Senato della Repubblica Disegno di legge n. 1208 dell’11/12/2006

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori BOCCIA Maria Luisa, ALBONETTI, ALFONZI, ALLOCCA, BONADONNA, CAPELLI, CAPRILI, CONFALONIERI, DEL ROIO, DI LELLO FINUOLI, EMPRIN GILARDINI, GAGGIO GIULIANI, GIANNINI, MARTONE, BRISCA MENAPACE, NARDINI, RUSSO SPENA, SODANO e VANO


COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L’11 DICEMBRE 2006

Normativa sulle unioni civili e sulle unioni di mutuo aiuto

Onorevoli Senatori.

Il presente disegno di legge intende riconoscere normativamente uno statuto essenziale e «leggero» di diritti, doveri e disciplina giuridica alle forme di convivenza non basate sul vincolo matrimoniale. Si tratta in primo luogo di eliminare gli effetti socialmente pregiudizievoli di un’irragionevole discrasia tra la realtà sociale (che in Italia conta più di un milione e duecentomila unioni di fatto) e la disciplina giuridica, che come noto prevede esclusivamente il matrimonio quale forma giuridicamente rilevante di convivenza. Al punto che le forme di convivenza non fondate sull’istituto matrimoniale vengono significativamente definite «unioni di fatto», come tali irrilevanti ai fini giuridici. Tuttavia, questa lacuna normativa determina effettivamente irragionevoli disparità di trattamento ed ipotesi di vera e propria denegatio tutelae nei confronti dei conviventi more uxorio tanto più nel contesto di unioni di carattere omosessuale, oggetto di inammissibili discriminazioni, tali da rendere improrogabile l’introduzione di una disciplina giuridica adeguata alla realtà sociale. Si pensi, a titolo di esempio, che conviventi anche di lunga data sono privati del diritto di visita o di assistenza al partner gravemente malato, in ragione del carattere non formalizzato nelle forme tradizionali del matrimonio, della convivenza instaurata. O si pensi, ancora, che il convivente more uxorio che voglia effettuare una disposizione testamentaria in favore del compagno è soggetto alle gravose misure fiscali previste in materia di successione a terzi estranei al nucleo familiare, con evidente violazione del principio di eguaglianza-ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione

