Morale e religione

Da «Parerga e Paralipomena» e «Frammenti postumi»
Arthur Schopenhauer
Mursia
1990
ISBN: 
9788842505761

>L’antologia del pensiero schopenhaueriano, curata da Giuseppe Riconda, mette in luce il senso «religioso» del celebre pessimismo del filosofo tedesco che tanto influsso continua ad avere sulla cultura contemporanea, aperta più che mai alle concezioni orientali. Anticipando il pensiero demistificante (da Nietzsche a Marx a Freud), la sua visione del mondo - incentrata sugli aspetti dinamici e notturni della psiche umana - permea di sé concezioni attuali come quelle di Wittgenstein e Horkheimer, generando echi profondi nei grandi maestri del romanzo europeo, da Tolstoi a Maupassant, da Kafka a Thomas Mann.

Sull’indistruttibilità del nostro vero essere nella morte

  • Civiltà. L’uomo è in fondo un animale selvaggio e feroce. Noi lo conosciamo solo in quello stato di ammansamento e di domesticità che è detto civiltà: perciò ci spaventano le rare esplosioni della sua vera natura. Ma fate che vengano tolte le catene dell’ordine legale, e nell’anarchia l’uomo si mostrerà quale esso è. (Riflessioni sull’etica, 45).
  • «La morte venne nel mondo per il peccato», dice il cristianesimo. Ma la morte è puramente l’espressione cruda, stridente e portata al suo eccesso, di ciò che il mondo è nell’essenza sua. Onde è più conforme al vero dire: il mondo è per il peccato.
  • Gli animali sono, assai più di noi, soddisfatti per il semplice fatto di esistere; le piante lo sono interamente; gli uomini lo sono secondo il grado della loro stupidità. […] Questa dedizione totale al presente, propria degli animali, è la precipua causa del piacere che ci danno gli animali domestici (Sull’infelicità dell’esistenza, 187).
  • Io so bene che mi sentirò ripetere che la mia filosofia è disperata; ma solo perché io parlo secondo verità, e gli uomini vogliono sentire invece le lodi di Dio che ha ordinato il tutto secondo il meglio. Ma allora andate in chiesa e lasciate i filosofi in pace (191).
  • Indottrinamento. […] Ma le religioni sanno di rivolgersi non già alla convinzione con delle ragioni, bensì alla fede con delle rivelazioni. L’età più propizia per queste ultime è la fanciullezza; per conseguenza esse hanno soprattutto cura di impadronirsi di questa tenera età. Con questo mezzo, ancor più che con minacce o con narrazioni di prodigi, si riesce a radicare profondamente le dottrine della fede.

