Il limite e il ribelle

Etica, naturalismo, darwinismo
Giovanni Boniolo
Cortina Raffaello
2003
ISBN: 
9788870788341

INDICAZIONI PER IL LETTORE

[…] Per terminare, una parola in memoriam di Martino Rizzotti: da lui molto ho imparato, anche sotto il profilo umano. Mentre stendevo queste pagine, il mio pensiero andava al suo sorriso. Questo libriccino è per lui: forse, gli sarebbe piaciuto (pag. 5).

1. BIOETICA COME RUMORE DI FONDO

ovvero il ruolo del dio cattolico nel mondo biologico (pagg. 7-83).

  • Il ruolo sociale del pettegolezzo (e dei comitati di bioetica). Ma qual è la connessione fra pettegolezzo e comitato di bioetica? Sono analoghi (non omologhi); hanno cioè origine diversa, pur assolvendo (almeno parzialmente) alla stessa funzione: il mantenimento dello statu quo contro possibili innovazioni distruttive (pag. 16).
  • I nodi bioetici sono troppo imbevuti di questioni religiose, specie in Itala. Da noi la religione cattolica ha un peso troppo forte perché si abbia la presunzione di poter affrontare temi bioetici senza prima aver chiarito le coordinate del rapporto fra scienze biologiche e fede (“cattolico-romana”) (pag. 20).
  • Il ruolo di Dio nella biologia. Da notare che il Dio di Newton, come quello di Leibniz, è il Dio biblico che crea il mondo, ma il primo è il Dio biblico dei primi sei giorni, quelli feriali, ossia un Dio che crea il mondo e che continua ad agirvi; Il secondo è il Dio biblico del giorno del Sabbath che, dopo aver creato il mondo e averlo trovato “buono”, si riposa. Il primo, usando altri epiteti, è il Dieu laborieux; il secondo è il Dieu fainéant. (pag. 27)
  • Anzi, trascurando la questione della teologia naturale e i dibattiti fra sostenitori dell’epigenesi e del preformismo e fra quelli del vitalismo e del meccanicismo, il ruolo di Dio entra pesantemente in gioco nel 1859, anno della pubblicazione di The Origin of Species di Charles Robert Darwin (pag. 30).
    Se si riflette, ci si rende conto che Darwin sta usando la stessa mossa retorica usta sia da Clarke contro Leibniz sia da Leibniz contro Clarke: si accusa l’avversario di avere una concezione blasfema di Dio (pag. 35).