Non sono del resto mancati, nella prassi, tentativi (peraltro vani), di correggere gli effetti irragionevoli di tale lacuna normativa. Alcune coppie di fatto hanno ad esempio sottoscritto convenzioni atte a regolare singoli aspetti della loro convivenza, incontrando tuttavia diversi limiti, soprattutto in materia di lasciti ereditari, in ragione del divieto di patti successori di cui all’articolo 458 del codice civile. La giurisprudenza di legittimità ha mostrato un certo grado di sensibilità verso la questione, talora riconducendo le ipotesi di liberalità tra conviventi alla categoria delle obbligazioni naturali, ovvero, in altra materia, riconoscendo al convivente, in caso di omicidio del partner, il diritto al risarcimento del danno morale e patrimoniale jure proprio, nei confronti dell’autore dell’illecito. La Suprema corte ha precisato che perché possa parlarsi di famiglia di fatto distinta da un semplice rapporto occasionale, deve tenersi conto soprattutto del carattere di stabilità che conferisce certezza al rapporto di fatto e lo rende rilevante sotto il profilo giuridico. Tale tipo di unione, pur non potendo essere equiparata alla famiglia legittima, è stata ritenuta una formazione sociale idonea ad assolvere fondamentali funzioni di socializzazione, prevalendo così il tentativo di proporre una nozione di famiglia di fatto quale modello di convivenza alternativo alla famiglia legittima e ravvisando nella base normativa un adeguato sostegno al fine di giustificarne la rilevanza giuridica (articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione). L’esigenza, avvertita anche dalla prassi, di fornire uno statuto minimo di diritti e doveri alle forme di convivenza non tradizionali, che rappresentano oggi una grande parte della realtà sociale italiana (e non solo), dimostra quindi la necessità di una disciplina, sia pur minimale e flessibile (così detta soft law), che ne determini il riconoscimento giuridico. La sempre più forte domanda sociale di tale riconoscimento giuridico sottende infatti non soltanto una legittima richiesta di diritti e facoltà, ma aspira anche e soprattutto al riconoscimento sociale dell’identità e della pari dignità delle forme di convivenza non tradizionali. È domanda di riconoscimento giuridico ed insieme affermazione di valori propri e autonomi; esigenza di non discriminazione e ad un tempo aspirazione alla libertà ed alla possibilità di scegliere liberamente come convivere, come stare insieme.
In favore dell’introduzione, anche in Italia, di una disciplina giuridica delle unioni civili, depongono anche e soprattutto ragioni di conformità del nostro ordinamento con le norme comunitarie. L’articolo 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, firmata a Nizza il 7 dicembre 2000, sancisce infatti che «il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio». L’importanza di questa norma non risiede nel mero riconoscimento dell’autonomia delle legislazioni nazionali in ordine alla disciplina delle modalità di convivenza e dei loro effetti giuridici, ma nel consentire il riconoscimento delle più diverse forme di convivenza. Una delle note esplicative della disposizione precisa infatti che essa «non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale ad unioni tra persone dello stesso sesso». La norma legittima pertanto le più diverse forme di convivenza alla luce dei diritti fondamentali della persona, quale espressione significativa della dignità individuale, cui espressamente si intitola la sezione della Carta di Nizza, in cui è compreso l’articolo 9. Norma che deve essere interpretata alla luce dell’articolo 22 della stessa Carta, ove si sancisce che «l’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica», nonché dell’articolo 53, secondo cui «nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti […] dal diritto internazionale […] e dalle costituzioni degli Stati membri». La funzione dell’articolo 9 della Carta di Nizza, nel favorire il riconoscimento della pluralità delle forme di convivenza, anche quelle fondate su unioni omosessuali, emerge del resto alla luce di un’interpretazione sistematica della norma, in combinato disposto con il divieto assoluto di discriminazioni, fondate inter alia sull’orientamento sessuale, inserito dagli Stati membri dell’Unione europea nell’articolo 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea, come introdotto dal Trattato di Amsterdam.
È peraltro significativo l’interesse dimostrato, soprattutto di recente, dalle istituzioni comunitarie, rispetto alla questione del riconoscimento giuridico delle forme di convivenza non fondate sul matrimonio, verso le quali si è adottata, a livello comunitario, una impostazione di politica del diritto di carattere promozionale. Il Parlamento europeo, con lo strumento della risoluzione, ha invitato infatti gli Stati membri (nel 1994 e successivamente nel 2000) ad adottare una normativa di riconoscimento delle unioni di fatto, anche a base omosessuale. Da ultimo, con il cosiddetto «Rapporto Sylla» del 3 settembre 2003 e con la conseguente risoluzione n. 2002/2013 (INI) del Parlamento europeo, del 4 settembre 2002, si è auspicata l’estensione, all’interno degli Stati membri, delle discipline in tema di coniugio o di adozione, anche a forme di convivenza non tradizionali, di carattere omosessuale od eterosessuale, ma comunque non fondate sul matrimonio. L’esigenza di adeguamento dell’ordinamento italiano alle disposizioni comunitarie si manifesta peraltro anche in ragione della doverosa implementazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che sancisce il principio della libera circolazione, in ambito europeo, delle persone e dei loro familiari, intendendosi per «familiare», non solo il coniuge o la prole nel contesto di una famiglia fondata sul matrimonio, ma anche il componente di un’unione civile registrata (la giurisprudenza comunitaria ha infatti fondato su questa norma numerose decisioni volte ad estendere i diritti riconosciuti ai membri delle famiglie tradizionali, anche ai componenti di unioni di fatto).
Ai principi sanciti in sede comunitaria, in tema di riconoscimento giuridico delle unioni civili, si sono del resto già da tempo adeguate quasi tutte le nazioni europee. La legge danese n. 372 del 7 giugno 1989 consente alle coppie omosessuali di registrare la loro unione secondo il modello del «registered partnership». La Svezia, dal 1994 riconosce alle unioni civili tra persone dello stesso sesso gran parte degli effetti giuridici propri del regime matrimoniale. Analoghe le normative finlandese, ungherese, belga, olandese, tedesca, austriaca, portoghese e slovena. La Francia, con la legge n. 99-944 del 15 novembre 1999, ha introdotto il patto civile di solidarietà, quale nuova forma di unione, distinta dall’istituto matrimoniale. Il Patto civile di solidarietà è un contratto concluso tra due persone maggiorenni, anche del medesimo sesso, al fine di organizzare la loro vita in comune, ed è regolato da una disciplina più dettagliata ed incisiva rispetto a quella prevista per l’unione di fatto, caratterizzata secondo la legge «da una convivenza stabile e continuativa tra due persone di sesso diverso o dello stesso sesso, che vivono in coppia», cui sono riconosciuti soltanto alcuni dei diritti spettanti alle prime due forme di convivenza (ad esempio in materia di locazione, assistenza sanitaria ed assicurativa).
Il Lussemburgo, dal 2004 riconosce la partnership registrata; analogamente la Gran Bretagna, con il Civil Partnership Act del 2004, accorda i medesimi diritti dei coniugi alle parti delle unioni omosessuali. La Spagna consente il matrimonio alle coppie dello stesso sesso dal 2005 anche se, nelle regioni di Navarra, Aragona e Catalogna, già dal 1988 è stata introdotta la legge sulle unioni stabili.
Sarebbe quindi opportuno che anche il nostro ordinamento si adeguasse alle direttive di fonte comunitaria ed alla realtà sociale, da cui emerge una sempre maggiore domanda di riconoscimento delle unioni atipiche, anche a base omosessuale. Riconoscimento che non solo è necessario per conformare il nostro ordinamento alle norme comunitarie, ma che non potrebbe neppure ritenersi contrario ai precetti costituzionali rilevanti in materia. Nel sancire il riconoscimento, da parte dello Stato, dei «diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», l’articolo 29 della Costituzione si limita infatti ad enunciare il dovere statuale di tutelare la comunità familiare quale entità metagiuridica, di formazione sociale e naturale quindi, e non giuridico-positiva. Il riferimento al matrimonio quale fondamento della famiglia non rappresenta tuttavia, nella struttura della norma, il requisito esclusivo necessario al riconoscimento dei diritti delle forme di convivenza giuridicamente rilevanti, non potendosi evincere dal dettato normativo alcuna preclusione in ordine alla legittimità ed al riconoscimento giuridico di società naturali fondate sulla convivenza e sulla comunione di vita materiale e spirituale, prive del vincolo matrimoniale. La norma non tipizza del resto la differenza di sesso quale requisito costitutivo del vincolo coniugale, né in tal senso potrebbe intendersi l’attributo «naturale», con cui viene definita la formazione sociale della famiglia. Il carattere naturale della comunità familiare, richiamato dalla norma, va quindi riferito alla natura meta – (e pre –) giuridica di tale forma di convivenza. L’attributo «naturale» esprime quindi, nel testo della norma, l’esigenza di una disciplina giuridica dello «stare insieme» adeguata e conforme alla realtà naturale, appunto, e sociale, delle forme di convivenza, nella loro spontanea evoluzione, che il diritto non dovrebbe quindi guidare ma limitarsi a registrare e regolamentare.
