Art. 5.

(Rifiuto di presiedere alla sottoscrizione e
di iscrivere del patto civile di solidarietà)

1. L’ufficiale dello stato civile non può rifiutarsi di presiedere alla sottoscrizione e di iscrivere il patto ai sensi dell’articolo 4, comma 6.

2. Contro l’eventuale rifiuto di cui al comma 1 da motivare per iscritto, è ammesso ricorso al tribunale che provvede in camera di consiglio entro un mese dal deposito.
3. Il tribunale, ove accerti la sussistenza dei requisiti, con sentenza ordina all’ufficiale dello stato civile di presiedere alla sottoscrizione del patto e di iscriverlo nei registri.
4. Nella stessa sentenza di cui al comma 3 il tribunale, su istanza di parte, pone a carico dell’amministrazione comunale le spese del giudizio e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, morali ed esistenziali da liquidare anche in separato giudizio.
5. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del libro IV del titolo II del capo VI del codice di procedura civile.

Sezione II

Effetti e modifiche del patto civile di solidarietà

Art. 6.

(Norme applicabili al patto
civile di solidarietà)

1. Al patto si applicano, in quanto compatibili, le norme del codice civile in materia di contratti.

2. Eventuali termini o condizioni presenti nel patto si hanno per non apposti.

Art. 7.

(Contenuto del contratto)

1. Ciascun contraente del patto ha il dovere di collaborare alla vita di coppia, in ragione delle proprie capacità e possibilità.

Art. 8.

(Regime patrimoniale)

1. Salvo diversa volontà espressa dalle parti, ciascun contraente del patto è tenuto a provvedere alle esigenze economiche della coppia in ragione delle proprie sostanze e della propria capacità lavorativa.

2. Salvo diversa volontà espressa dalle parti del patto, le stesse sono solidalmente obbligate nei confronti dei terzi per i debiti contratti, entro limiti ragionevoli, per soddisfare le esigenze della vita di coppia.
3. I contraenti del patto possono scegliere tra i seguenti regimi patrimoniali:

a) la comunione legale, come regolata dal libro I, titolo VI, capo VI, sezione III, del codice civile;

b) la comunione convenzionale, come regolata dal libro I, titolo VI, capo VI, sezione IV, del codice civile.

4. Il regime patrimoniale scelto deve essere annotato a margine dell’iscrizione nel registro dello stato civile.

5. Qualora i contraenti del patto non abbiano previsto diversamente, il regime patrimoniale legale è la separazione dei beni. In tale caso si applicano le norme del libro I, titolo VI, capo VI, sezione V, del codice civile.

Art. 9.

(Modifica delle convenzioni
sul regime patrimoniale)

1. Gli accordi di carattere patrimoniale contenuti nel patto sono modificati, a pena di nullità, nelle stesse forme di cui all’articolo 4 e sono opponibili ai terzi solo a decorrere dalla data della loro annotazione nei registri dello stato civile.

Art. 10.

(Malattia e decisioni successive alla morte)

1. In mancanza di una diversa volontà manifestata per iscritto, ovvero di una procura sanitaria e in presenza di uno stato di incapacità di intendere e di volere, anche temporaneo, fatte salve le norme in materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia di cui al libro primo, titolo XII, capo primo, del codice civile, tutte le decisioni relative allo stato di salute e in genere di carattere sanitario, compresa la donazione degli organi, sono adottate dall’altro contraente di un patto, sentiti gli ascendenti e i discendenti del soggetto interessato.

2. In mancanza di una diversa volontà manifestata per iscritto, tutte le scelte di natura religiosa o morale, le modalità di svolgimento della cerimonia funebre, la scelta del luogo di sepoltura ovvero la decisione di cremare il corpo del defunto sono adottate dall’altro contraente di un patto, sentiti gli ascendenti e i discendenti del soggetto interessato.

Art. 11.

