Le teorie queer

Un’introduzione
Lorenzo Bernini
Mimesis
2017
ISBN: 
9788857541259

Lorenzo Bernini è uno studioso raffinato e competente, autore di numerosi articoli e monografie sull’argomento, ma è anche un bravissimo docente, come si evince da questo breve e utilissimo manuale. Si tratta di un volume della collana “Quaderni di teoria critica della società” edita da Mimesis che raccoglie i contributi dei docenti di un corso di perfezionamento che si svolge all’Università Milano-Bicocca: un testo didattico, dunque, che riesce a introdurre e a guidare il lettore nel complicato e cangiante universo delle “teorie queer” senza fargli perdere l’orientamento ma anche senza sacrificare la poliedrica ricchezza di questi studi poco conosciuti.

Il primo capitolo è dedicato a un’operazione che consiste nel collocare le “teorie queer” (il termine è molto recente, ma indica grosso modo gli studi di genere) nell’ambito della filosofia politica, più precisamente delle filosofie politiche critiche che riflettono sul potere: in questo caso, sul rapporto che lega potere e sessualità, assumendo il punto di vista delle minoranze sessuali e denunciando «come arbitrario, abusivo e intollerabile il regime che le rende tali». Devo necessariamente semplificare la ricca argomentazione offerta, ma tengo a sottolineare che l’autore si guarda bene dall’eludere “grandi domande” del tipo: Che cos’è la filosofia? Che cos’è la filosofia politica? Che cosa si intende per filosofia critica?

Ben orientato da questa prima discussione utilmente propedeutica, il lettore può affrontare, nel secondo capitolo, un’ulteriore “grande domanda”: che cos’è la sessualità? Domanda che, come scrive Bernini, «conduce dritto al cuore del dibattito queer». Più precisamente, il quesito è: «come funziona oggi la sessualità, intesa come dispositivo di potere?» e ha ricevuto risposte troppo semplici, messe appunto in discussione dagli approcci critici. Semplificando molto, possiamo dire che ciò che viene soprattutto criticato sono il binarismo sessuale e l’eterosessualità obbligatoria, concetti impiegati nella teoria e imposti nella pratica come verità indiscusse dalle religioni e dalle morali tradizionali come dalla scienza medica e dal diritto, fatti finalmente esplodere non solo dalle rivendicazioni omosessuali ma anche dai punti di vista transgender e intersex. Il percorso storico è lungo, e in esso una pietra miliare è rappresentata dall’articolo del 1993 The Five Sexes: Why Male and Female Are Not Enough di Anne Fausto Sterling, oggi professoressa emerita alla Brown University. Sono appunto questi “cinque sessi” che hanno allarmato gli inviati del Vaticano alla conferenza di Pechino del 1995, dove le tesi di Fausto-Sterling furono ampiamente riprese, tanto da spingere la Chiesa cattolica  ovviamente binarista ed eterosessista  a scatenare la vergognosa campagna anti-gender.

Ovviamente le recenti acquisizioni in tema di sessualità di cui si parla nel secondo capitolo hanno importanti precedenti filosofici e conoscono nuovi sviluppi, che vengono sintetizzati nel terzo capitolo intorno a tre principali correnti di pensiero: il freudomarxismo, il costruttivismo radicale ispirato a Foucault e le teorie antisociali.

Il “freudomarxismo” nasce negli anni ’30 del Novecento con le posizioni espresse da Wilhelm Reich in La rivoluzione sessuale, riprese da Herbert Marcuse negli anni ’50 e poi ampiamente diffuse negli anni ’70. In Italia si ispirò a questa tradizione, dandone “una versione particolarmente queer”, Mario Mieli, autore di Elementi di critica omosessuale (1977). «Come suggerisce il nome, il freudomarxismo associa gli intenti rivoluzionari del marxismo alle potenzialità di liberazione presenti nelle teorie freudiane, operando la critica della società capitalistica e al contempo della repressione sessuale».

Se questa corrente pensa l’azione del potere sulla sessualità essenzialmente in termini di repressione, Foucault rovescia radicalmente la prospettiva sostenendo  soprattutto in La volonté de savoir (1976)  la funzione eminentemente costruttiva del potere, che non si limita a negare, limitare, vietare ma evoca ed alimenta la sessualità, non solo e non tanto come comportamenti quanto come identità sessuali “normali” e “anormali”. L’esito di questa posizione è una piena “denaturalizzazione” della sessualità: in questo senso, Foucault «ha elaborato quella metodologia critica che consente di pensare le categorie con cui attualmente cataloghiamo le identità sessuali non come conseguenze di dati di natura, ma come costrutti culturali dotati di una storia, come prodotti di un dispositivo di potere», aprendo con questo rovesciamento di prospettiva nuove strade alla ricerca queer.

Infine le “teorie antisociali” rappresentano una critica all’ottimismo che permea sicuramente il freudomarxismo, fiducioso in una definitiva rivoluzione liberatoria sul piano sociale e sessuale, ma che è riscontrabile anche nell’impostazione foucaultiana nella misura in cui propone, se non una progettualità sociale, quantomeno un’efficace resistenza alle pratiche del potere. Autori come Jean Laplanche e Leo Bersani sono invece portatori di un “realismo pessimista” che sottolinea il carattere masochista della pulsione sessuale e la valenza disfunzionale della sessualità (segnalo che a queste teorie Bernini ha dedicato un’ampia e interessante monografia, Apocalissi queer. Elementi di teoria antisociale, ETS 2013).

La semplificazione cui ho dovuto sottoporre il testo di Bernini non solo ne sacrifica la grande ricchezza di argomenti e riferimenti, ma non dà conto di quanto sia ardua l’impresa  decisamente riuscita  di fornire uno strumento didattico capace di introdurre e spiegare teorie che sono difficili: difficili perché conflittuali, spesso anti-intuitive e in continuo divenire; difficili perché solo in parte sono elaborate nella quiete degli studi e dei laboratori, in larghissima misura nella furia dei movimenti e delle lotte.

Maria Turchetto
da L’Ateo n. 115