Del resto, la negazione di ogni rilevanza giuridica alle forme di convivenza «non tradizionali» e la configurazione del matrimonio, quale unico modello giuridico possibile per la convivenza, determinano una palese violazione non soltanto del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, ma anche dei diritti inviolabili, riconosciuti all’individuo «sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» (articolo 2 della Costituzione), risolvendosi in una denegatio tutelae per quanti ritengano l’istituto matrimoniale, così come rigidamente disciplinato dalla nostra normativa, conforme alla propria forma di convivenza, ovvero per coloro che, come gli omosessuali, non possano accedervi. Costoro non possono quindi essere privati della possibilità di legittimare la propria unione, né di vedersi riconosciuto il diritto fondamentale ed inviolabile alla costituzione di un rapporto di convivenza che ne consenta la libera esplicazione della personalità.
La stessa evoluzione del diritto di famiglia ha infatti contributo a delineare un concetto di convivenza quale unione finalizzata al naturale sviluppo ed alla libera autorealizzazione del singolo, alla luce dell’impostazione personalistico-solidaristica sottesa all’ordinamento costituzionale nel suo complesso, e con specifico riferimento alla materia in esame agli articoli da 29 a 31 della Costituzione, non a caso ricompresi all’interno del titolo II della parte prima, dedicato ai «rapporti etico-sociali». Impostazione, questa, che ha sancito il superamento della concezione eteronoma della famiglia e della sua strumentalizzazione a fini statalistici, in favore di un’idea della convivenza quale condizione funzionale al naturale sviluppo della persona ed al riconoscimento della sua dignità. È peraltro importante sottolineare che, ampliando la categoria dei modelli di convivenza giuridicamente riconosciuti, il presente disegno di legge, conformemente al diritto comunitario, lungi dall’affievolire la tutela pubblicistica tradizionalmente riconosciuta all’istituto matrimoniale, conferisce invece a quest’ultimo una nuova legittimazione sociale. Liberando infatti il tradizionale vincolo matrimoniale dalla funzione di forma necessaria imposta al fine di un riconoscimento giuridico della convivenza tra due persone, si delinea l’istituto matrimoniale quale frutto di una consapevole e libera scelta, tra diverse modalità di regolamentazione giuridica dello «stare insieme». È questa la prospettiva cui si orienta il presente disegno di legge, che intende fornire ai cittadini che scelgano forme non tradizionali di convivenza la necessaria tutela delle relative situazioni giuridiche soggettive, evitando così ogni forma di discriminazione ai loro danni. Nel perseguire quest’obiettivo, il disegno di legge in discussione prevede criteri e modalità di estensione alle unioni civili dei diritti spettanti al nucleo familiare nei casi sanciti dalla legge, secondo criteri di parità di trattamento, in conformità al principio di cui all’articolo 3 della Costituzione. A tale estensione dei diritti delle parti delle unioni civili, corrisponde del resto una parallela regolamentazione dei loro doveri ed oneri, tali da garantire la necessaria tutela non soltanto ai figli ma anche al contraente economicamente più debole nel caso di cessazione dell’unione civile, l’affidamento dei terzi in ordine alla situazione patrimoniale della coppia, la trasparenza dello stato giuridico delle parti.
Il presente disegno di legge, ed in particolare il suo capo II – intitolato alle «unioni di mutuo aiuto» – intende del resto riconoscere uno statuto normativo flessibile e «leggero» di diritti essenziali alle forme di convivenza non basate necessariamente e costitutivamente sulla relazione sessuale. Questo particolare tipo di disciplina – strutturalmente affine a quella prevista dalla Ley catalana de 28 de diciembre de 1998, sobre situaciones convivenciales de ayuda mutua (legge della Catalogna n. 19 del 28 dicembre 1998) e della Norvegian Joint Osso hold Act (legge norvegese 4 luglio 1991, n. 45), nonché dal progetto di riforma del diritto di famiglia canadese elaborato dalla Law Commission nel 2000, nell’ambito del programma Recognizing and Supporting Close Personal Relationships Between Adults – appare funzionale alla regolamentazione minima (e come tale aperta, in larga misura, all’autonomia negoziale delle parti) della convivenza tra studenti, della coabitazione per motivi di assistenza a persone anziane, ovvero a tutela di peculiari situazioni di interdipendenza economica od affettiva, insuscettibili di ricomprensione all’interno del rigido paradigma della relazione di coppia. L’intensità del vincolo e la finalità assistenziale o solidaristica di tali forme di convivenza non determinano comunque un’assimilazione al concetto né alla disciplina della famiglia: la disponibilità delle parti nello specificare i termini della convivenza è massima, operando sia in sede di determinazione dei contenuti dell’accordo, sia in fase di risoluzione delle controversie, preferibilmente definite dalla transazione delle parti, e solo qualora ciò non sia possibile rimesse all’intervento del giudice o del collegio arbitrale. Le parti sono infatti ritenute libere di accordarsi per regolare sia la convivenza, sia gli effetti conseguenti alla sua cessazione, mediante accordi il cui contenuto può giungere sino al punto di escludere quel diritto agli alimenti altrimenti previsto ex lege in caso di estinzione dell’unione in ragione della morte di una delle parti. La stessa facoltà, di ricorso all’arbitrato, per risolvere eventuali controversie relative a situazioni di contitolarità, anche nella successione nel contratto di locazione in caso di morte del conduttore parte dell’unione di mutuo aiuto, evidenzia come, sotto il profilo patrimoniale, la legge apra ad un regime di separazione dei beni, in cui ciascuna parte rimane proprietaria del proprio patrimonio, rispondendo personalmente verso i terzi delle obbligazioni contratte. La prevista annotazione nell’apposito registro dell’accordo estintivo dell’efficacia dell’unione, evidenzia peraltro come il rilievo giuridico di queste unioni sia affidato ad una dialettica costante tra autonomia negoziale delle parti e normazione minima, tesa a garantire la certezza delle situazioni giuridiche soggettive. La registrazione delle vicende costituive, modificative ed estintive dell’unione, che non crea alcuno status, ma si limita a conferire rilievo giuridico alla volontà delle parti, non soltanto soddisfa un’esigenza di certezza normativa dell’ordinamento – al fine di evitare possibili difficoltà probatorie in ordine alle posizioni personali e patrimoniali delle parti – ma consente una forma adeguata di controllo di meritevolezza di tutela degli interessi coinvolti, soddisfatto solo qualora le parti ed i loro accordi presentino i requisiti previsti. Tale disciplina si conforma pertanto alla natura delle forme di convivenza oggetto di normazione, fondate come sono su di una manifestazione di consenso e di solidarietà, tale da realizzare una comunità di vita materiale e spirituale. Lo scopo assistenziale e solidaristico che informa tali forme di convivenza ne ispira così la disciplina. Ne sono espressione in particolare i criteri equitativi previsti ad esempio per la compensazione economica in ragione del lavoro prestato dalle parti, nonché il principio di solidarietà sociale che ispira la norma sulla tutela del convivente in caso di estinzione dell’unione per morte del conduttore, cui si surroga, nella medesima posizione contrattuale, la parte (o le parti) ancora in vita. La disciplina mira pertanto ad attribuire a tali forme di convivenza uno statuto normativo minimo ma essenziale al riconoscimento della rilevanza giuridica delle ipotesi di coabitazione a fini solidaristici e/o assistenziali, conformandosi a tale finalità in ogni sua specifica disposizione.
La disciplina complessivamente prevista dal presente disegno di legge appare quindi suscettibile di ricomprendere, nelle sue diverse disposizioni, le forme più varie e significative di convivenza, oggi di fatto ignorate dal diritto.
L’estensione delle categorie di soggetti legittimati a contrarre le unioni civili (possibili anche tra coppie omosessuali, conformemente alle indicazioni di fonte comunitaria), l’affermazione della pari dignità e rilevanza giuridica di tali unioni, il riconoscimento delle forme di convivenza basate su esigenze solidaristiche rappresentano del resto espressioni significative non soltanto del pluralismo su cui si basa necessariamente ogni Stato di diritto, ma anche e soprattutto del principio personalistico che ispira la nostra Costituzione. Consentire a ciascun cittadino di scegliere la forma di convivenza che meglio risponda alle proprie esigenze, senza per questo subire discriminazione alcuna – come espressamente sancito dall’articolo 2 del presente disegno di legge – costituisce infatti un dovere fondamentale, cui uno Stato democratico di diritto quale il nostro non può sottrarsi.

