Il Vangelo secondo la Scienza

Le religioni alla prova del nove
Piergiorgio Odifreddi
Einaudi
1999
ISBN: 
9788806173920

Il saggio passa al microscopio della logica gli aspetti «scientifici» della teologia e quelli «teologici» della fisica e della matematica, per risolvere un problema preciso: quali domande religiose hanno un senso? quali domande sensate ammettono una risposta? Attraverso la decostruzione scientifica delle grandi religioni dell’Oriente e dell’Occidente, lo scienziato approda ad una ricostruzione teologica della scienza e della matematica, indicando una sorprendente via d’uscita dal dilemma tra fede e ragione.

  • «Il buon cristiano dovrebbe stare attento ai matematici e a tutti i falsi profeti. C’è il pericolo che i matematici abbiano stretto un patto col diavolo per annebbiare lo spirito, e mandare l’uomo all’inferno» (Agostino).
  • Il proposito [di queste pagine] è di portare un contributo, sia pur minimale, all’avvicinamento delle due culture, mediante un tentativo di rivisitazione delle problematiche religiose da un punto di vista scientifico.

Torino. 5797 dell’era ebraica, 5099 dell’era induista, 2540 dell’era buddhista, 1997 dell’era cristiana, 1417 dell’era islamica, 153 dell’era baha’i.

  • Non tutte le domande sono sensate, e non tutte le domande sensate ammettono risposta: questo insegna la logica contemporanea e questo è tenuto a ricordare chiunque desidera affrontare qualunque discorso, in particolare quello religioso, da una prospettiva scientifica (9).
  • Nella religione e nella filosofia il terzo livello, quello cioè cosmico, metafisico, trascendente, assoluto, della rivelazione, dell’illuminazione, della contemplazione, dell’estasi e della conoscenza suprema, viene quasi sempre considerato il più elevato e prezioso (17).
  • Poiché la tecnologia è oggi il paradigma culturale dell’Occidente, diventa necessario rivisitare le argomentazioni della teologia naturale e razionale alla luce degli sviluppi della scienza, della matematica e della logica moderne. Questo è ciò che ci accingiamo a fare, sapendo che non potremmo fare di più (22).
  • In principio erano le parole. Per seguire gli sviluppi postmitologici del pensiero cosmologico sarà dunque necessario e sufficiente concentrarsi sull’Occidente. […] Come vedremo, la teologia scolastica tentò di fondarsi sulla ragione, e il razionalismo ricambiò il favore, cercando di fondarsi sulla fede (38).
  • Eresie cosmiche. Il fatto però che la scienza non abbia (ancora) dato risposte definitive al problema della creazione non deve certo essere considerato negativo: le certezze appartengono al regno dei cieli della religione, mentre i dubbi si addicono al regno di questa terra della scienza (51).
  • La teologia negativa. […] Benché avesse precursori storici illustri, la teologia negativa oscillava pericolosamente tra il misticismo e il panteismo, e giocava pericolosamente con il fuoco, sia del rogo che dell’inferno (61).
  • L’Uno. Per mostrare quanto problematico sia mettere in dubbio il principio di realtà, Einstein domandò un giorno a Bohr: «Ma tu credi veramente che la Luna non ci sia, se nessuno la osserva?». La domanda è volutamente provocatoria, perché la Luna è un oggetto macroscopico, e la posizione di Bohr si riferiva invece a oggetti microscopici.
