Il partito di Dio

La nuova galassia dei cattolici italiani
Marco Damilano
Einaudi
2006
ISBN: 
9788806183837

Cos’è la Chiesa cattolica italiana oggi? Non è semplice capirlo, specialmente per un osservatore laico. Il libro di Damilano si rivela per lui uno strumento utile: l’autore dimostra infatti un’ottima conoscenza dei gangli vitali della macchina ecclesiastica, una conoscenza maturata dall’interno (ha infatti lavorato per SegnoSette e Jesus). Il suo è un rapporto dettagliato, che fornisce informazioni accurate.

Cos’è dunque la Chiesa italiana? «Il fronte avanzato della nuova battaglia che la Chiesa combatte a livello mondiale», è la risposta che suggerisce Damilano. Una situazione sorprendente, se si pensa al “trionfalismo” laico degli anni Settanta e alla relativa assenza di scontri violenti negli anni seguenti, agevolata anche dalla crisi della Democrazia Cristiana. La tesi dell’autore è che, almeno fino al 2000, la Chiesa italiana sia stata condotta con molte titubanze, e che sia stato lo svolgimento del Gay Pride a Roma durante l’anno giubilare («la prima uscita dell’Italia laica dopo anni di silenzio») a fare da detonatore del nuovo interventismo confessionale. È un’opinione che non mi sento di far mia, perché già negli anni precedenti la Chiesa era intervenuta politicamente per ottenere provvedimenti a tutela dei propri interessi (dalla legge sulla parità scolastica all’immissione in ruolo dei professori di religione). La decisione di organizzare il Gay Pride a Roma non fu certo una sfida, ma la risposta del mondo GLBT a un’organizzazione che frappone continui ostacoli all’ottenimento dei loro diritti, urbi et orbi.

È vero, invece, che questa fase di contrapposizione sembra essere terminata nel 2005 con la vittoria referendaria delle truppe ruiniane. Per quanto il mondo laico si possa sgolare, affermando che non di sconfitta si tratta, ma di vile sfruttamento da parte della CEI dell’astensionismo fisiologico (ma duemila anni di precedenti non insegnano proprio nulla?), l’interpretazione che ne è stata data dall’opinione pubblica è stata pressoché univoca. Persino il farraginoso Progetto culturale dell’episcopato, verso cui tanta parte del mondo cattolico ha storto il naso, ha potuto dimostrare tutto il proprio potenziale, sfruttando al massimo l’attivismo dei nuovi movimenti ecclesiali, la collaborazione dell’élite finanziaria (pur pagando pegno con discutibili campioni della devozione quali Fazio e Fiorani) e occupando manu militari i mass media: la strategia ruiniana è volta a «orientare il divenire socio-culturale; [a] conquistare l’immaginario, la rappresentazione. La sfida tra il cattolicesimo e il relativismo si sposta sul terreno dei modelli di vita, della fiction televisiva».

Persino la battaglia contro il relativismo, ideata in tempi molto recenti, ha potuto essere orwellianamente presentata come un conflitto di lunga data.

In questo quadro, conseguenti e prevedibili sono state le sbracature politiche, sia a destra che a sinistra, dal Manifesto per l’Occidente di Marcello Pera all’outing intimistico di Piero Fassino. Oltre che alle sempre più consistenti legioni di atei devoti, la CEI, dopo le ultime elezioni politiche, ha la possibilità di fare diretto affidamento su quattro parlamentari (Bobba, Binetti, Santolini, Marconi) da essa espressamente selezionati ed equanimemente collocati, con spirito lobbistico bipartisan, sia nel centrosinistra che nel centrodestra. Tutte bocche di fuoco funzionali al progetto del “partito di Dio”, quello dei principî non negoziabili.

Marco Damilano non dissimula le proprie preferenza per una Chiesa montinan-martiniana. Di qui le sue forti critiche alla CEI, la quale «si è assunta il compito di rappresentare il Paese reale. Ha conquistato, incredibilmente, l’egemonia. L’ha strappata ai laici, ai progressisti, relegati a un ruolo di retroguardia». E l’ha strappata non attraverso una politica includente, attraente, “francescana”. Al contrario: «il neo-cattolico è intransigente, combattivo, “irriverente” rispetto alle altre culture». È uno «strano cristiano», come Ezio Mauro ha definito Antonio Socci. È l’arroganza al potere, intinta nell’acqua santa.

Secondo l’autore, tuttavia, «questo volto trionfante assomiglia tanto a un bluff» e la Chiesa corre il pericolo di «pagare un prezzo altissimo sul piano religioso». Un rischio che, da un punto di vista laico, ci interessa fino a un certo punto. Ci preoccupa piuttosto il tentativo di demolire le conquiste della modernità: diritti, ricerca scientifica, valorizzazione dell’individuo. Laddove Ratzinger vaticina uno «scontro tra questa radicale emancipazione dell’uomo e le grandi culture storiche», forse è il caso di cominciare a pensare a come difendersi.

È senz’altro vero che il nostro Paese è sempre più secolarizzato; che la Chiesa non esprime una leadership più capace della media (bassa, sempre più bassa) della classe dirigente italiana; che un cattolicesimo di questo tipo non sarà certo in grado di trascinare le masse, ma solo una minoranza fanatizzata; che il paragone con gli altri Paesi europei dimostra come non solo ci si possa difendere, ma si abbia anche la possibilità di espandere la laicità delle istituzioni con il supporto di un largo consenso della popolazione. Ma resta il fatto che una tale volontà di potenza non trova alcuna opposizione in un mondo politico sempre più arrendevole. Il “partito di Dio” ambisce a rappresentare l’intero Paese, e il rischio di un monopartitismo teocratico, in cui la critica alle gerarchie ecclesiastiche sia virtualmente invisibile, è un rischio che vale la pena contrastare per tempo.

Raffaele Carcano
dicembre 2006