DISEGNO DI LEGGE

CAPO I

DELLE UNIONI CIVILI

Articolo 1

(Unione civile)

1. Due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, di seguito denominate «parti dell’unione civile», possono contrarre tra loro un’unione civile per organizzare la loro vita in comune.

Articolo 2

(Divieto di discriminazione e trattamento dei dati personali delle parti dell’unione civile)

1. Le unioni civili sono riconosciute quali titolari di autonomi diritti.

2. Lo stato di parte di un’unione civile non può essere motivo o fonte di discriminazione in qualunque settore della vita pubblica e privata.
3. Il trattamento dei dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche deve avvenire conformemente alla normativa prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, garantendo il rispetto della dignità degli appartenenti all’unione. I dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche non possono costituire elemento di discriminazione a carico delle parti dell’unione civile.

Articolo 3

(Istituzione del registro delle unioni civili)

1. Presso l’ufficio dello stato civile di ogni comune è istituito il registro delle unioni civili.

2. Il sindaco, o un suo delegato, provvede alle registrazioni, alle annotazioni ed alle variazioni delle unioni nel registro di cui al comma 1, ai sensi della presente legge.

Articolo 4

(Equiparazione allo stato di membro di una famiglia)

1. Lo stato di parte di un’unione civile è titolo equiparato a quello di membro di una famiglia ai sensi e per gli effetti della legge 24 dicembre 1954, n. 1228.

Articolo 5

(Certificazione dello stato di unione civile)

1. L’unione civile è certificata dal documento di «stato di unione civile». Detto documento contiene i dati anagrafici delle parti dell’unione civile, l’indicazione del loro regime patrimoniale legale e della residenza. Esso contiene, altresì, i dati anagrafici dei figli minori appartenenti all’unione civile, qualora presenti.

Articolo 6.

(Condizioni e procedure per la certificazione dello stato di unione civile)

1. L’unione civile è certificata dall’ufficiale di stato civile, il quale è tenuto a tale adempimento previo controllo formale della sussistenza dei requisiti indicati all’articolo 1, dell’assenza di cause impeditive di cui all’articolo 7, nonché del rispetto delle norme riguardanti i cittadini stranieri, ai sensi dell’articolo 12.

2. L’ufficiale di stato civile provvede altresì contestualmente agli adempimenti di cui al comma 1, a registrare l’unione civile nell’apposito registro di cui all’articolo 3.
3. L’ufficiale dello stato civile effettua le annotazioni o le variazioni conseguenti alle dichiarazioni nel registro delle unioni civili entro dieci giorni dalla loro ricezione.
4. A richiesta dell’interessato l’ufficiale dello stato civile dà atto delle iscrizioni nel registro delle unioni civili.

