La ricerca scettica di Kurz I

LA RICERCA SCETTICA PUÒ ESSERE APPLICATA ALLA RELIGIONE?

Di Paul Kurtz, scienziato e filosofo americano fondatore e Presidente del CSICOP (Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal) presentiamo un intervento chiarificatore sui rapporti tra la ricerca scientifica e le istanze fideistiche.

La ricerca scientifica

I rapporti tra scienza e religione hanno generato accese controversie. Questo dibattito affonda le sue radici nello storico conflitto fra i sostenitori della ragione e i discepoli della fede. Al giorno d’oggi, un coro di alleluia canta le lodi dell’armonia e del reciproco supporto fra questi due regni o «magisteri». Ho serî dubbi circa tale pretesa reciprocità, ma vorrei mettere a fuoco solo un aspetto della controversia e mi domando: fino a che punto possiamo applicare lo scetticismo alle affermazioni religiose?

 

Con il termine «scetticismo» non mi riferisco alla classica posizione filosofica che nega la possibilità della vera conoscenza. Piuttosto, utilizzo il termine scetticismo per riferirmi alla ricerca scettica. Le due forme di scetticismo sono in contrasto: la prima enfatizza il dubbio e l’impossibilità della conoscenza, mentre la seconda pone l’accento sulla ricerca e sulla possibilità di una conoscenza genuina. Questa seconda forma di scetticismo, che io chiamo «nuovo scetticismo», è la ricerca scettica, essenziale in tutti i campi della ricerca scientifica. Quello che intendo è che i ricercatori scientifici formulano ipotesi per spiegare dati e risolvere problemi. I loro risultati sono sperimentali e vengono accettati in quanto derivano da una varietà di evidenze e di predizioni che li confermano, oppure sono compresi in una struttura teorica coerente. Ipotesi credibili vengono adottate in quanto vengono confermate da una comunità di ricercatori e perchè i test che le confermano sono riproducibili. Ipotesi e teorie scientifiche sono soggette ad errori, ed in linea di principio sono aperte ad obiezioni alla luce di successive scoperte e/o in seguito dell’introduzione di nuove teorie di più ampia portata. L’essenziale è che abbiamo raggiunto una solida conoscenza in varie discipline grazie all’applicazione della ricerca scettica.

 

Ora, i problemi fondamentali che sono stati sollevati riguardano l’ambito di applicabilità della ricerca scettica. Esistono ambiti - come quello religioso - ai quali la scienza non può accedere? In particolare, il movimento scettico dovrebbe estendere la sua ricerca alle questioni religiose? Alcuni influenti scettici ritengono che non dovremmo. A mio parere, invece, i ricercatori scettici devono assolutamente occuparsi delle affermazioni religiose. Ciò nondimeno, ritengo che né lo CSICOP, né lo Skeptical Inquirer dovrebbero occuparsi di affermazioni religiose, o se mai solo in parte. Più avanti nell’articolo spiegherò meglio la ragione di queste mie affermazioni, forse contraddittorie e sorprendenti.

 

La scienza ha sempre avuto i suoi oppositori, i quali hanno sostenuto che questa o quell’area degli interessi umani non è approcciabile da parte dell’indagine scientifica. A suo tempo, fu sostenuto che gli astronomi non avrebbero mai conosciuto le profondità dell’universo (August Comte), l’intima natura dell’atomo (John Locke), o la coscienza umana (Henri Bergson). Alcuni oppositori hanno sostenuto che non si possa avere una visione scientifica di questa o quella esperienza umana, come politica, economia, fenomeni sociali, etica, arte, psicologia umana, sessualità, sentimento. Io credo che non possiamo porre dei limiti a priori alla ricerca; non dobbiamo sminuire la capacità dei ricercatori scientifici di spiegare il comportamento o di estendere le frontiere della ricerca verso nuove aree.

Può esistere una scienza della religione?

Alcuni hanno sostenuto che i fenomeni religiosi - le questioni di fede - sono interamente al di là della conoscenza scientifica; ma ciò è sicuramente falso, perché lo studio scientifico della religione ha compiuto grandi passi, sicché oggi è disponibile una vasta letteratura. Noi possiamo parlare di religione in almeno due sensi. Nel primo, la religione è una forma di comportamento umano, che può e deve essere studiata; nel secondo senso, ci si riferisce a qualcosa di trascendente, cioè che trascende l’esperienza umana o la ragione.

 

Occupiamoci della religione nel primo senso. Il comportamento religioso è stato indagato da diverse discipline. Gli antropologi effettuano studi comparativi sulle religioni primitive, esaminando preghiere, rituali, riti di passaggio, ecc. I sociologi hanno studiato gli aspetti istituzionali del comportamento religioso, come il ruolo del clero nella società, fin da quando William James, psicologo della religione, ha studiato la varietà delle esperienze religiose, come il misticismo, l’estasi, il parlare in lingue sconosciute, l’esorcismo, ecc. Questi studiosi si sono domandati: la religiosità ha basi genetiche o ambientali? Altri si sono occupati dei correlati neurologici della pietà e altri ancora hanno tentato di misurare l’efficacia delle preghiere.

