Libera scienza in libero Stato

Margherita Hack
Rizzoli
2010
ISBN: 
9788817038362

In Italia si riscontra una generalizzata diffidenza verso la cultura scientifica e una preoccupante difficoltà nel diffonderla, come dimostrano ad esempio i rilevamenti del progetto PISA (Programme for International Student Assessment) indetto dall’OCSE, sulle competenze in materia acquisite dagli studenti adolescenti nel nostro paese. Il gap di cognizioni scientifiche rispetto alla media degli altri paesi però non è da imputarsi – sarebbe fin troppo comodo – alle scarse capacità intellettive dei nostri studenti, ma affonda le sue radici nella particolare storia del nostro paese.

La nota astrofisica Margherita Hack cerca di indagare con questo libro sul “caso Italia”, sul perché la cultura scientifica non abbia grande presa e sugli ostacoli che vengono posti, ripercorrendo anche la storia dell’organizzazione delle università e proponendo – da persona che ha vissuto in prima persona certe trasformazioni – soluzioni per il miglioramento delle istituzioni scolastiche e universitarie e della ricerca.

Indicativo che le sue riflessioni partano da un discorso tenuto da Piero Calamandrei l’11 febbraio del 1950 durante il III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale, una appassionata ma ragionevole difesa della scuola pubblica e laica che già in nuce evidenzia problematiche oggi fin troppo vive (sebbene già lui chiosasse «siete proprio sicuri che in Italia noi abbiamo la scuola laica? […] come se ci fosse, dopo l’articolo 7?»). La scuola pubblica è indispensabile perché «crea cittadini, non crea cattolici, né protestanti né marxisti», è aperta a tutti, favorisce l’uguaglianza, diventa luogo di confronto costruttivo, «non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta». La scuola privata, che pure può esistere, deve rispondere a ragionevoli criteri educativi e organizzativi e non deve essere oggetto di privilegi e finanziamenti, riprende Calamandrei, che distingue tra un «totalitarismo aperto» (quello del fascismo, che da partito occupa lo stato e controlla la scuola secondo criteri rigidamente ideologici) e quello «subdolo, indiretto, torpido», di cui già ai suoi tempi dava delle avvisaglie, teso appunto a screditare e svuotare di mezzi e finanziamenti la scuola pubblica per privilegiare quella privata, in particolare cattolica. D’altronde, aggiunge Calamandrei, l’articolo 33 della Costituzione che ammette l’istituzione di scuole private formalmente “senza onere per lo stato”, è frutto di compromesso e «offre il destro, oggi ad interpretazioni sofistiche»: cosa puntualmente avvenuta con le riforme recenti della scuola.

La cultura italiana sconta tuttora, fa notare la Hack, l’approccio di Benedetto Croce (come avallo filosofico) e di Giovanni Gentile (come attuazione, non a caso, sotto il fascismo), «il pregiudizio che vede nella scienza una forma di cultura minore», anche se – si considerino ad esempio nomi come Einstein o Darwin – «grandi scienziati sono stati anche profondi filosofi che hanno rivoluzionato le nostre concezioni del mondo» e non si possa francamente parlare oggi di cultura senza parlare anche di scienza. Ma, si sa, tali considerazioni verranno frettolosamente tacciate di “scientismo”.

La difesa dell’autrice della scienza non è esente dalla polemica, con la critica alla classe politica («in particolare quella più recente»), che diffida della scienza proprio per il suo basso livello culturale e delle riforme di questi anni. Se è evidente che la politica da tempo non ha mai favorito concretamente la cultura scientifica – per un certo sottofondo filosofico e per il taglio di fondi alla scuola, alla università e alla ricerca (soprattutto di recente e spesso a favore di istituzioni private) – l’autrice prende in considerazione anche un altro elemento che allo stesso modo ha frenato la scienza in Italia: l’intervento della Chiesa cattolica. Tuttora papa Benedetto XVI «si permette di accusare gli scienziati di essere arroganti e avidi» e la cultura scientifica di essere senza valori – che, guarda caso, necessiterebbe del “materno” e severo supporto della Chiesa –, ma questa è una storia che parte da lontano. Fin dai tempi di Galileo Galilei, quando la scienza ottiene uno status e una dignità propri, la Chiesa ha tentato di controllarla, imbrigliarla, piegarla alle proprie concezioni e solo successivamente si è aperta – sempre cercando di metabolizzarle – a certe teorie e scoperte. D’altronde, il rapporto tra religione e scienza spesso è di attrito, soprattutto sul terreno della biologia, come dimostra ad esempio il creazionismo di stampo protestante. Nonostante la Chiesa sia relativamente più aperta rispetto ad altre confessioni, continua ad intervenire pesantemente anche in sede istituzionale per impedire che passino certe riforme (più in linea con le cognizioni scientifiche recenti), come il testamento biologico o la procreazione assistita. Il tutto è aggravato dal fatto che la politica, in maniera molto palese questi ultimi anni, si dimostra «più papista del papa»: emblematico il caso dell’eliminazione dai programmi scolastici dell’evoluzionismo ad opera dell’ex ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, che suscitò la reazione della comunità scientifica.

Secondo l’analisi dell’astrofisica, due quindi sono gli elementi che non favoriscono la consapevolezza scientifica e la ricerca nel nostro paese: l’ottusità della classe politica e gli ostacoli posti dalla Chiesa, che spesso collaborano in una discutibile sinergia e nel creare un circolo vizioso che penalizza la scienza. Il risultato è un paese in declino, dove la scienza non è tenuta in adeguata considerazione, dove anzi è diffusa una certa diffidenza per questioni legate alla biotecnologia, all’inquinamento, al nucleare (questioni sulle quali, paradossalmente, si potrebbe al limite intervenire solo insistendo sulla ricerca), dove lo stato taglia fondi alle scuole, alle università e alla ricerca, dove i cervelli fuggono (e dire che, nonostante tutto, gli studiosi italiani danno ottimi risultati – ma soprattutto all’estero) e dove la Chiesa non è estranea alla situazione. La Hack si chiede quindi come sia possibile uscire dal declino dell’Italia di oggi e risponde: «occorre maggiore cultura scientifica, ma in generale maggiore cultura in tutti i sensi, perché solo così si sviluppano le capacità razionali di giudizio indipendente». Speriamo che il suo sentito appello non venga ignorato.

Valentino Salvatore
marzo 2010