Articolo 7

(Cause impeditive della certificazione dello stato di unione civile)

1. Sono cause impeditive alla certificazione dello stato di unione civile di cui all’articolo 5:

a) la sussistenza di un vincolo matrimoniale in atto, ivi compresa l’ipotesi in cui i coniugi siano separati;

b) la sussistenza del vincolo derivante da un’altra unione civile;
c) la minore età di una o di entrambe le parti dell’unione civile, salvi i casi di autorizzazione del tribunale ai sensi dell’articolo 84 del codice civile;
d) l’interdizione di una o di entrambe le parti dell’unione civile, per infermità di mente. Se l’istanza di interdizione è stata soltanto promossa, la certificazione dello stato di unione civile non può avere luogo finché la sentenza che ha pronunziato sull’istanza non sia passata in giudicato.
e) la sussistenza delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo dell’articolo 87 del codice civile. Il divieto di cui ai numeri 3 e 5 del primo comma dell’articolo 87 non opera nel caso in cui le parti dell’unione civile siano dello stesso sesso. Si applicano i commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 87 del codice civile, nel caso in cui le parti dell’unione civile siano di sesso diverso;
f) l’ipotesi di delitto di cui all’articolo 88 del codice civile. Se nei confronti di una o di entrambe le parti dell’unione civile ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero sottoposizione a misura cautelare per il delitto di cui all’articolo 88 del codice civile, la procedura per la certificazione dello stato di unione civile è sospesa sino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.

2. La sussistenza di una delle cause impeditive di cui al presente articolo comporta la nullità della certificazione dello stato di unione civile di cui all’articolo 5.

Articolo 8

(Imposte di certificazione)

1. Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti, anche giudiziari, relativi ai procedimenti derivanti dall’applicazione della presente legge sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

Articolo 9

(Cessazione dell’unione civile per volontà consensuale o unilaterale)

1. Lo stato di unione civile può cessare tutti i suoi effetti attraverso una dichiarazione consensuale di separazione che i partecipanti rendono all’ufficiale di stato civile.

2. L’unione civile può altresì cessare nel caso di richiesta di separazione presentata solo da una delle parti all’ufficiale di stato civile e notificata all’altra parte entro cinque giorni. In tale ipotesi tutti gli effetti della unione civile sono protratti per un anno dalla data di presentazione della domanda di separazione. Nel corso di tale anno la richiesta unilaterale di separazione può essere ritirata e lo stato di unione civile è ripristinato automaticamente.
3. Nei casi di separazione di cui al presente articolo, le parti procedono di comune accordo alla divisione del patrimonio comune. Nel caso in cui l’accordo non sia possibile il giudice, indipendentemente dalla titolarità o dal possesso dei beni, tenuto conto della consistenza del patrimonio costituito dalle parti con apporti di lavoro professionale e casalingo ai sensi degli articoli 177, 178 e 179 del codice civile, decide sulle conseguenze patrimoniali procedendo alla divisione del patrimonio ai sensi dell’articolo 194 del codice civile. È fatta salva la possibilità per le parti di agire per il risarcimento del danno eventualmente subito.
4. Nell’anno intercorrente tra la presentazione della domanda unilaterale di separazione e lo scioglimento dell’unione civile, le parti sono tenute agli obblighi di cui al titolo XIII del libro primo del codice civile.

Articolo 10.

(Cessazione dell’unione civile per causa di morte)

1. L’unione civile cessa con la morte di una delle parti.

Articolo 11

(Certficazione della cessata unione civile)

1. Della cessazione dello stato di unione civile ai sensi degli articoli 9 e 10 è dato atto dall’ufficiale di stato civile con autonoma certificazione, che individua anche il periodo per il quale si è protratta tale unione, nonché con apposita annotazione nel registro delle unioni civili di cui all’articolo 3.

Articolo 12

(Acquisto della residenza da parte del cittadino straniero)

1. Il cittadino straniero non residente nel territorio nazionale, che è parte di un’unione civile, contestualmente alla certificazione dello stato di unione civile, acquista la residenza in Italia.

Articolo 13

(Regime patrimoniale dell’unione civile)

1. Con convenzione stipulata per atto pubblico o con dichiarazione resa all’ufficiale dello stato civile al momento della richiesta di iscrizione nel registro di cui all’articolo 3, le parti dell’unione devono scegliere all’atto di costituzione della stessa il regime patrimoniale. Tale regime può essere modificato in qualunque momento nel corso dell’unione civile con atto stipulato nella medesima forma.

2. Nell’ipotesi in cui, per qualsiasi ragione, si ometta di stipulare l’atto pubblico di cui al comma 1, si presume scelto il regime di comunione legale.

Articolo 14

(Estensione dei diritti del nucleo familiare all’unione civile)

1. All’unione civile sono estesi i diritti spettanti al nucleo familiare nei casi previsti dalla legge. Tale estensione è applicata secondo criteri di parità di trattamento.

Articolo 15

(Diritti dei figli e concorso all’adozione o all’affidamento)

1. I figli delle parti di un’unione civile, nati in costanza dell’unione civile, o che si presumano concepiti in costanza di essa secondo i criteri di cui all’articolo 232 del codice civile, hanno i medesimi diritti spettanti ai figli nati in costanza di matrimonio.

2. Le parti dell’unione civile possono chiedere l’adozione o l’affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, a parità di condizioni con le coppie di coniugi.
3. In caso di separazione delle parti dell’unione civile ai sensi dell’articolo 9, si applicano con riguardo ai figli le disposizioni dettate dall’articolo 155 del codice civile.

Articolo 16

(Assistenza sanitaria e penitenziaria)

1. Alle parti di un’unione civile sono estesi tutti i diritti e i doveri spettanti al coniuge, in materia di assistenza sanitaria e penitenziaria.

Articolo 17.

(Forma della domanda di interdizione e di inabilitazione)

1. All’articolo 712, secondo comma, del codice di procedura civile, dopo le parole: «del coniuge,» sono inserite le seguenti: «della parte di un’unione civile».

