Orazioni di un miscredente

Robert G. Ingersoll
Liberilibri
2006
ISBN: 
9788885140875

Questo sembra un libro fresco di stampa. Anzi, dovremmo dire caldo, appena sfornato dalla tipografia. Eppure raccoglie discorsi risalenti alla fine dell’Ottocento, pronunciati da una delle figure più importanti del libero pensiero statunitense: Robert Green Ingersoll, un intellettuale dalle straordinarie capacità oratorie e dalla solida cultura, molto attivo politicamente e che rischiò persino di diventare governatore dell’Illinois. Negli ambienti libertari anglosassoni è una sorta di ispiratore, una di quelle figure di riferimento che probabilmente mancano in Italia. Questo libro rappresenta a suo modo una specie di agile best of… dell’enorme produzione intellettuale di Ingersoll, curato dal sociologo Romolo Giovanni Capuano – con Introduzione dedicata alla vita, le opere e le concezioni del filosofo statunitense. È vero, forse il termine “orazione”, nel titolo, si presta a un’ambigua definizione: ma in fondo coglie comunque il clima positivista ottocentesco (e anche i suoi eccessi, i suoi limiti) misto a una profonda spinta etica di cui Ingersoll si fa orgoglioso portatore. Ciò però non toglie valore al contenuto dell’opera, che comprende: Gli dei, Giordano Bruno, Dio nella Costituzione, Perché sono un agnostico, Superstizione e Che cosa è la religione? Il filo rosso che percorre tutti questi scritti è rappresentato da un dosato miscuglio di linguaggio brillante e chiaro, verve trascinante e immaginifica, schiettezza nel denunciare le assurdità religiose e coraggio intellettuale e morale: uno stile oratorio appassionato e puntuale che ha molto da insegnare ai tanti sedicenti intellettuali laici odierni che popolano il sottobosco televisivo/culturale e al loro linguaggio ampolloso, guardingo, tristo e sincopato da sistematici distinguo e reticenze nel timore che scocchino fulmini divini o condanne di “aridità” da parte di conduttori, commentatori e benpensanti di turno.

Gli dei già dall’inizio fulminante («Ogni nazione ha creato un dio, e questo dio è sempre stato simile ai suoi creatori») si pone come una coerente opera di smitizzazione e d’inquadramento di tutte le religioni come fenomeni “umani, troppo umani”, che hanno le loro radici nel contesto sociale e culturale. L’autore espone esplicitamente un’indignata e diretta critica alla Chiesa, al fideismo acritico, all’attendibilità dei testi sacri e alle atrocità in essi contenute («E noi siamo chiamati a venerare un simile Dio, a inginocchiarci e proclamare che è buono, misericordioso, giusto, che egli è amore»).

Giordano Bruno è un breve e sentito omaggio al filosofo nolano – nel puro stile ottocentesco – chiamato «araldo dell’alba» del libero pensiero e dello svincolamento dai dogmi religiosi. Tra l’altro, curiosamente, lo stesso Ingersoll contribuì dagli USA al finanziamento della statua di Giordano Bruno che domina Campo de’ Fiori a Roma e avrebbe dovuto tenere proprio il discorso di inaugurazione del monumento.

Dio nella Costituzione sorprende per l’attualità delle problematiche politiche che solleva: l’autore esalta la rivoluzione americana, con la quale «i nostri padri tentarono di rimuovere gli dei dalla politica» per garantire un governo fondato sulla libertà e i diritti, criticando l’impostazione religiosa e assolutista del governo e i tentativi surrettizi di inserire un qualche riferimento a Dio nella Costituzione, che porrebbero di fatto pesanti discriminazioni, specie per i non credenti. Fa riflettere il fatto che Ingersoll riconosca pubblicamente la non credenza come legittima posizione esistenziale, se si pensa solo a quanti politici – a tutt’oggi – stendono su di essa una sorta di velo d’omertà intellettuale, non parlandone nemmeno. Viene da pensare che gli USA abbiano subito una regressione considerevole, su certe questioni.

In Perché sono un agnostico, Ingersoll parla della sua precoce presa di coscienza esistenziale. Descrive la dura educazione religiosa che subisce in famiglia, i predicatori bigotti e i loro deliranti sermoni. Dopo tali esperienze, già adolescente acquisisce la consapevolezza della propria non credenza, consolidata da un vorace e critico interesse intellettuale, sia umanistico e che scientifico: poesia, letteratura, storia, filosofia, astronomia, religione, biologia, diventano tutti tasselli di un mosaico che consolidano il suo rifiuto della religione.

In Superstizione, l’autore espone in maniera implacabile le contraddizioni, le assurdità e i pericoli culturali ed etici delle religioni, delle varie credenze nel soprannaturale e nei miracoli, sorretto dalla concezione razionalista e soprattutto senza avere il peloso bon ton di distinguere tra religioni “alte” e credenze spicciole, o di ostentare quella famigerata deferenza che si dichiara “laica, ma non laicista” (?!) ma che sfocia nella sottomissione e nella debolezza intellettuale.

Che cosa è la religione? insiste impietoso sul problema della teodicea – argomentazione che è sempre stata e rimane tra le migliori per picconare le religioni – spiegando come l’etica sia un’elaborazione umana, che si fonda proprio sull’uomo nel rapporto con gli altri uomini e sulla naturale empatia tra gli esseri umani («l’uomo ama e l’amore è l’inizio, la base delle virtù superiori. Se danneggia chi ama sopraggiungono il rimpianto, il pentimento, il cordoglio, la coscienza. In tutto questo non c’è nulla di sovrannaturale»). La religione, lungi dall’essere uno strumento che favorisce l’etica, storicamente è diventata la giustificazione per fomentare odio e ignoranza: «è stata sperimentata e, in tutti i paesi, in tutti i tempi, ha fallito». Ingersoll coglie un punto fondamentale nel processo di riforma della società, svincolata da idee religiose: «la scienza deve fare della donna la padrona, la signora di se stessa […] deve conferire alla donna la facoltà di decidere da sola se diventare madre o no». Nella visione globale di Ingersoll, conoscenza scientifica, istruzione, etica, concezione dello Stato e diritti devono essere considerati in maniera interconnessa, in un mutuo processo teso al progresso e all’emancipazione umana. Rileggere oggi, col senno di poi, tutti questi discorsi, rende chiari i limiti dell’impostazione di Ingersoll, soprattutto il suo eccessivo ottimismo nei confronti dell’uomo e del progresso, ma ciò non impedisce di comprende quanto i suoi contributi siano molto importanti per la concezione a-religiosa del mondo.

Valentino Salvatore,
Circolo UAAR di Roma,
febbraio 2008