Trattato di Ateologia

Fisica della metafisica
Michel Onfray
Fazi
2005
ISBN: 
9788881128884

Reduce da un clamoroso successo in Francia (oltre 200.000 copie vendute), il testo di Michel Onfray, fondatore dell’Università popolare di Caen, è stato recentemente pubblicato anche in Italia, dove pure è entrato nelle classifiche di saggistica.

Diamo subito il senso del titolo: con “ateologia” l’autore non intende l’elaborazione di una sorta di “scienza dell’ateismo”, quanto lo «smontare filosoficamente» la teologia. A-teologia, quindi, obiettivo che Onfray sviluppa in tre tappe, proponendosi di decostruire i tre monoteismi, il cristianesimo, le teocrazie. Il volume si rivela dunque, essenzialmente, una critica serrata e spesso irriverente delle pretese delle religioni, attingendo a piene mani all’arsenale argomentativo del pensiero libero, dal De tribus impostoribus ai libertini, dagli illuministi a Nietzsche, fino a Bataille. Tesi non nuove, ma presentate con una verve spigliata e sicura di sé che sicuramente attrarrà chi si avvicina per la prima volta a queste tematiche. L’ironia è sparsa a piene mani, con battute spesso fulminanti: «L’obbedienza si misura bene solo per mezzo di divieti»; «Il monoteismo passa per essere la religione del Libro – ma sembra piuttosto la religione di tre libri che non si sopportano affatto»; «Dio non è morto perché non è mortale. Una finzione non muore».

Nella prima parte Onfray delinea la propria visione storica dell’ateismo che, a suo avviso, comincerebbe solo nel Settecento in Francia, con il Testamento dell’abate Meslier, il primo uomo a negare recisamente l’esistenza di Dio. Se il fatto è innegabile, nondimeno è anche casuale: chissà quante altre imbarazzanti memorie di atei furono fatte sparire nei secoli precedenti. La negazione esplicita di Dio è diventata una via percorribile solo recentemente e la circospezione di molti filosofi del passato è ampiamente giustificata. Si pensi a Giulio Cesare Vanini, del quale Onfray irride il cristianissimo titolo della sua opera maggiore, senza considerare che l’artifizio di scrivere opere fintamente apologetiche, in cui le ragioni della miscredenza venivano contrastate con estrema debolezza, è stato ampiamente praticato nel corso del Seicento (anche Pierre Bayle vi fece ampiamente ricorso: del resto, lo stesso De rerum natura di Lucrezio non comincia forse con un inopinato inno a Venere?).

Il limite di questo testo (tutti i libri hanno limiti: soprattutto quelli sacri!) è che alla pars destruens, che Onfray allarga all’ateismo contemporaneo (giudicato troppo dipendente dai valori religiosi,) non si accompagna alcuna pars construens. Secondo Onfray l’ateismo «non è una terapia, ma una salute mentale recuperata»; sottolineandone «la Filosofia, la Ragione, l’Utilità, il Pragmatismo, l’Edonismo individuale e sociale, cioè sollecitazioni a muoversi sul terreno dell’immanenza pura, per il bene degli uomini, con essi, per essi, e non con Dio o per Dio», Onfray rammenta «l’aspetto solare, affermativo, positivo, libero, forte dell’individuo che si colloca oltre il pensiero magico e le favole». L’istintuale affermazione secondo cui «dirsi ateo è difficile: atei si è chiamati» contrasta però un poco con queste premesse, e ci sarebbe aspettati che l’ultimo capitolo, intitolato Per una laicità postcristiana, non fosse dedicato per tre quarti all’Islam. Per la verità, lo stesso autore sostiene che una diversa etica è di là da concretizzarsi, e che solo «in seguito occorrerà lavorare a un nuovo progetto etico per creare in Occidente le condizioni di una vera morale postcristiana».

Il testo è corredato da una bibliografia ragionata (forse un po’ troppo francofona), ricca di testi interessanti, purtroppo spesso irreperibili nel nostro Paese.

Un’opera divulgativa, quindi, che consigliamo soprattutto ai neofiti: nel contempo, dopo il successo del pamphlet di Giulio Giorello Di nessuna chiesa, il volume di Onfray conferma che gli atei, e più in generale i laici (autori e lettori), non hanno alcuna intenzione di subire passivamente il ritorno (esclusivamente politico) del sacro.

Raffaele Carcano, Roma
novembre 2005

 

 

Un libro che compendia in modo efficace e compatto diverse argomentazioni a favore dell’ateismo e di una filosofia immanente che rifiuti qualsiasi declinazione del sovrannaturale.

Il pregio principale del libro è quello di dichiarare apertamente il valore della negazione di dio (o di altre forme di sovrannaturale) e al contempo denunciare i tanti i danni derivanti dalla religione e dal credere nel trascendente senza cercare scuse a nessuno per una proposta che ha ben diritto di ritenersi superiore alle menzogne religiose. Una chiara rivendicazione del valore dell’ateismo, della negazione del sovrannaturale e della trascendenza senza preoccuparsi di offendere le anime “belle”. Arricchisce il libro il presentare tanta filosofia illuminista colpevolmente dimenticata dalla troppa filosofia teista e metodicamente denigrata dall’antifilosofia clericale. Gli argomenti affrontati sono molteplici dalla storia del pensiero ateo all’odio delle religioni per la filosofia e il libero pensiero, senza per questo mancare di rimarcare le collusioni tra monoteismi e i regimi fascisti. Viene anche fatto osservare come con i libri sacri si possa sostenere tutto e il contrario di tutto e che quindi ognuno costruisce la sua visione di una religione scegliendo le argomentazioni che trova in linea con la sua morale senza curarsi della contraddizione di dirsi cattolici (o islamici o ebrei) e da un lato negare buona parte dei propri libri sacri mentre si esaltano quelle parti che più sono in linea con il proprio pensare. Ogni capitolo è un piccolo tesoro di citazioni e riflessioni preziose per scoprire la ricchezza e profondità del pensiero ateo.

Dunque tante argomentazioni, tutte presentate in modo chiaro e diretto, e gli argomenti affrontati non si limitano a quelli presentati in questa breve recensione. Mentre è vero che nessuna argomentazione sia veramente innovativa, risulta vincente il presentarle tutte insieme come percorso di studio di una nuova disciplina, che l’autore vorrebbe in grado di andare oltre i limiti di un pensare ancora troppo impregnato del trascendente cattolico.

Il libro risulta quindi di grande accessibilità e, allo stesso tempo, fornisce i mezzi per approfondire tutti gli argomenti trattati (grazie anche a un’ottima bibliografia commentata). Rendendo in definitiva possibile avvicinarsi a un punto di vista ateo in modo agevole e pratico.

La traduzione di ottimo livello, come ci ha ben abituato la Fazi Editore, è opera di grande coraggio editoriale e attualità vista l’intensità ciclonica raggiunta dal vento clericale qui in Italia. È ora di sostenere con forza la validità di un pensiero materialista e libero dai profeti del nulla, dagli apostoli della morte, dai denigratori dell’individuo.

In conclusione questo Trattato di Ateologia è un libro da leggere e da far leggere. E che certamente non sfigurerà messo in libreria di fianco ai numeri dell’Ateo.

Fabio Milito Pagliara
19 ottobre 2005