La ricerca scettica di Kurz II

Come affrontare il trascendentale?

Esiste un secondo significato della religione, che non è legato al comportamento. Qui il punto fondamentale è l’esistenza di un «regno del trascendentale, del preternaturale, dell’occulto o del paranormale» al di sopra e al di là del mondo naturale. Il naturalista scientifico ritiene che si debbano ricercare cause e spiegazioni naturali per fenomeni paranormali e religiosi, senza mai abbandonare la metodologia scientifica, e che dovremmo testare le prove e le ragioni a favore di tutte le affermazioni.
Possiamo chiederci quale sia il vero valore delle affermazioni teistiche: nel grande dibattito fra teisti e filosofi o scienziati scettici, gli agnostici/non teisti/atei ritengono che i teisti non abbiano adeguatamente suffragato le proprie tesi e che le loro affermazioni siano improbabili o non plausibili. Non riporterò per esteso le classiche argomentazioni o le varie prove addotte.

 

Vorrei però concentrarmi su un punto che è recentemente emerso in letteratura. Questo riguarda una questione precedentemente sollevata dai filosofi analitici circa il significato del «Linguaggio di Dio». Ogni ricerca scientifica presuppone una certa chiarezza sul significato dei termini di base. Il linguaggio religioso deve essere preso alla lettera, in modo descrittivo, o in modo cognitivo? e se sì, siamo pronti ad affermare l’esistenza di «qualcosa di trascendentale, una causa, un creatore, o uno scopo nell’universo»? La maggior parte dei linguisti scettici ha cercato di decostruire il linguaggio religioso ed ha trovato difficile determinare a cosa si riferiscano i termini «Dio», «divinità», o «essere trascendentale». Lo stesso vale per il termine vago e spesso incoerente di «spiritualità», oggi così popolare. Appaiono termini indefinibili anche ai teologi e, quindi prima di dire se Lui, Lei, o Esso esiste, dobbiamo intenderci bene su ciò a cui ci riferiamo. Molto di ciò che si dice su Dio è «non falsificabile», in quanto non c’è modo di confermare o smentire qualunque affermazione sulla sua presenza o esistenza. Parlare di Dio è per definizione difficile o impossibile in quanto trascende ogni possibile esperienza o ragione e si cela in un misterioso regno noumenico. Ci sono di sicuro molte cose che non sappiamo sull’universo, ma definire «divino» quel che non si conosce significa oltrepassare con un balzo di fede ogni ragionevole prova.

 

I linguisti scettici ritengono che per dare un senso al linguaggio religioso dobbiamo ammettere che abbia altre funzioni non descrittive o non cognitive. Esso non ci trasmette verità sul mondo (in competizione con la scienza o la normale esperienza), ma è evocativo, espressivo o emotivo, oppure, in un contesto sociale, è rappresentativo e celebrativo, oppure è un linguaggio morale che impone degli obblighi, oppure ha un significato poetico metaforico. Così, ciò che si dice di Dio consisterebbe innanzitutto in una forma di poesia sociale e morale. Se così è, allora la religione non ci dona la conoscenza della verità, ma esprime piuttosto un sentimento e un atteggiamento.

 

Non mi riferisco alla verità storica della pretesa resurrezione di Gesù, né all’incontro di Joseph Smith con l’angelo Mormon e neppure al colloquio di Maometto con Gabriele - queste sono concrete affermazioni storiche e in linea di principio si possono affrontare con criterio empirico e razionale ed hanno un qualche contenuto di esperienza (anche se le prove sono frammentarie ed incomplete); mi riferisco invece alla «divinità» vista al di fuori della storia come essere trascendentale o realtà spirituale. È quest’ultima che è incomprensibile per definizione.

 

Così la religione non dovrebbe competere con la scienza nel descrivere e spiegare i processi naturali dell’universo. La scienza affronta con una certa efficacia queste questioni, la religione no. Affermare di credere nella teoria dell’evoluzione e affermare ancora che l’anima umana è un’eccezione ai principi dell’evoluzione perché è creata da una divinità è una illegittima intrusione di una causa occulta. Allo stesso modo, cercare di porsi al di là della teoria del big bang in campo scientifico, postulando un creatore, significa balzare al di là delle prove dimostrabili. Affermare che questo sia giustificato dalla fede è, a mio giudizio, arbitrario - La posizione più idonea a questo proposito è quella agnostica.

 

In ultima analisi, religione e scienza sono differenti forme di comportamento umano e hanno differenti funzioni. Possiamo domandarci, allo stesso modo, che relazione ci sia tra scienza e sport, o tra scienza e musica. Ci sono diverse forme di esperienza, che giocano ruoli diversi nel comportamento umano. Di certo sport e musica non competono nella ricerca della verità. In questo senso la religione non deve essere considerata vera o falsa, ma evocativa, espressiva, edificante, rappresentativa, buona o cattiva, bella o brutta, socialmente unificante o dirompente. Storicamente, le affermazioni religiose sono state prese per vere, ma si era in epoche prescientifiche, basate sul mito e sulla metafora, la metafisica e le speculazioni, e non erano considerate affermazioni da provare. Così non ci si può appellare alla verità religiosa per contestare i dati scientifici.