(Diritti successori)

1. Nella successione legittima, disciplinata dal libro II, titolo II, capo II del codice civile, i diritti spettanti al coniuge sono estesi al contraente legato al defunto da un patto iscritto nel registro dello stato civile.

2. Al contraente di un patto che sopravvive è riservato il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che l’arredano, se di proprietà del defunto o comuni, sia in caso di successione legittima sia testamentaria, per la durata di un anno.

Art. 12.

(Diritto al lavoro)

1. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare sia titolo di preferenza per l’inserimento in graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati, a parità di condizioni tali diritti sono estesi anche ai contraenti un patto costituito da almeno due anni.

2. Nel caso in cui lo stato coniugale sia titolo di preferenza nello svolgimento di un pubblico concorso, a parità di condizioni la stessa preferenza è riconosciuta ai contraenti un patto, costituito da almeno due anni.

Art. 13.

(Militari e forze dell’ordine)

1. Gli esoneri, le agevolazioni, le dispense e le indennità riconosciuti ai militari in servizio o agli appartenenti alle forze dell’ordine connessi con l’appartenenza ad un nucleo familiare, sono estesi, senza limite alcuno, ai contraenti di un patto, costituito da almeno due anni.

Art. 14.

(Disciplina fiscale e previdenziale)

1. La disciplina fiscale, in particolare le agevolazioni fiscali, le sovvenzioni e gli assegni di sostentamento previsti dalle norme vigenti statali, regionali e comunali, che derivano dall’appartenenza di un soggetto ad un determinato nucleo familiare, nonché dallo stato di coniuge, è estesa di diritto alle persone legate da un patto, iscritto nel registro dello stato civile, costituito da almeno due anni.

2. La disciplina previdenziale e pensionistica, ivi compresa la pensione di reversibilità, che deriva dall’appartenenza ad un determinato nucleo familiare è estesa di diritto alle persone legate da un patto, iscritto nel registro dello stato civile, costituito da almeno due anni, rispetto al momento in cui matura il diritto al trattamento pensionistico o previdenziale.
3. Sono estesi di diritto alle persone legate da un patto iscritto da almeno due anni nel registro dello stato civile, tutti gli altri diritti comunque connessi al rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato o alla sussistenza di un’attività di lavoro autonomo, previsti a favore dei coniugi o del coniuge del lavoratore, dalle disposizioni normative di ogni ordine e grado, dalla contrattazione collettiva e dai contratti individuali o atipici.

Art. 15.

(Assistenza sanitaria e penitenziaria)

1. Le parti di un patto hanno reciprocamente gli stessi diritti e gli stessi doveri spettanti ai coniugi in relazione all’assistenza sanitaria e penitenziaria.

Sezione III

Scioglimento del patto civile di solidarietà

Art. 16.

(Scioglimento del patto civile di solidarietà)

1. Il patto si scioglie nel caso di morte di una delle parti ovvero nel caso una delle parti contragga matrimonio.

2. Ciascun contraente del patto ha diritto di farne cessare gli effetti mediante atto scritto notificato all’altra parte a mezzo di ufficiale giudiziario. In questo caso il patto si scioglie decorsi tre mesi dalla notifica. E’ nullo l’accordo con il quale le parti escludono l’esistenza di tale diritto, anche quando l’esclusione riguardi entrambi i contraenti.
3. L’ufficiale dello stato civile annota l’avvenuto scioglimento del patto:

a) in caso di morte o susseguente matrimonio su richiesta di chiunque ne abbia interesse;

b) in caso di scioglimento per mutuo consenso su richiesta congiunta delle parti;
c) in caso di volontà unilaterale di scioglimento del patto su richiesta della parte che ha effettuato la notifica di cui al comma 2, dietro presentazione dell’originale dell’atto notificato.

4. Sono fatti salvi i diritti dei terzi in buona fede sorti prima della annotazione di cui al comma 3.

Art. 17.

