Proposta di legge n. 162 del 9 maggio 1996

«Introduzione dell’articolo 9-bis della legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di interruzione di gravidanza»

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa del deputato CORLEONE

Introduzione dell’articolo 9-bis della legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di interruzione di gravidanza

Presentata il 9 maggio 1996

PROGETTO DI LEGGE - N. 162

Onorevoli Colleghi!

La presente proposta di legge, che nel 1989 è stata presentata al Senato e nella XII legislatura alla Camera, è ora riproposta.

Alle ragioni fondamentali che ne avevano motivato l’elaborazione a dieci anni dall’introduzione della legge n. 194 del 1978, cioè la reale tutela delle garanzie per la donna, si aggiunse all’inizio della precedente legislatura con il Governo Berlusconi, la necessaria iniziativa, anche di ordine legislativo, in opposizione ad orientamenti di governo che manifestarono la volontà di negare il diritto all’aborto.

La seguente proposta di legge prevede l’inserimento delle disposizioni sull’obiezione di coscienza all’interno della legge n. 194 del 1978, al fine di garantire la effettiva e piena funzionalità dei servizi di fisiopatologia della riproduzione. In altri termini, vuole impedire la cosiddetta obiezione di struttura che, laddove si è determinata, ha risposto sì al diritto individuale di obiezione nei confronti della interruzione di gravidanza ma ha anche contrapposto la responsabilità del servizio alle finalità della legge. Ciò è stato reso possibile anche in ragione dei limiti costitutivi della legislazione introdotta nel 1978, che sotto molti aspetti evidenzia un impianto giuridico debole rispetto alle finalità generali della legge e in primo luogo in ordine all’obbligo di garantire comunque la possibilità dell’effettuazione dell’interruzione di gravidanza. Tali limiti, normativi e di applicazione della legge, derivano dalla falsa prospettiva secondo cui il problema era e rimane rappresentato dall’aborto di Stato e non invece dal pieno e definitivo riconoscimento di un diritto di libertà.

I dati relativi alle interruzioni di gravidanza in Italia, secondo una tendenza costante dall’inizio degli anni ‘80 ad oggi, privano di fondamento la tesi secondo cui l’aborto sia strumento di contraccezione e di controllo delle nascite. Tesi che è comune alle contestazioni più radicali nei confronti della legislazione in materia di interruzioni di gravidanza e, dunque, alle ipotesi di revisione in senso restrittivo della normativa vigente. Tale tesi è estranea alle finalità ed al dettato della legge n. 194 del 1978, mentre al contrario molti e complessi sono i problemi di applicazione della normativa nelle strutture pubbliche.

La posizione espressa dal Vaticano nella Conferenza internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo dell’ONU (Il Cairo, settembre 1994) ha contestato esplicitamente la versione originaria del documento finale che invitava a prestare assistenza alla interruzione della gravidanza «senza limiti o alcuna restrizione», vincolando ogni valutazione in ordine alla politica demografica e sviluppo alla sfera della responsabilità nell’area della sessualità umana. La posizione più intransigente e più vicina alle tesi sostenute dalla Chiesa cattolica alla Conferenza dell’ONU, analoga a quella del mondo islamico, fu espressa dal Governo italiano. L’Italia aderì ad una linea che ha scelto l’aborto come elemento di conflitto con i paesi occidentali e per un diverso ruolo della Chiesa nel nuovo sistema di relazioni internazionali. Obiettivi legittimi per la Chiesa cattolica ma incompatibili con la tradizionale collocazione internazionale dell’Italia.

 

Che sia del tutto immotivata una revisione in senso restrittivo della normativa in materia di interruzioni di gravidanza, che l’introduzione della legge n. 194 del 1978 non abbia favorito l’aborto, è dimostrato dalla realtà; sia che si tenga conto dei valori assoluti, sia che si prendano in esame i dati analitici. Citiamo, a tale proposito, i dati più recenti, contenuti nella Relazione del Ministro della sanità relativa ai dati preliminari del 1994 ed a quelli definitivi del 1993. In base ai dati preliminari, le interruzioni volontarie di gravidanza nel primo semestre 1994 sono stimate in 143.344, con una riduzione del 5 per cento rispetto al 1993 (155.172).

 

È la conferma, come già sottolineato, della costante diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza, sia in valori assoluti sia considerando il tasso di abortività: dal 1983 al 1992 siamo a -33,7 per cento in valori assoluti, a -36,7 per cento per quanto riguarda il tasso di abortività. Con un tasso di abortività intorno al 10 per cento (- 4,8 per cento rispetto al ‘93) l’Italia è nelle posizioni più basse fra i paesi occidentali, CEE e dell’Est europeo.