 

Si può considerare la religione, inoltre, in un contesto storico o contemporaneo. Si è prestata molta attenzione all’analisi storica degli assunti religiosi, soprattutto perché le grandi religioni classiche sono basate su antichi documenti (il Vecchio e Nuovo Testamento ed il Corano), ed anche alcune delle nuove (come il Libro dei Mormoni del XIX secolo). Questi testi sostengono che certi eventi (miracoli e rivelazioni) si sono verificati in passato, il che è alla base del credo religioso odierno; spesso si sostiene che quel credo è una questione di fede.

 

Vorrei rispondere che il metodo scientifico è stato impiegato per lo studio storico di questi supposti eventi. Gli archeologi ricercano dati a sostegno da fonti indipendenti, esaminano resoconti del tempo, scritti o orali, (per esempio confrontando i Rotoli del Mar Morto con il Nuovo Testamento). Nel campo del «criticismo biblico» o del «criticismo coranico» si sono usate le migliori tecniche accademiche, le prove storiche, nonché l’analisi testuale e linguistica, per valutare l’accuratezza storica di tali affermazioni.

 

Le affermazioni sul paranormale sono simili a quelle religiose, in quanto entrambe pretendono di essere eccezioni alle leggi naturali. Gli scettici si sono chiesti: veramente D.D. Home volteggiò fuori dalla finestra e levitò sopra una strada di Londra alla fine del diciannovesimo secolo? Le sorelle Fox ed Eusapia Palladino erano in grado di comunicare con i defunti? Si è così cercato di fornire un’interpretazione naturale per gli strani avvenimenti riferiti. È più facile senza dubbio esaminare affermazioni contemporanee, la cui documentazione sia ancora disponibile, piuttosto che quelle antiche, la cui documentazione può essere frammentaria.

 

Almeno in linea di principio, lo studioso di religione è simile allo studioso del paranormale, in quanto cerca di appurare accuratezza e autenticità di documenti storici. Noi usiamo gli stessi metodi di indagine quando esaminiamo delle normali questioni storiche: Washington attraversò il Delewar? oppure: Thomas Jefferson generò la figlia di Sally Heming? Lo stesso vale per le affermazioni religiose: il Mar Rosso si aprì di fronte agli Ebrei in fuga? Ci fu un diluvio universale, esistette un’arca di Noè? Non vedo come o perché dovremmo dire che queste affermazioni storico-religiose sono immuni dall’indagine scientifica.

 

Pertanto ritengo che, nella misura in cui consideriamo la religione come una forma del comportamento umano, passato o presente, noi possiamo, se scopriamo elementi a favore o documenti storici, tentare di dichiarare autentiche le affermazioni storiche e domandarci se ci furono cause paranormali, occulte o trascendenti, o se sono possibili spiegazioni naturali. Gli argomenti di David Hume contro i miracoli indicano tutte le ragioni per cui dovremmo essere scettici sulle affermazioni degli antichi: perché mancano di adeguata documentazione, perché i testimoni oculari erano di parte, e così via. Elementi che si possono applicare a pretese rivelazioni e miracoli. Affermazioni straordinarie, che violano la naturale legge della causalità, richiederebbero robuste prove. Non vedo come qualcuno possa pretendere che le proprie convinzioni debbano essere immuni dagli standard dello studio storico oggettivo, affermando che esse hanno le proprie basi nella fede. Un esempio a proposito è la cosiddetta Sacra Sindone di Gesù, la Sindone di Torino. L’accurata datazione con carbonio 14, effettuata da tre rinomati laboratori indipendenti, ha dimostrato che il tessuto ha circa 700 anni, ed è quindi probabilmente un falso. Il fatto che i credenti cerchino di difendere le proprie convinzioni, sostenendo la propria fede nella genuinità della Sindone, non la rende comunque autentica. Lo stesso principio si applica alle principali rivelazioni miracolose del passato, sulle quali sostengono di fondarsi le religioni classiche. La forza di un’ipotesi o di una convinzione dovrebbe derivare dalle prove empiriche a favore esistenti e, se le prove sono deboli o lacunose, tale dovrebbe essere anche il loro credito.

 

Le credenze religiose sono profondamente radicate nella storia, nella cultura e nelle istituzioni sociali degli uomini; e si pongono così a monte della scienza, da rendere difficile, se non impossibile, insistere nell’uso degli standard oggettivi della ricerca scettica in modo retrospettivo. Questo soprattutto perché credere in una religione è ben altro che una questione di assenso razionale, dato che la religione ha le proprie radici nell’identità etnica o nazionale; e mettere in discussione il retroterra empirico o razionale delle convinzioni religiose significa scuotere profondamente l’ordinamento sociale.

[ continua ]