Prigioniero del papa re

David I. Kertzer, B. Lotti
BUR
2005
ISBN: 
9788817008051

È la storia di Edgardo Mortara, ebreo, rapito all’età di sei anni da Santa Romana Chiesa nella Bologna del 1858. La polizia pontificia bussa alla porta di un mercante ebreo, Momolo Mortara, e pretende la consegna di uno dei suoi figli, il piccolo Edgardo. La famiglia tenta disperatamente di opporsi, ma è tutto inutile: l’Inquisitore è venuto a sapere che Edgardo è stato battezzato in segreto da una domestica. E poiché la legge della Chiesa non tollera che un bambino cristiano possa crescere in una famiglia ebraica, ordina che il piccolo sia trasferito a Roma, nella Casa dei Catecumeni, per perfezionare la sua educazione cattolica. Un affaire a cui oggi i manuali di storia neppure accennano, ma che fece scalpore nell’Ottocento, suscitando accese polemiche in Europa e in America.

Il grande orgoglio con cui la Chiesa dava notizia del battesimo degli ebrei convertiti continuò sino al tempo del rapimento di Edgardo. La rubrica del più influente giornale cattolico dell’epoca, La Civiltà Cattolica, trasuda entusiasmo nel riportare i più recenti episodi di conversione, ovunque avvenissero. I nomi cambiano, ma la storia resta sempre la stessa (p. 86).

Accadeva nelle borgate, dove gli ebrei a Carnevale dovevano sfilare per il sollazzo della folla cattolica (…) L’articolo di Civiltà Cattolica elaborava un tema centrale del racconto cattolico: Edgardo aveva un nuovo padre. «Sono battezzato», diceva, «sono battezzato e mio padre è il papa». Aveva una nuova madre, la Santa Vergine Maria, e una nuova famiglia, «la grande famiglia cattolica» (p. 107).

La battaglia sul caso Mortara coincideva con la disputa all’interno della Chiesa su quale fosse il grado di potere da riconoscere al pontefice (…) Ne risultò un rinnovato impiego della Chiesa come bastione del potere secolare. In tutta Europa fu ripristinato l’Ordine dei Gesuiti e vennero promosse tutte le forme di devozione popolare, tra cui il culto mariano e le manifestazioni legate alle apparizioni. Furono negoziati nuovi concordati che segnavano una ritrovata armonia fra trono e altare (p. 90-91).

L’idea che gli ebrei rapissero regolarmente bambini cristiani per spillarne il sangue era molto diffusa in Italia all’epoca del caso Mortara e, benché respinta dall’élite liberale, era profondamente radicata tra il popolo e veniva propagandata dai preti nelle parrocchie, dalle prediche quaresimali e dalla stampa cattolica (p. 201).

Favorendo la decisione di Napoleone III a intervenire in Italia (…) la cattura di Edgardo Mortara diede indirettamente il colpo di grazia al governo pontificio (…) I giornalisti francesi che dipinsero l’affaire Mortara come la goccia che faceva traboccare il vaso, si concentrarono sulle reazioni dell’opinione pubblica francese (p. 257).

Fra le dottrine perniciose condannate da Pio IX nel suo Sillabo c’erano queste: che la gente debba esser libera di professare la religione che ritiene migliore; che perfino i non cattolici possano aspirare alla salvezza eterna; che i cattolici possano dissentire con l’esigenza del potere temporale del papa; che debba esserci separazione di Chiesa e Stato; e che il papa possa e debba riconciliarsi e approvare il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna (p. 375).

Perché il caso Mortara ha attirato così poco l’attenzione degli storici? (…) Dato il coinvolgimento di molti protagonisti della lotta per l’Unificazione d’Italia, il caso Mortara rappresenta un luogo ideale per comprendere la mentalità di figure cruciali come papa Pio IX, il segretario Giacomo Antonelli, il conte Camillo Cavour e l’imperatore francese Napoleone III (p. 430).

In breve, la vicenda Mortara era caduta dalla corrente principale della storia d’Italia nel ghetto della storia ebraica (…) Ciò che rese singolare la vicenda non furono il battesimo forzato e la sottrazione alla famiglia d’un bambino ebreo, ma il fatto che - dopo secoli in cui eventi simili accadevano regolarmente - il mondo finalmente vi si interessò e insorse protestando (p. 438).

Per i cattolici, il caso è inquietante per parecchi motivi. È basato su un’ideologia che era assolutamente centrale nella Chiesa fino a tempi recenti, ma che oggi è considerata riprovevole: quella che vedeva gli ebrei come gli ignobili assassini di Cristo e che contemplava l’uso della coercizione fisica per sottrarre i bambini ebrei ai loro genitori. Più in generale, nel mettere in luce che fino a tempi recenti la Chiesa respingeva l’idea della tolleranza religiosa e, anzi, continuava a mantenere attiva l’Inquisizione, il caso Mortara attira l’attenzione sul fatto che la transizione della Chiesa dal fondamentalismo medievale alla modernità è avvenuta solo nel secolo XX (…) Più in generale, il trattamento che la Chiesa ha riservato agli ebrei non è stato discusso volentieri dagli storici della Chiesa. Inoltre, esso solleva troppi quesiti imbarazzanti, soprattutto dopo l’Olocausto (…) (p. 440).

L’AUTORE

David I. Kertzer (1948 New York, NY, USA), specialista di storia italiana, è professore di antropologia e storia presso la Brown University di Providence (Rhode Island). Tra i suoi libri, oltre a quelli citati nel presente sito, Riti e simboli del potere (Ritual, Politics & Power, Yale University Press 1989), apparso in edizione italiana nel 1989.

Luciano Franceschetti,
1° giugno 2000