Perché siamo parenti delle galline?

E tante altre domande sull'evoluzione
Federico Taddia, Telmo Pievani
Editoriale Scienza
2010
ISBN: 
9788873074625

Questo libro (della collana “Teste toste”) costituisce un esempio di buona divulgazione scientifica, nella fattispecie indirizzata ai bambini dai nove anni in su. Telmo Pievani risponde a una serie di domande postegli da Federico Taddia che per l’occasione assume la veste di un bambino curioso ed interessato alla teoria dell’evoluzione.

Attraverso una trentina di brevi capitoli sono illustrati i capisaldi di questa teoria in maniera facilmente comprensibile ai bambini/ragazzi senza però che la semplicità delle spiegazioni di Pievani vada a discapito del rigore scientifico.

“Siamo gli unici animali intelligenti?”, “La natura è buona o cattiva?”, “Perché siamo diventati bipedi?”, “Che fine ha fatto il dodo?”, “Si potrà far rinascere un mammut?”, “Come si evolve il cervello?”, “Perché nessun animale si è evoluto con le ruote?”, “Perché l’uomo ha perso la coda?” – sono alcune delle domande a cui Pievani risponde.

La casa editrice Editoriale Scienza (Trieste) è specializzata in divulgazione scientifica per ragazzi e dal 2009 fa parte del gruppo Giunti Editore. Facendo una capatina sul sito troviamo un altro libro di Telmo Pievani (Sulle tracce degli antenati) e tre di Margherita Hack: L’universo di Margherita, Stelle, pianeti e galassie e Perché le stelle non ci cadono in testa? E tante altre domande sull’astronomia – il terzo libro, vincitore del Premio nazionale di letteratura per ragazzi Città di Bella 2011 nella sezione divulgazione scientifica.

Un’ultima cosa per quanto riguarda Perché siamo parenti delle galline?: il libro è corredato da molte belle e divertenti illustrazioni di Roberto Luciani, da osservare con cura in quanto costituiscono parte integrante dei contenuti. In conclusione, sarebbe davvero bello se, al posto delle solite tavanate religiose, la teoria dell’evoluzione e la scienza in generale venissero insegnate nelle scuole utilizzando libri come questo.

Enrica Rota
L’Ateo n. 110