  • Insomma, si potrebbe essere darwiniani a livello scientifico, teleologisti a livello metafisico e sostenitori di un Dieu laborieux à la Newton, o di un Dieu fainéant à la Leibniz a livello teologico (pag. 37).
  • La teoria di Darwin rompeva drasticamente con la tradizione secondo cui l’uomo era più elevato rispetto agli altri animali. L’uomo, come si legge nella Bibbia, è fatto a immagine di Dio e ora, che qualcuno dicesse che in realtà era una scimmia evoluta, era altrettanto dirompente quanto scoprire che non era vero, come c’è scritto nella Bibbia, che la Terra è al centro del Sistema solare, ma che è solo uno dei tanti pianeti che girano intorno al Sole […] Ed è perciò comprensibile quanto pericolosa potesse essere apparsa all’establishment religioso la concezione di Darwin (pag. 44).
  • Ma c’è un problema, uno che i teologi evitano di affrontare. Sappiamo, più o meno, quando è avvenuta l’ominazione e la sua evoluzione (l’emergere prima dell’ominide, poi di Homo, poi di Homo Sapiens, eccetera) anche se non sappiamo quando è avvenuta la mentalizzazione (mi si permetta il neologismo per rendere l’idea dell’emergere della mente) (pag. 49).
  • Per mettere le cose (teologiche) a posto. Abbiamo visto che si può essere cattolici anche senza sostenere la tesi del Dieu laborieux. Tuttavia, a questo punto dobbiamo cominciare a prestare molta attenzione nel distinguere ciò che dice il Magistero della Chiesa e ciò che sostengono i teologi, dicendo subito che nessun pronunciamento del Magistero ha mai avuto a che fare con la disputa fra un Dieu laborieux e un Dieu fainéant: questo, al massimo, è affare, appunto, di teologi (pag. 62).
  • Dicendola senza giri di parole, il Magistero afferma come stanno le cose e la teologia, se vuole essere ligia al suo compito e non eretica, può solo chiarire meglio o approfondire maggiormente ciò che il Magistero ha sancito. Comunque sia, e che lo si voglia ammettere o meno, essa deve muoversi entro i limiti sanciti dal Magistero, unico possessore e distributore della vera interpretazione della Parola di Dio (pag. 64).
    E qui, mi sembra, si deve decidere se essere evoluzionisti darwiniani o cristiani cattolici (pag. 69).
  • A PROPOSITO DELLEMBRIONE. […] Quando si toccano temi di bioetica, in pressoché nessun Paese del mondo, sia esso teocratico a meno, sia tale da permettere libertà di confessione o meno, abbia o meno una religione di Stato, si riesce a evitare di far entrare in campo questioni che toccano un qualche Dio, o una qualche interpretazione di un qualche Dio (pag. 71).
  • Riguardo all’embrione… bisogna distinguere i livelli del discorso, ovvero: il livello scientifico, / il livello linguistico-stipulativo, / il livello filosofico, /il livello teologico, / il livello del Magistero della Chiesa (pag. 72).
    […] Il che, come ben si afferra, ribadisce il fatto che non sono i biologi cattolici, o i filosofi morali cattolici, o i bioeticisti cattolici, o i teologi cattolici che risolvono i problemi della bioetica, segnatamente rispetto al problema della manipolabilità dell’embrione, ma solo il Magistero (pag. 80).
    Mi sembra che qui, per un cattolico, non vi sia né molta scelta né qualcosa da discutere… Se è cattolico, non c’è nulla che egli possa discutere; deve solo accettare ciò che dice il Magistero […] Ma questo dare a Darwin ciò che è di Darwin, a Kant ciò che è di Kant, a Dio ciò che è di Dio, vale solo per chi è “miscredente”. Per il ligio cattolico, non vi è che il livello del Magistero; altrimenti, anathema sit! (pag. 83).

2. LA MIA MORTE

Considerazioni sul suicidio e l’eutanasia (pagg. 85-133).

Né Dio, né Stato. Né Dio, né Stato devono arrogarsi il diritto di intervenire nella decisione della mia morte (pag. 85)

CONTRO ALCUNI ARGOMENTI.

  • Contro l’argomento della depressione (pag. 93).
  • Contro l’argomento dell’esempio (pag. 98).
  • Contro l’argomento delle conseguenze (pag. 102).
  • Contro l’argomento dell’uomo di paglia (pag. 103).
  • Contro l’argomento ad personam (pag. 105): […] Perché mai dovrei soffrire?… Solo perché mi si suggerisce che dovrei emulare il Cristo che ha sofferto per noi in croce? Non mi pare il massimo argomento per contrastare chi è ateo, o agnostico, o fedele di un’altra religione, o non ha mai inteso aderire al Cristianesimo fino al sacrificio o al martirio (pag. 106).
  • Contro l’argomento dell’essenza di tipo relazionale (pag. 107).
  • Contro l’argomento dell’essenza intorno alla sacralità della vita: (…) argomento essenzialistico dal momento che sostiene che la vita in quanto tale è sacra, e che lo è perché è Dio ad avercela data… I cattolici non hanno animali totalmente sacri, come lo possono essere le vacche per gli induisti. Per i cattolici non è la vita in quanto tale - sotto ogni sua forma - che dovrebbe essere sacra, ma la vita umana, ossia degli esseri umani (pag. 111).
  • La vita in quanto tale non ha senso, ma è un puro evento biologico… Il fatto che l’esistenza abbia un senso non comporta che esso sia un senso sacro (mentre vale il viceversa: se essa è sacra, allora ha senso) (pag. 113).
    Appare chiaro che non c’è discussione: il suicidio e l’eutanasia per un cristiano cattolico sono da considerarsi immorali, perché l’esistenza è “sacra” in quanto proprietà di Dio (pag. 118).

  • Contro l’argomento della china pericolosa (pag. 122).