(Provvedimenti riguardo ai figli comuni)

1. In caso di scioglimento del patto l’affidamento e i provvedimenti riguardanti i figli comuni della coppia, in caso di disaccordo, sono disposti dal giudice ai sensi degli articoli 155 e seguenti del codice civile.

Art. 18.

(Effetti patrimoniali dello scioglimento)

1. Con il patto le parti possono regolare le conseguenze economiche dello scioglimento del patto stesso.

2. In caso di disaccordo tra le parti, la controversia è di competenza del tribunale.

Sezione IV

Disposizioni relative al Contraente straniero

Art. 19.

(Modifiche all’articolo 30 del testo unico
di cui al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286)

1. All’articolo 30 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), dopo la parola: «matrimonio» sono inserite le seguenti: «o un patto civile di solidarietà»;

b) al comma 1-bis, dopo la parola: «matrimonio» sono inserite le seguenti: «o al patto civile di solidarietà»;
c) al comma 5, dopo la parola: «matrimonio» sono inserite le seguenti: «o del patto civile di solidarietà»;
d) dopo il comma 6, è aggiunto, in fine, il seguente:

«Il permesso di soggiorno per motivi familiari è concesso alle parti che hanno contratto un patto civile di solidarietà».

Art. 20.

(Modifica all’articolo 5 della
legge 5 febbraio 1992, n. 91)

1. All’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

« 1-bis. Lo straniero o l’apolide, che abbia stipulato un patto civile di solidarietà da almeno cinque anni con un cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana, quando abbia risieduto nello stesso periodo legalmente nel territorio della Repubblica, e purché il patto stesso non abbia perso per qualsiasi motivo efficacia prima del deposito dell’istanza all’autorità competente a dichiarare l’acquisto della cittadinanza».

Capo III

NORME FINALI

Art. 21.

(Delle modifiche al codice civile)

1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 230-bis, terzo comma, le parole: «il coniuge», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «il coniuge o la persona legata da un patto civile di solidarietà»;

b) nel Libro I, Titolo XII, è premesso il seguente articolo:

«Art. 403-bis. (Delle persone unite da patto civile di solidarietà). – Ai fini delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, disciplinate dal presente titolo, la persona legata da patto civile di solidarietà è equiparata al coniuge»;
c) all’articolo 433, primo comma, numero 1), dopo le parole: «il coniuge» sono aggiunte le seguenti: «o la persona legata da patto civile di solidarietà»;

d) all’articolo 438, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La persona che è stata legata da patto civile di solidarietà è tenuta a prestare gli alimenti all’altra parte, fino al termine di due anni dallo scioglimento del patto. L’obbligo di prestare gli alimenti cessa comunque nel momento il cui l’avente diritto contrae matrimonio o un nuovo patto civile di solidarietà.»;
e) all’articolo 2941, dopo il numero 1) è inserito il seguente:
«1 bis) tra le persone legate da patto civile di solidarietà;».

Art. 22.

(Modifica all’articolo 6 della
legge 27 luglio 1978, n. 392)

1. Al primo comma dell’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero, nel caso il conduttore sia parte di un patto civile di solidarietà, gli succede nel contratto la parte superstite del patto medesimo».

Art. 23.

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 307, il terzo comma è sostituito dal seguente: «Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto, dell’altra parte di un patto civile di solidarietà, ovvero della persona cui è legato da un’unione di fatto»;

b) all’articolo 384, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo o un prossimo congiunto o l’altra parte di un patto civile di solidarietà o l’altra persona cui è legato da un’unione di fatto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore».

Art. 24.

(Modifica all’articolo 199 del
codice di procedura penale)

1. All’articolo 199 del codice di procedura penale, il primo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente: «I prossimi congiunti o l’altra parte di un patto civile di solidarietà o la persona legata da un’unione di fatto con l’imputato o con uno dei coimputati del medesimo reato possono astenersi dal deporre».

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