L’obiezione di coscienza che in molte strutture ospedaliere si è tradotta, nel caso in cui tale scelta sia stata prevalente, in obiezione di struttura permane a livelli molto elevati e insostenibili, in carenza della normativa vigente, per l’applicazione della legge nelle strutture pubbliche. La Relazione preliminare per il 1994 indica una percentuale di obiezione fra i ginecologi del 63,1 per cento, del 52,1 per cento per gli anestesisti e del 48,3 per cento nel personale paramedico. Ma in alcune regioni o essenziali aree metropolitane i livelli di obiezione arrivano all’80 per cento. È evidente che in tali casi il fenomeno di diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza nelle strutture pubbliche non dà garanzia circa analoghi progressi nella lotta all’aborto clandestino: l’AIED, alla fine degli anni ottanta, stimava in almeno 150 mila i casi in questione. Una tendenza che non è stata modificata, considerando le difficoltà e gli ostacoli opposti in questi anni ad una seria e moderna politica della contraccezione.

Con la presente proposta di legge intendiamo affermare il principio che l’interruzione di gravidanza, essendo un intervento previsto dalla legge, deve essere comunque garantita. Il problema non è, quindi, aprire un contenzioso con il mondo cattolico, bensì mantenere la salvaguardia della loro obiezione morale nel rispetto del diritto di chi chiede ad una struttura pubblica l’applicazione di una legge vigente. Con questa proposta di legge abbiamo inteso anche dare una risposta ai medici non obiettori, che in questi anni sono stati oggetto di dure polemiche e di pesanti esclusioni e discriminazioni professionali.

L’articolo unico della proposta di legge prevede l’inserimento delle disposizioni sull’obiezione di coscienza all’interno della legge n. 194 del 1978 mediante l’aggiunta di un articolo 9-bis.

Il comma 1 di tale articolo prevede l’istituzione di un servizio di fisiopatologia della riproduzione (con competenze in materia di contraccezione, diagnosi prenatale, pap-test e sterilizzazione oltre che di interruzione volontaria di gravidanza) ed affida la responsabilità di questo ad un medico non obiettore.

Il comma 2 ipotizza le conseguenze dell’obiezione di coscienza del medico responsabile del servizio di fisiopatologia della riproduzione.

Il comma 3 stabilisce che il suddetto servizio debba essere garantito anche con la mobilità del personale, che deve essere non obiettore almeno nella misura del 50 per cento.

 

Il comma 4 definisce le figure professionali che possono avanzare la domanda di obiezione di coscienza.

 

Il comma 5 fa divieto della cosiddetta obiezione di struttura.

PROPOSTA DI LEGGE

Articolo 1

  1. Dopo l’articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è inserito il seguente:
    1. Al fine di garantire l’applicazione della legge, senza alcuna discriminazione, gli ospedali pubblici, nel caso in cui la divisione di ostetricia e ginecologia sia diretta da un primario che ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi del comma 2, devono istituire un servizio di fisiopatologia della riproduzione. Tale servizio, oltre a svolgere i compiti specifici delle divisioni di ostetricia e ginecologia, assicura la realizzazione dei programmi connessi all’interruzione volontaria della gravidanza e le finalità della legge. La responsabilità di tale servizio è affidata ad un medico con la specializzazione in ginecologia e ostetricia con funzione apicale, che non abbia sollevato obiezione di coscienza.
    2. L’eventuale obiezione di coscienza, che fosse sollevata dal medico responsabile del servizio, di cui al comma 1, è considerata a tutti gli effetti di legge come una notifica di dimissioni dall’incarico, se il medico precedentemente non era in organico nella struttura sanitaria; sarà invece considerata come rinuncia all’incarico, e quindi come richiesta di ritorno alle mansioni precedentemente svolte, se il medico era già dipendente della struttura sanitaria.
    3. La possibilità di sollevare obiezione di coscienza è riservata ai medici ginecologi ed alle ostetriche, unici operatori direttamente impegnati nell’intervento operatorio.
    4. La funzionalità del servizio di fisiopatologia della riproduzione è assicurata dalla presenza di personale non obiettore per il quale sono estese in caso di obiezione le disposizioni del comma 2. La funzionalità del servizio ostetrico e ginecologico dell’ospedale deve essere garantita in ogni caso da un organico medico e paramedico, che almeno per la metà non abbia sollevato obiezione di coscienza.
    5. È fatto obbligo a tutte le strutture di ricovero e cura, convenzionate con il Servizio sanitario nazionale per la ostetricia e ginecologia, di applicare la presente legge relativamente all’interruzione volontaria della gravidanza pena il decadimento della convenzione per il servizio di ostetricia e ginecologia.
  2. Articolo 9-bis