2. Ciascuna delle parti di un’unione civile può, sussistendone i presupposti richiesti dalla legge, assumere la tutela, la curatela o l’amministrazione di sostegno dell’altra parte dichiarata interdetta o inabilitata ai sensi delle norme vigenti, o che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, secondo quando previsto dall’articolo 404 del codice civile.
3. Al primo comma dell’articolo 417 del codice civile, dopo le parole: «dalla persona stabilmente convivente» sono inserite le seguenti: «della parte dell’unione civile».

Articolo 18

(Incapacità o decesso della parte di un’unione civile)

1. In mancanza di precedente volontà manifestata per iscritto dalla parte di un’unione civile, nell’ipotesi di sua incapacità di intendere e di volere, anche temporanea, o di decesso, fatte salve le norme in materia di interdizione e di inabilitazione, tutte le decisioni relative allo stato di salute, o riguardanti l’eventuale donazione di organi, le scelte di natura religiosa, culturale, morale e circa le celebrazioni funerarie, sono prese dall’altra parte dell’unione civile.

Articolo 19

(Partecipazione lavorativa all’impresa dell’altra parte dell’unione civile)

1. All’articolo 230-bis del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Ciascuna delle parti di un’unione civile che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altra parte può rivolgersi al giudice per chiedere il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa. Il giudice si pronunzia ai sensi dei commi primo, secondo e terzo del presente articolo».

Articolo 20

(Conseguenze fiscali dell’unione civile)

1. Le conseguenze fiscali derivanti dall’appartenenza ad un nucleo familiare sono estese alle parti dell’unione civile, sia nelle agevolazioni, sia negli oneri.

Articolo 21

(Conseguenze previdenziali e pensionistiche dell’unione civile)

1. Le conseguenze previdenziali e pensionistiche, ivi compresa la concessione della pensione di reversibilità a favore della parte superstite in caso di morte dell’altra parte dell’unione civile, derivanti dall’appartenenza a un nucleo familiare, sono estese alle parti dell’unione civile, sia nelle agevolazioni, sia negli oneri.

2. In caso di morte di una parte dell’unione civile nel corso dell’anno intercorrente tra la presentazione della domanda unilaterale di separazione ai sensi dell’articolo 9, comma 2, e lo scioglimento dell’unione civile, la parte superstite ha diritto all’erogazione della pensione di reversibilità sino al decorrere del termine previsto per lo scioglimento.

Articolo 22

(Diritti di successione fra le parti dell’unione civile)

1. La condizione di parte dell’unione civile è in tutto equiparata a quella di coniuge per quanto riguarda i diritti e i doveri dei legittimari e quelli derivanti dalla successione legittima.

2. Nel libro secondo del codice civile, ogni riferimento al «coniuge» o ai «coniugi» si considera esteso anche alla parte di un’unione civile o, rispettivamente, alle parti di un’unione civile.
3. Nell’ipotesi in cui una delle parti dell’unione civile succeda all’altra per causa di morte, a titolo universale o a titolo particolare, la sua posizione fiscale è equiparata a quella del coniuge.

Articolo 23

(Risarcimento del danno causato da fatto illecito da cui è derivata la morte di una delle parti dell’unione civile)

1. In caso di decesso di una delle parti dell’unione civile, derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite.

Articolo 24

(Militari e forze dell’ordine)

1. Gli esoneri, le dispense, le agevolazioni e le indennità riconosciuti ai militari in servizio o agli appartenenti alle forze dell’ordine, in ragione dell’appartenenza ad un nucleo familiare, sono estesi anche alle parti di un’unione civile.

Articolo 25

(Inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare)

1. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, le parti di un’unione civile.

Articolo 26

(Inserimento in graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati)

1. Nel caso in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza per l’inserimento in graduatorie occupazionali o in categorie privilegiate di disoccupati, tali diritti sono estesi, a parità di condizioni, anche alle parti di un’unione civile.

Articolo 27

(Diritti derivanti dal rapporto di lavoro)

1. Le parti di un’unione civile godono di tutti i diritti, facoltà e benefici previdenziali e assistenziali o comunque connessi al rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, o alla sussistenza di un’attività di lavoro autonomo, previsti a favore dei coniugi o del coniuge del lavoratore, da norme di legge, da regolamenti, dalla contrattazione collettiva, dai contratti individuali o atipici e da qualsivoglia normativa che regoli i predetti rapporti.

2. La parte di un’unione civile è considerata tra i carichi di famiglia ed è a tal fine del tutto equiparata al coniuge.

CAPO II

DELLE UNIONI DI MUTUO AIUTO

Articolo 28

(Unione di mutuo aiuto)

1. Due o più persone maggiorenni, di seguito denominate «parti dell’unione di mutuo aiuto», possono contrarre tra loro un’unione di mutuo aiuto, per regolare gli aspetti personali e patrimoniali della propria vita in comune.

Articolo 29

(Divieto di discriminazione e trattamento dei dati personali delle parti dell’unione di mutuo aiuto)

1. Lo stato di parte di un’unione di mutuo aiuto non può essere motivo o fonte di discriminazione in qualunque settore della vita pubblica e privata.

2. Il trattamento dei dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche deve avvenire conformemente alla normativa prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, garantendo il rispetto della dignità degli appartenenti all’unione. I dati personali contenuti nelle certificazioni anagrafiche non possono costituire elemento di discriminazione a carico delle parti dell’unione di mutuo aiuto.

Articolo 30

(Istituzione del registro delle unioni di mutuo aiuto)

1. Presso l’ufficio dello stato civile di ogni comune è istituito il registro delle unioni di mutuo aiuto.

2. Il sindaco, o un suo delegato, provvede alle registrazioni, alle annotazioni ed alle variazioni delle unioni nel registro di cui al comma 1, ai sensi della presente legge.