  • Soffi e sbuffi divini. L’anima è, per definizione, il principio della vita interiore e spirituale, inteso come entità indipendente. Essa è un naturale territorio di esplorazione delle religioni e delle teologie, e molte mitologie la fanno risalire ad un intervento diretto della divinità, come ora mostreremo (85).
  • La teoria della reincarnazione, spesso considerata in Occidente come una superstizione, anche (o soprattutto) dai credenti, è in realtà un semplice corollario del dualismo basato sulla materia temporale da una parte, e lo spirito atemporale dall’altra. […] A differenza delle altre grandi religioni, il buddhismo non crede all’esistenza dell’anima. La liberazione dalla sofferenza deve allora passare attraverso lo smantellamento dell’Io e la decostruzione della coscienza, ossia attraverso la morte dell’anima (92).
  • Problemi di coscienza. […] Il cambiamento di tono provocato dalle osservazioni di Schrödinger e Keyserling ci ha riportato con i piedi per terra e ci permette di rivolgere ora l’attenzione al problema dell’anima nella scienza, che preferisce però parlare di mente (98).
  • Anima mundi. Questa concezione [di Jean Guitton in Dio e la scienza] non è che l’ultimo travestimento del cosiddetto Dio Tappabuchi (in inglese God of the gaps), responsabile non tanto dell’ordine manifesto dell’universo, come il Dio della prova teleologica che discuteremo in seguito, quanto piuttosto delle sue rotture.
  • Il Dio Tappabuchi fu introdotto dal fisico Robert Boyle nel secolo XVII, e in seguito è stato variamente e comodamente invocato come la spiegazione di tutto ciò che la scienza lascia ancora inspiegato, dalla stabilità del sistema solare nel Settecento, alla nascita della vita nell’Ottocento (105).
  • Il concetto di anima mundi ha origine nella concezione dell’universo come di un grande organismo dotato di un’anima propria che lo dirige e vivifica. La nozione, introdotta da Platone nel suo esoterico dialogo Timeo, fu ripresa dagli Stoici sotto forma di pneuma, o soffio animatore e annessa dai maghi rinascimentali, da Agrippa a Paracelso, come fondamento della simpatia universale fra le cose del mondo, che permette gli incantesimi e le magie (109).
  • Il Santo Graal della deduzione. Che cosa sia il Santo Graal si sa: è qualcosa di cui non si sa né che cosa sia, né se ci sia. Un oggetto con tali proprietà si presta ovviamente alle più disparate interpretazioni e permette la nascita delle più svariate leggende (113).
  • Il permanere del culto del Santo Graal può sorprendere o scandalizzare soltanto gli uomini di poca fede, i quali dimenticano che nella Cattedrale di Torino viene venerata, ed esibita periodicamente in pompa magna dal suo cardinale, la Sacra Sindone (115).
  • A differenza della Sindone, il Graal affonda le radici del suo mistero proprio nell’evanescente ineffabilità, cioè nell’inesistenza materiale. La ricerca del Santo Graal è dunque divenuta simbolica del percorso di avvicinamento a un oggetto misterioso di indefinita natura spirituale e trascendente, che in profondità non può che coincidere con Dio stesso (115).

