Sfida laica all’islam. La religione contro la vita

Hamid Zanaz
Eleuthera
2013
ISBN: 
9788896904299

Hamid Zanaz insegnava filosofia all’università di Algeri. Non è mai stato un islamico moderato, e ritiene che fare il mestiere del filosofo “implichi l’ateismo”. Una convinzione che, in Algeria, l’ha posto immediatamente dalla parte del torto, perché “chi ha la tracotanza di dichiarare la propria laicità, il proprio ateismo o persino il proprio agnosticismo, viene automaticamente bollato come nemico dell’islam e della nazione stessa”. A causa delle sue idee ha dovuto lasciare l’Algeria, e da vent’anni a questa parte vive in Francia. E quanto sia stato segnato dalla sua esperienza lo si vede da cosa e come scrive. L’analisi del mondo musulmano non lascia alcuno spazio alla mediazione: “Il terrore teocratico regna sempre più sui corpi e sugli spiriti”, tanto che nella società non vi può essere “nulla contro la religione, nulla al di fuori della religione, tutto nella religione”. E pensare che questo libro è stato scritto prima della cosiddetta (da tanti spiriti ottimisti) “primavera araba”, che quasi ovunque ha portato al potere partiti islamisti. Chissà cosa scriverebbe oggi, Zanaz…

Nel libro se la prende contro gli “utili idioti” occidentali che celebrano l’“islamomania”. E che non sanno (o fanno finta di non sapere) che “tra il 1962 e il 1986 sono state costruite poco più di un centinaio di moschee a Constantine, mentre non è stato edificato alcun nuovo liceo da aggiungere alla dozzina ereditata dal periodo coloniale”. E questo accadeva prima dell’avanzata integralista, e in un paese più aperto di altri. I valori dell’illuminismo non abitano qui, e nemmeno l’individuo “è ancora penetrato in queste contrade. Indirizzo sconosciuto. E il cittadino ancor meno. L’‘io’ è completamente sommerso dal ‘noi’”. A ribadire ulteriormente il concetto, afferma che “i musulmani non possiedono una religione: è la religione a possedere loro plasmando completamente la loro esistenza. Una sorta di deificazione dei valori collettivi a detrimento dell’individuo”.

La sua requisitoria contro gli aspetti più perversi dell’islam è implacabile. Caratteristiche patogene e irreversibili, a suo dire. L’autore si propone infatti di dimostrare che “il tentativo di adattare il dogma islamico alle esigenze dei tempi moderni è destinato al fallimento”. Anche perché le cose vanno di male in peggio: proprio la crisi economica delle società del Maghreb hanno favorito l’integralismo, garantendogli ampia attenzione tra le fasce della popolazione svantaggiate. La militanza visibile sarebbe tuttavia solo l’espressione pubblica di un fenomeno assai più profondo, in cui l’establishment è apertamente dalla parte dell’integralismo. Tanto che “è nelle università che si trova la più elevata concentrazione di islamisti per metro quadro”. Con il risultato di veicolare una spiegazione alquanto improbabile (o quantomeno parziale) della decadenza del mondo musulmano, addebitata al colonialismo e al distacco dalla religione. Ulteriore carburante per l’islamismo.

Quella di Zanaz è dunque una critica senza compromessi di quella che è la seconda religione del pianeta. Non stupisce che sia stato costretto all’esilio. Un testo che, come ricorda Michel Onfray nella prefazione, ricorda le migliori critiche illuministe del pensiero religioso. Ma con una differenza sostanziale: la sostanziale sfiducia nella possibilità di riformare l’islam. Non c’è alcuna speranza nel futuro, in questo libro. Tanto che elenca dettagliatamente tutti i modernizzatori che hanno fallito.

E tuttavia, quanti riformatori fallirono, nel cristianesimo, prima di Lutero? Valdo, fra Dolcino, Hus, Wyclif… la lista sarebbe parimenti lunga. Se il cristianesimo alla fine è cambiato ed è arrivato a fare i conti con la modernità, può dunque cambiare anche l’islam. In fondo, lo stesso Zanaz scrive che “tutte le religioni sono intrinsecamente ostili ai diritti fondamentali dell’essere umano”: e allora, perché non ammettere che anche l’islam può cambiare? Certo, deve relativizzare sia il suo testo sacro, sia la tradizione, e “deve perdere la sua presa totalitaria”. Ed è altrettanto vero che “non si può laicizzare un culto”. Ma qualcosa può succedere. “Nulla può accadere senza una netta separazione tra religioso e profano”. Appunto, questa è la sfida. La stessa sfida che milioni di giovani, nel mondo musulmano e proprio in questo momento, stanno portando alle loro gerarchie. Religiose e non.

Raffaele Carcano
giugno 2013