Articolo 31

(Certificazione dello stato di unione di mutuo aiuto)

1. L’unione civile è certificata dal documento di «stato di unione di mutuo aiuto». Detto documento contiene i dati anagrafici delle parti dell’unione di mutuo aiuto, l’indicazione della residenza e le eventuali disposizioni di ordine patrimoniale dalle stesse parti stabilite.

Articolo 32

(Condizioni e procedure per la certificazione dello stato di unione di mutuo aiuto)

1. L’unione di mutuo aiuto è certificata dall’ufficiale di stato civile, il quale è tenuto a tale adempimento previo controllo formale della sussistenza dei requisiti indicati all’articolo 28, nonché dell’assenza di cause impeditive di cui all’articolo 34.

2. L’ufficiale di stato civile provvede, contestualmente agli adempimenti di cui al comma 1, a registrare l’unione di mutuo aiuto nel registro di cui all’articolo 30.
3. L’ufficiale dello stato civile effettua le annotazioni o le variazioni conseguenti alle dichiarazioni nel registro entro dieci giorni dalla loro ricezione.
4. A richiesta dell’interessato, l’ufficiale dello stato civile dà atto delle iscrizioni nel registro delle unioni di mutuo aiuto.

Articolo 33

(Imposte di certificazione)

1. Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti, anche giudiziari, relativi ai procedimenti derivanti dall’applicazione della presente legge sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

Articolo 34

(Cause impeditive della certificazione dello stato di unione di mutuo aiuto)

1. Sono cause impeditive alla certificazione dello stato di unione di mutuo aiuto di cui all’articolo 32, per la sola persona interessata dalla causa impeditiva:

a) la sussistenza di un vincolo matrimoniale in atto ovvero del vincolo derivante da un’unione civile;

b) la sussistenza del vincolo derivante da un’altra unione di mutuo aiuto;
c) la minore età della parte, salvi i casi di autorizzazione del tribunale ai sensi dell’articolo 84 del codice civile;
d) l’interdizione della parte, per infermità di mente. Se l’istanza di interdizione è stata soltanto promossa, la certificazione dello stato di unione di mutuo aiuto non può avere luogo, relativamente alla parte interessata, finché la sentenza che ha pronunziato sull’istanza non sia passata in giudicato.
2. La sussistenza di una delle cause impeditive di cui al presente articolo comporta la nullità della certificazione dello stato di unione di mutuo aiuto di cui all’articolo 32, limitatamente alla parte interessata dalla causa impeditiva.

Articolo 35

(Convenzioni delle parti dell’unione di mutuo aiuto in materia patrimoniale)

1. Con dichiarazione resa all’ufficiale dello stato civile al momento della richiesta di iscrizione delle parti dell’unione di mutuo aiuto nel registro di cui all’articolo 30, o con convenzione stipulata per atto pubblico, anche successivamente, ed annotata nel medesimo registro da parte dell’ufficiale dello stato civile, su loro istanza, le parti dell’unione di mutuo aiuto possono stabilire le disposizioni di ordine patrimoniale che ritengano opportune, al fine di regolare la propria convivenza. Tali disposizioni possono essere modificate in qualunque momento nel corso dell’unione di mutuo aiuto, con atto stipulato nella medesima forma.

2. In assenza di tali specifiche disposizioni, si presume, salvo prova contraria, che le parti dell’unione di mutuo aiuto contribuiscano equitativamente ai bisogni ed alle spese comuni, in proporzione alle risorse individuali.
3. Sono in ogni caso nulle le disposizioni di ordine patrimoniale contrarie alla legge, nonché quelle pregiudizievoli dei diritti dei terzi in buona fede.

Articolo 36

(Conseguenze fiscali dell’unione di mutuo aiuto)

1. Le conseguenze fiscali derivanti dall’appartenenza ad un nucleo familiare sono estese alle parti dell’unione di mutuo aiuto, sia nelle agevolazioni, sia negli oneri.

Articolo 37

(Estinzione dell’unione di mutuo aiuto)

1. L’unione di mutuo aiuto può estinguersi in ogni momento, attraverso una dichiarazione consensuale che i partecipanti rendono all’ufficiale di stato civile, nella quale possono altresì prevedere disposizioni in ordine alla divisione dell’eventuale patrimonio comune.

2. Ciascuna parte dell’unione di mutuo aiuto può recedervi unilateralmente, in ogni momento, mediante dichiarazione resa per atto pubblico all’ufficiale dello stato civile, il quale provvede alla relativa annotazione nel registro di cui all’articolo 30, unitamente all’annotazione delle convenzioni di ordine patrimoniale eventualmente stabilite dalle parti dell’unione di mutuo aiuto, in ragione della cessazione del vincolo derivante dall’unione, in capo alla sola parte recedente.
3. L’unione di mutuo aiuto si estingue altresì in seguito alla morte di tutte le parti.

Articolo 38

(Certificazione della cessata unione di mutuo aiuto)

1. Della estinzione dell’unione di mutuo aiuto ai sensi dell’articolo 37 è dato atto dall’ufficiale di stato civile con autonoma certificazione, che individua anche il periodo per il quale si è protratta tale unione e le eventuali disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 37, nonché con apposita annotazione nel registro delle unioni di mutuo aiuto di cui all’articolo 30. A tali adempimenti l’ufficiale dello stato civile provvede entro dieci giorni su istanza di chiunque ne abbia interesse, anche relativamente all’ipotesi di recesso unilaterale dall’unione, ai sensi del comma 2 dell’articolo 37.


Articolo 39

(Effetti dell’estinzione rispetto alla casa comune)

1. Salvo patto contrario, in seguito all’estinzione dell’unione di mutuo aiuto ai sensi del comma 1 dell’articolo 37, alle parti che non siano titolari della casa presso la quale si è svolta la convivenza sino al momento dell’estinzione dell’unione, è concesso un termine non inferiore a tre mesi dalla data di estinzione dell’unione, per abbandonare la medesima casa.