A PROPOSITO DEL RUOLO DEL MEDICO (pag. 126)

CHE CE NE FACCIAMO DELLA LEGGE? (pag. 130)

Come rifiuto i bioeticisti che invece di parlare in nome della libertà e del metodo filosofico parlano in nome d’una fede, di una ideologia, di un dogma, così rifiuto i legislatori che operano solo in nome della propria parte e del maggior vantaggio per coloro che ne sono inclusi, compresi loro stessi (pag. 132)

3. CHE COSA PUÒ DIRE UN DARWINIANO SULLE RADICI BIOLOGICHE DELLA MORALE?

(pagg. 135-159)

  • Quello che più sorprende, soprattutto chi non ha mai avuto (o mai voluto) l’opportunità di avventurarsi nella lettura dei testi darwiniani, è che Darwin non solo pose la questione circa i fondamenti biologici della morale, ma trovò pure una buona soluzione (pag. 136).
  • La teoria darwiniana sulla genesi della capacità morale. Anzi, enfatizzando questa casualità filogenetica, possiamo sostenere che l’uomo è un essere privilegiato esattamente a causa di eventi casuali (pag. 144).
  • Naturalmente, come anche Darwin riconosce «sono consapevole del fatto che le conclusioni cui si è pervenuti in quest’opera saranno denunciate da qualcuno come assai irreligiose», ma c’est la vie, o meglio, c’est l’évolution de la vie (pag. 145).
  • Vale a dire, abbiamo una teoria darwiniana sulle radici biologiche della capacità morale ancora valida, e di questo dobbiamo essere consapevoli (pag. 151).
  • Sono giunto alla conclusione che, se si vuole essere darwiniani, si deve accettare il fatto che la capacità morale dell’uomo, e non i suoi sistemi morali, sia un risultato evolutivo casuale (pag. 159).

4. LA HYBRIS DELLA NATURALIZZAZIONE DELLA FILOSOFIA

(pagg. 161-177)

  • Partiamo da ciò che ogni naturalizzatore epistemologico dovrebbe accettare, almeno indirettamente, ossia che il modo in cui noi conosciamo non è più una questione di filosofia, ma di scienze cognitive basate su neuroscienze (pag. 169).
  • Questo è esattamente ciò che molti filosofi hanno già fatto nel corso della storia della filosofia: Pitagora, Aristotele, Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant, Hegel, Nietzsche, solo per citarne alcuni. Tutti hanno prestato attenzione ai risultati della scienza coeva… (pag. 177).

5. DUE SCHEGGE ETICHE

IL LIMITE E IL RIBELLE - VAGABONDAGGIO TRA FILOSOFIA E LETTERATURA

(pagg. 179-216)

  • I figli di Prometeo. Facciamo allora attenzione all’ambiguità filosofica del termine “limite”; se fin adesso l’ho usato nell’accezione kantiana, da ora lo intenderò come confine. Quindi, limite come momenti fisiologicamente invalicabili della ragione umana, ma pure limite (cioè, confine) come steccato da frantumarsi necessariamente per il progresso del sapere (pag. 191).
  • La responsabilità dell’osare. Ivan Karamazov si lancia con la ragione contro i limiti imposti dall’educazione cristiano-ortodossa che gli aveva inculcato la credenza cieca in un Dio […] Ivan vuole capire se dio esiste o meno: «È Dio che ha creato l’uomo o è l’uomo che ha creato Dio?» […] Il dilemma di Ivan non è tra ragione e fede, ma fra ragione ed educazione. La ragione umana può effettivamente indagare l’origine di tutte le credenze insegnate? La ragione può effettivamente dirimere la questione della loro veridicità? (pag. 195).

L’Autore

Giovanni Boniolo è nato a Padova nel 1956. Ex campione di basket, poi laureato in Fisica e Filosofia, vive a Rovigo con la famiglia, ma è nell’ateneo patavino che insegna attualmente Filosofia della Scienza. Dopo aver visitato diverse università anglosassoni, ha pubblicato in inglese molti articoli e saggi specialistici, mentre tra le sue opere italiane ricordiamo Filosofia della Fisica (1997), Metodo e rappresentazioni del mondo. Per un’altra Filosofia della scienza (1999), Strumenti per ragionare (2002) e, da ultimo, nel 2003, il succitato volume sull’etica naturalistica, dalla cui Introduzione ci ha commosso l’intensa dedica in memoriam del biologo Martino Rizzotti, fondatore dell’UAAR.

Selezione a cura di Luciano Franceschetti