 

Vorrei aggiungere che io non credo che l’etica abbia affatto necessità di basarsi sulla fede religiosa. Anche sostenere che il ruolo principale o esclusivo della religione è nel campo della morale (o simili) è altrettanto discutibile, in particolare se esaminiamo le specifiche prescrizioni etiche su morale sessuale, divorzio, aborto, eutanasia, ruolo delle donne, pena capitale, ecc. E non è tutto, visto che le religioni spesso entrano in violento contrasto su una quantità di principî morali. Io credo che esistano alternative basate sull’uomo e motivazioni razionali per un giudizio etico, parzialmente fondate sulla conoscenza scientifica, ma questo è argomento per un prossimo articolo.

Ricerca scettica e religione

Il punto chiave che voglio evidenziare è: i ricercatori scettici dovrebbero porre in discussione i principali dogmi religiosi? Sono in gioco questioni teoriche e di prudenza. Non vedo ragioni teoriche in contrario, ma possono esserci considerazioni pratiche. Per esempio, ci vuole un notevole coraggio oggi come in passato (specialmente in America!) per criticare la religione. Uno può contestare liberamente i sostenitori del paranormale, i medium, i sensitivi, le terapie alternative, gli astrologi e gli ipnoterapisti del passato, ma mettere in discussione i riveriti personaggi della religione è altra questione: per questo si rischia ancora l’accusa di blasfemia ed eresia; questo può nuocere alla carriera e alla vita di una persona - come esplicitamente dimostra il caso di Salman Rushdie.

 

La storia illustra l’esitazione degli scettici ad applicare il proprio scetticismo alle questioni religiose. Nell’antica Roma, Sesto Empirico, autore degli Schizzi Pirroniani difese la sospensione del giudizio su temi di metafisica, filosofia ed etica. Egli riteneva che fossero impossibili sia una vera conoscenza della realtà, sia giudizi etici. Non affermò e non negò l’esistenza degli Dei, mantenendosi neutrale. Non essendoci conoscenza possibile, Pirrone sosteneva che adeguarsi ai costumi e alla religione della propria epoca fosse la condotta più saggia da seguire. Il grande scettico Hume invitò l’amico Adam Smith a pubblicare la sua opera iconoclastica Dialoghi sulla Religione Naturale dopo la sua morte (1776), ma Smith rifiutò di farlo. Un nipote di Hume, David, provvide alla pubblicazione postuma. L’autore francese Pierre Bayle (1647 - 1706) sostenne forse il più risoluto scetticismo del suo tempo. Nel suo Dizionario Storico - Critico, Bayle espose una feroce accusa contro le teorie prevalenti del tempo, riscontrando in esse molte contraddizioni. Fu profondamente critico delle assurdità religiose. Egli sostenne che gli atei possono essere più morali dei Cristiani e che la religione non necessariamente forniva le basi per una condotta etica… Ciononostante, Bayle si professò Cristiano e Calvinista, sulla base della sola fede, senza alcuna prova a favore - cosa questa nota come fideismo. Veramente Bayle era di questa opinione, o il fideismo fu solo un artificio per proteggere la propria reputazione e sicurezza?

 

Credo che questa forma di fideismo sia illegittima se non irrazionale da un punto di vista teorico. Infatti, se come ricercatori scettici possiamo accettare solo credenze basate su prove e ragionamento, e ci sono scarse o nessuna prova, per quale ragione non dovremmo sospendere il giudizio? O forse siamo giustificati se compiamo un balzo di fede? Se si compie questo balzo di fede, uno può chiedere: su quali basi? Se una persona ha diritto a scegliere di credere in ciò che vuole, soltanto o principalmente in base alle proprie opinioni e preferenze, allora «tutto va». Ma questo principio di anarchismo epistemologico può essere usato per stravolgere l’indagine onesta (questa argomentazione implica che se noi non abbiamo gli stessi gusti, abbiamo il diritto di non credere). Possiamo domandarci se siano generalizzabili le regole epistemologiche e, se sì, se possiamo applicarle al campo del paranormale. E allora: qualcuno ha diritto di credere ai rapimenti degli UFO, agli angeli o ai demoni, sulla base delle proprie opinioni e della fantasia? La replica degli scettici sul paranormale è che dove c’è una prova per risolvere la questione non abbiamo giustificazioni per credere; anche se in democrazia non abbiamo il diritto di pretendere che gli altri condividano il nostro scetticismo.