Sulla religione

  • E senza metafore: il senso profondo e l’alto fine della vita possono venire aperti e presentati al popolo soltanto simbolicamente. […] Ho compreso: si tratta di rivestire la verità coll’abito della menzogna. […] In ciò sta il danno senza rimedio, in inconveniente indeclinabile, per la religione è in costante conflitto con la nobile e serena aspirazione verso la verità (262).
  • La religione può dunque venir paragonata ad uno che prende per mano un cieco e lo guida dove questi non può vedere, nel qual caso l’essenziale è che il cieco raggiunga la propria meta, e non ch’egli veda ogni cosa.[…] Questo è infatti l’aspetto più brillante della religione. Se essa è una frode, non si può negare che non sia una pia fraus. E in tal caso i sacerdoti sono uno strano quid medium tra i ciurmatori e i moralisti (263).
  • Oh sì, Dio è per i prìncipi lo spauracchio con cui essi mandano a letto i bambini grandi quando non c’è più altro che serva; quindi essi l’hanno in gran conto. […] Di più, dopo che cadde in disuso l’ultima ratio theologorum, quel mezzo di governo perdette molto della sua efficacia. Imperocché tu ben sai che le religioni sono come le lucciole: per risplendere esse hanno bisogno dell’oscurità. Un certo grado di ignoranza generale è la condizione di tutte le religioni, è il solo elemento nel quale esse possono vivere (271).
  • Durante codesto processo tu puoi costantemente osservare che la fede e la scienza si mantengono come i due piattelli di una bilancia: quanto più l’uno s’innalza, tanto più l’altro si abbassa (272).
  • Perché è fuori di dubbio che le dottrine della fede - basate sull’autorità, sul miracolo e sulla rivelazione - sono un ripiego unicamente adatto all’infanzia dell’umanità (273).
  • Hai ragione, fino a che non si tratta che della teoria: ma osserva in pratica. […] Le guerre di religione, i massacri religiosi, le crociate, l’inquisizione con gli altri tribunali per gli eretici, lo sterminio della popolazione originaria dell’America e la sostituzione di essa con schiavi africani - furono frutti del cristianesimo, E nulla di analogo o di equivalente ci è offerto dagli antichi […] (276).
  • L’influenza demoralizzatrice è quindi meno problematica della sua influenza moralizzatrice. Quanto invece questa non dovrebbe essere grande e certa, per compensare le atrocità provocate dalle religioni - specialmente cristiana e maomettana - ed il dolore che esse hanno scatenato sul mondo! (282)
  • In realtà, l’intolleranza è unicamente essenziale al monoteismo: un dio unico è, per la sua natura, un dio geloso, che non soffre l’esistenza di alcun altro dio (285).
  • Nei secoli passati la religione era una foresta dietro la quale potevano tenersi e nascondersi gli eserciti. Ora, dopo tanti tagli, è appena più una macchia dietro cui possono talvolta appiattarsi dei furfanti. Bisogna quindi guardarsi da quelli che la tirano in ballo ad ogni occasione, e risponder loro col proverbio sopra citato: «Detràs de la cruz està el Diablo» (322).
  • Dio è nella moderna filosofia ciò che furono gli ultimi re franchi sotto i majores domus, un vuoto nome che si conserva per fare più tranquillamente all’ombra di esso il proprio comodo (323).
  • Se Dio ha fatto questo mondo, io non vorrei essere Dio; l’estrema miseria del mondo mi dilanierebbe il cuore (329).
  • Quando il mondo sarà divenuto tanto onesto da non impartire alcuna istruzione religiosa ai fanciulli prima dei quindici anni, si potrà sperarne qualcosa (334).
  • Quale insidiosa ed astuta insinuazione nella parola «ateismo»! Come se il teismo fosse la cosa più naturale del mondo (335).
  • Verrà il tempo in cui la dottrina di un Dio-creatore sarà in metafisica riguardata come ora in astronomia quella degli epicicli (339).

Nel credere non si può essere filosofi

  • Chi ama la verità odia gli dèi, così al singolare come al plurale (341).
  • Dal momento che l’ultima ratio theologorum, cioè il rogo, non è più di moda, sarebbe un poltrone colui che usasse ancora tanti riguardi con la menzogna e l’impostura (341).
  • L’antichità si presenta a noi rivestita di tanta innocenza unicamente per il fatto che essa non conobbe il cristianesimo (343).
  • Per un periodo di 1800 anni la religione ha posto la museruola alla ragione. Il compito dei professori di filosofia è quello di camuffare da filosofia tutta la mitologia ebraica (348).
  • In nessuna cosa si deve tanto distinguere fra il nocciolo e il guscio quanto nel cristianesimo. Appunto perché io desidero il nocciolo, ne spezzo talvolta il guscio (350).

L’AUTORE

Arthur Schopenhauer (1788 Danzica, od. Polonia - 1860 Francoforte sul Meno, od. Germania), filosofo tedesco. Pur muovendo da Kant, è tuttavia nemico dichiarato dell’imperante «filosofia delle università» e delle vuote tradizioni accademiche, in opposizione al trionfante idealismo hegeliano, sia col suo capolavoro (Il mondo come volontà e rappresentazione) sia mediante memorabili scritti polemici (Parerga e Paralipomena) con cui introduce in Occidente una conoscenza autentica e approfondita del pensiero orientale, volgarmente spacciata come pessimismo.

Luciano Franceschetti
Giugno 2000