Paradossi

  • Diavolerie logiche: questo paradosso del diavolo, il quale è il Mentitore per eccellenza, è il più antico e refrattario fra tutti i paradossi logici (120).
  • Teologia irrazionale. Molteplicemente paradossale: il cristianesimo predica infatti un Dio che si fa uomo, un immortale che diventa mortale, un onnipotente che finisce crocifisso, una sapienza rivolta agli ignoranti, una ricchezza riservata ai poveri, una potenza destinata ai deboli (126).
  • Il risultato di queste premesse è l’ossimoro della teologia ateista, secondo cui si dovrebbe vedere l’essenza dell’incarnazione nel passaggio dal divino all’umano (129).

Dimostrazioni

  • Il 75 per cento della popolazione mondiale, e più del 90 per cento dei credenti, sono sotto l’influsso dell’Enneade, la Trinità delle Trinità delle nove religioni universali:
    1. ebraismo, cristianesimo e islam in Occidente e Medio oriente;
    2. induismo, giainismo e sikhismo in India;
    3. buddhismo, taoismo e confucianesimo in Estremo Oriente (133).

La prova ontologica

  • Anselmo indicava col termine di «insipiente» colui che non crede perché non comprende: oggi diremmo un razionalista ateo (138).
  • La Montecarlo celeste. Pascal inventò quella che, per ironia della sorte, viene oggi chiamata prova morale dell’esistenza di Dio, e che consiste nel far divenire la teologia una bisca in cui si gioca d’azzardo: una scommessa (testa o croce?) sull’esistenza di Dio. […] Volendo cercare di ricostruire razionalmente l’argomento di Pascal, conviene oggi ricondurlo più alla teoria dei giochi che a quella della probabilità (167).
  • La prova ornitologica. […] una provocazione del 1960 di Jorge Luis Borges. […] Come già diceva Cusano dell’universo, ciò che appare infinito a noi può benissimo essere finito in realtà: il che è come dire che forse Dio è un’illusione ottica, e la sua apparenza trascendente e necessaria è solo frutto della nostra natura immanente e contingente. Insomma, Dio potrebbe essere un vero e proprio Figlio dell’uomo (186).
  • Opzioni per il terzo millennio. Il nostro cammino attraverso gli aspetti teologici della scienza e della matematica è giunto al termine. […] La conclusione dell’analisi logica è dunque che non solo non è razionale credere in Dio ma è razionale non credervi (189).
  • Sincretismo. Uno dei motivi più popolari addotti per l’esistenza di Dio, tanto superficiale che non si dovrebbe neppure parlarne, è l’appello al senso comune: «Dio esiste perché lo dicono tutti». […] Questo argomento ad populum è, naturalmente, senza alcun valore probatorio; niente impedisce a una credenza universale di essere falsa (191).
  • Ermeneutica. Religioni ermeneutiche, basate sulla lettura e l’interpretazione diretta della Bibbia, sono l’ebraismo e il protestantesimo (199).
  • In altre parole: nessuna Rivelazione, matematica o teologica, può autogiustificarsi (201).
  • Decostruzionismo. […] Il buddhismo è infatti una religione senza fede, senza dèi, senza anime, senza profeti e senza testi sacri. […] é dunque una religione completamente umanistica, democratica e scientifica: il che spiega l’interesse che ha suscitato in Europa e in America, in tempo recenti (202).
  • Simbolismo. […] Anche la fisica si decostruisce, abbandona la metafisica degli oggetti e riduce la realtà alla sua descrizione formale: non c’è nulla al di là del testo della natura (211).
  • Alla fine del nostro percorso, riscopriamo dunque ciò che già Pitagora sapeva benissimo: che la vera religione è la matematica, e il resto è superstizione. O, detto altrimenti, che la religione è la matematica dei poveri di spirito. L’esperienza matematica si sviluppa attraverso le stesse tappe dell’esperienza mistica; concentrazione, meditazione, illuminazione. Essa può quindi adeguatamente fornire le basi per una religione completamente decostruita, punto d’arrivo finale del percorso di dissoluzione del teismo nell’ateismo (212).
  • In termini più attuali [di quelli di Tommaso d’Aquino]: una teologia basata su un’imperfetta conoscenza degli enti di natura o di ragione produce dèi falsi e bugiardi, e solo su corretti fondamenti scientifici e matematici si può fondare una religione veritiera. Non saremo noi a dissentire, visto che proprio questo ci eravamo prefissi di dimostrare, ovviamente per la maggior gloria di Dio.

 

FINE Q.E.D., A.M.D.G.
[Quod Erat Demonstrandum, Ad Maiorem Dei Gloriam]

L’AUTORE

Piergiorgio Odifreddi (Cuneo, 1950) è professore di Logica presso la Cornell University (Ithaca, NY, USA) e l’Università di Torino; si è formato negli Stati Uniti e in Unione Sovietica. Ha pubblicato studi importanti per varie Università europee e svolge attività pubblicistica su vari quotidiani e periodici, in particolare su La Stampa. Nel 1998 l’Unione Matematica Italiana lo ha insignito del Premio Galileo con la seguente motivazione: «Autore di una vasta opera pubblicistica di divulgazione della Matematica, Piergiorgio Odifreddi si segnala, oltre che per il suo stile improntato a brillante efficacia e rigorosa semplicità, per il suo interesse per i rapporti della Matematica con gli altri aspetti dell’attività umana: arte, musica, letteratura, filosofia, scienze naturali, tecnologia. La sua vasta cultura gli consente così di mettere in luce la “pervasività” della Matematica e di far comprendere al grande pubblico l’importanza del ruolo che essa riveste nell’ambito della civiltà occidentale».

Luciano Franceschetti
Giugno 2000