 

Tuttavia è un dato di fatto che chi crede nelle religioni tradizionali non lo fa per sola fede, ma si basa anche su prove razionali. E un’autorità come Giovanni Paolo II ha sostenuto lo stesso nella recente enciclica Fides et Ratio. In essa, il Papa condanna sia fideismo sia ateismo. Egli attacca le fedi ingenue «negli UFO, nell’astrologia e nella New Age». Egli critica l’«esagerato razionalismo» e il pragmatismo da una parte e il postmodernismo dall’altra, ma condanna anche l’esclusiva fiducia nella fede. Il Papa sostiene che la ragione e la ricerca scientifica supportano e non contrastano la fede nella rivelazione Cristiana e la dottrina Cattolica. Gli scettici possono condividere la difesa della ragione e della ricerca scientifica condotta dal Papa, ma dubitano queste supportino le sue convinzioni.

 

Così, a mio avviso, l’acquiescenza degli scettici di fronte alla razionalizzazione delle convinzioni fideiste è profondamente sbagliata. Allo stesso modo, in risposta a quei teisti che sostengono ci siano prove e ragioni sufficienti per le loro convinzioni, i ricercatori scettici non dovrebbero semplicemente ignorare le loro affermazioni, dicendo che sono al di là della possibilità di conferma scientifica, ma dovrebbero prenderle in considerazione. Poiché il carico della prova è sempre di chi fa un’affermazione, i ricercatori scettici possono avversare sia i fideisti, sia chi adduce prove parziali in campo religioso, se si ritiene che non abbiano supportato sufficientemente le proprie posizioni.

 

Conclusioni

In fin dei conti, porrei termine a questa controversia affermando che i ricercatori scettici e gli scienziati dovrebbero occuparsi delle affermazioni religiose. Non farlo significa evitare un’area importante del comportamento e degli interessi umani ed è un gesto irresponsabile. In verità, una delle ragioni per cui le credenze sul paranormale sono oggi così diffuse è che le credenze religiose non vengono esaminate criticamente nel pubblico mercato delle idee.

 

Come ho detto, tuttavia, non credo che il CSICOP o lo Skeptical Inquirer debbano trattare argomenti religiosi, se non incidentalmente. Ma le mie ragioni sono pragmatiche, non teoriche. È semplicemente una questione di divisione del lavoro. A noi mancano le risorse e l’esperienza per mettere a fuoco l’intero ambito delle questioni scientifiche riguardanti la religione: archeologia biblica, critica della Bibbia e del Corano, linguistica, psicologia, antropologia, sociologia, le radici genetiche e ambientali della religione, ecc. Tutto ciò ci porterebbe troppo lontano. Noi ci siamo concentrati sulle pseudoscienze e ci siamo specializzati sul paranormale: su questo abbiamo dato un importante contributo. La ricerca scettica, in linea di principio, può applicarsi egualmente a economia, politica, etica e in poche parole a tutti i campi degli interessi umani. Di certo non possiamo soppesare ogni singola affermazione di cui si ha notizia. Le mie ragioni sono eminentemente pratiche.

 

Ma allo stesso tempo non sono d’accordo con chi consiglia prudenza nell’applicare lo scetticismo scientifico in campo religioso. A mio avviso, la scienza non ha un’impalcatura così stretta, tale da potersi applicare solo agli esperimenti di laboratorio; essa deve far propri gli strumenti dell’analisi logica, della ricerca storica e della ricerca razionale. In questo senso io affermo che le affermazioni religiose sono assoggettabili allo studio scientifico e alla ricerca scettica.

 

Uno scienziato può applicare la ricerca scettica, scientifica, nel proprio campo di specialità con notevole competenza, tuttavia può non essere qualificato ad applicare gli stessi criteri della ricerca razionale in altri campi e addirittura può avere un credo religioso privo di prove di supporto. Sebbene la percentuale di non credenti sia superiore fra gli scienziati (si stima il 60%) rispetto alla popolazione generale (forse il 10%), alcuni scienziati non esaminano rigorosamente il loro proprio credo religioso. Possono usare standard rigorosi di ricerca nel proprio particolare campo di competenza, ma gettano al vento ogni precauzione quando entrano nelle questioni di fede.

 

Un ultimo punto: affermare che lo scetticismo ha a che fare solo con il «naturalismo metodologico» e non con il naturalismo scientifico (che assomma in sè la visione del mondo naturalistica e la critica ai balzi di fede teistici/spiritualistici), credo sia profondamente sbagliato. Adottare questa posizione neutrale nell’attuale ambiente culturale significa sottrarsi ad un impegno; infatti, discutibili affermazioni religiose proliferano al giorno d’oggi senza che vengano adeguatamente soppesate da studiosi scettici. Io credo che un maggior numero di ricercatori scettici con le necessarie competenze dovrebbero mettere a frutto le proprie capacità nel campo delle affermazioni religiose… Tale ricerca scettica è estremamente necessaria al giorno d’oggi e potrebbe giocare un ruolo vitale nel dibattito fra religione e scienza.