2. Salvo patto contrario, nel caso di decesso della parte titolare della casa di cui al comma 1, alle altre parti dell’unione di mutuo aiuto è concesso un termine non inferiore a sei mesi dal decesso del titolare, per abbandonare la medesima casa.
3. Salvo patto contrario, nel caso di decesso della parte locataria della casa di cui al comma 1, le parti dell’unione di mutuo aiuto succedono nel contratto di locazione, ai sensi dell’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, come modificato dall’articolo 44 della presente legge. Le situazioni di contitolarità delle parti dell’unione di mutuo aiuto, nel diritto a succedere nel contratto di locazione della casa di cui al comma 1, stipulato dal premorto, in qualità di conduttore, sono regolate di comune accordo dalle parti medesime. Qualora sia impossibile pervenire ad un accordo tra le parti, le controversie in ordine alla titolarità del diritto a succedere nel contratto di locazione della casa di cui al comma 1 sono risolte in sede giudiziale, ovvero di arbitrato. La risoluzione giudiziale può stabilire un congruo indennizzo a favore delle parti dell’unione di mutuo aiuto maggiormente pregiudicate rispetto alle altre in ragione dell’estinzione dell’unione medesima.

Articolo 40

(Compensazione economica in ragione del lavoro prestato, in seguito ad estinzione o recesso unilaterale dall’unione di mutuo aiuto)

1. Nel caso di estinzione dell’unione di mutuo aiuto ai sensi del comma 1 dell’articolo 37, ovvero nel caso di recesso unilaterale dall’unione, la parte che abbia prestato il proprio lavoro, anche domestico in favore delle altre o di una sola di esse, in assenza di congrua retribuzione, in maniera tale da determinare un arricchimento ingiusto dei beneficiari o del beneficiario, ha diritto ad esigere da essi una compensazione economica. Tale compensazione è stabilita di comune accordo dagli interessati, ovvero, in assenza di accordo, in sede giudiziale od arbitrale, tenendo conto delle seguenti componenti:
a) eventuali convenzioni, stabilite previamente dalle parti dell’unione di mutuo aiuto;

b) la durata dell’unione di mutuo aiuto;
c) le risorse economiche delle parti interessate;
d) la qualità e l’entità del lavoro prestato.

Articolo 41

(Diritto agli alimenti in caso di estinzione dell’unione di mutuo aiuto per morte di una delle parti)

1. Nel caso di estinzione dell’unione di mutuo aiuto ai sensi del comma 1 dell’articolo 37, in ragione della morte di una delle parti, le altre parti che nell’anno precedente all’estinzione erano state mantenute in misura totale o parziale dal premorto, e che versino in stato di bisogno, non essendo in grado di provvedere al proprio mantenimento, hanno diritto agli alimenti per un periodo non inferiore a due anni. L’obbligo alimentare grava sugli eredi del premorto, nella misura e secondo le modalità pattuite tra i beneficiari e gli obbligati. Quando tuttavia non sia possibile pervenire a tale accordo, la misura e le modalità della prestazione alimentare è stabilita in sede arbitrale o giudiziale. Per la determinazione della misura degli alimenti, il giudice tiene conto dei criteri di cui all’articolo 438 del codice civile.

2. Non sussiste il diritto agli alimenti di cui al comma 1, qualora esso sia stato previamente escluso dalle parti dell’unione di mutuo aiuto, mediante apposita dichiarazione, annotata in margine all’atto di registrazione, anche successivamente alla costituzione dell’unione di mutuo aiuto.

CAPO III

DISPOSIZIONI FINALIDI  COORDINAMENTO

Articolo 42

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 307, il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto, della parte dell’unione civile o di una parte dell’unione di mutuo aiuto».
b) all’articolo 384, il primo comma è sostituito dal seguente:
«Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo, un prossimo congiunto, la parte dell’unione civile o una parte dell’unione di mutuo aiuto, da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore».

Articolo 43

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. All’articolo 35 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: «che sono tra loro coniugi,» sono inserite le seguenti: «parti di un’unione civile o parti di un’unione di mutuo aiuto,»;

b) nella rubrica le parole: «o coniugio» sono sostituite dalle seguenti: «coniugio, stato di unione civile, stato di unione di mutuo aiuto».

2. All’articolo 36 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera a), dopo le parole «del coniuge» sono inserite le seguenti: «, della parte dell’unione civile o di una parte dell’unione di mutuo aiuto»;

b) al comma 1, lettera b), le parole: «o del coniuge» sono sostituite dalle seguenti: «, del coniuge, della parte dell’unione civile o di una parte dell’unione di mutuo aiuto»;
c) al comma 1, lettera f), le parole: «o del coniuge» sono sostituite dalle seguenti: «, del coniuge, della parte dell’unione civile o di una parte dell’unione di mutuo aiuto»;
d) al comma 2, dopo le parole: «di coniugio», sono inserite le seguenti: «, stato di unione civile o stato di unione di mutuo aiuto».

3. All’articolo 199 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, il primo periodo è sostituito dal seguente:
«I prossimi congiunti, la parte dell’unione civile o le parti dell’unione di mutuo aiuto dell’imputato o di uno dei coimputati del medesimo reato, possono astenersi dal deporre.»;
b) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, delle parti dell’unione civile e delle parti dell’unione di mutuo aiuto».

Articolo 44

(Modifiche alla legge 27 luglio 1978, n. 392, in ordine alla successione nel contratto di locazione)

1. Il primo comma dell’articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, è sostituito dal seguente:

«In caso di morte del conduttore gli succedono nel contratto il coniuge, la parte dell’unione civile, le parti dell’unione di mutuo aiuto, gli eredi ed i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi».

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