Laicità

Politica, religione, libertà
Andrew Copson
Nessun Dogma
2018
ISBN: 
9788898602469

Questo libro è pubblicato da Nessun Dogma, il progetto editoriale dell’UAAR.

Nato in una famiglia alla quale da varie generazioni non appartiene alcun credente, Andrew James William Copson (n. 1980) si è interessato in qualche modo delle religioni solo nel corso degli studi universitari, durante i quali ha avuto modo di partecipare alle campagne della British Humanist Association contro la intromissione del pensiero religioso e l’attivismo dei gruppi creazionisti nelle scuole statali inglesi.

Inizialmente impegnato in questa associazione come responsabile delle campagne per la promozione del secolarismo nelle scuole e nelle istituzioni statali, ne è divenuto Chief Executive dopo pochi anni; e nel 2015 è stato eletto Presidente della International Humanist and Ethical Union. Forte assertore della neutralità dello stato rispetto alle religioni, così come della stessa libertà religiosa, e particolarmente attivo sui media, ha fornito un valido supporto anche ad altre associazioni umaniste e per i diritti degli omosessuali. Dopo avere contribuito a varie opere collettanee, ha pubblicato nel 2017 questo suo primo personale saggio (dal titolo originale: Secularism: Politics, Religion, and Freedom), che non vuole essere né una apologia della laicità, né un attacco frontale alle religioni, ma piuttosto una serena perorazione di principi ai quali, come associazione, non possiamo che associarci.

Copson non appare in alcun modo interessato alle specifiche tematiche religiose, dunque neanche a svalutarle o a contestarne i principi e le contraddizioni; il suo obiettivo è quello di definire convincentemente le caratteristiche e le istanze della laicità, la loro origine e i modi di implementarle nell’organizzazione sociale, rispettando il principio base della separazione della religione dalla sfera pubblica.

L’idea di laicità, ben lo sappiamo, ha certamente origini remote. Aristotele sarebbe stato a suo parere il primo ad averne delineato un concetto embrionale; e, sorprendentemente, lo stesso Tommaso d’Aquino avrebbe tracciato i separati contorni dei poteri temporale e religioso, ipotizzandoli distinti anche se non equivalenti. Ma solo con l’Illuminismo si è originato uno scarto fondamentale tra il pensiero cristiano e quello illuminista, in base all’idea che la legittimità del governo dipenda dal consenso popolare e non da una delega divina.

L’inserimento di concetti laici nelle costituzioni di paesi con forti tradizioni cristiane ha generato vari modelli, fra i quali Copson analizza in particolare quello francese post-rivoluzionario e quello degli Stati Uniti, per nulla paralleli nello svolgimento storico e negli esiti. Dei due, solo la Francia si può definire ai nostri giorni un paese realmente laico, nel quale la libertà di pensiero è tutelata fin dal 1789, anche se la parità di trattamento estesa a tutte le concezioni religiose e non religiose appare da qualche decennio in forte discussione, a motivo delle controversie su di un possibile diverso trattamento dei musulmani. Negli Stati Uniti, all’opposto, si è avuto nel tempo un sostanziale fallimento politico dei laici, a causa della forte presenza e pressione sociale delle confessioni religiose, in particolare quella cristiana a maggioranza protestante. In entrambi i casi, Copson dedica molta attenzione al problema del bilanciamento fra i principi costituzionali prettamente laici e le concessioni legate alle istanze religiose, un percorso normativo particolarmente tormentato negli Stati Uniti (e che, tanto per fare un esempio, ha il contraltare nella tormentata laicizzazione della Turchia)

In questo volume di agile lettura, è evidente il maggiore interesse dell’autore per la storia politica della laicità piuttosto che per quella filosofica. Fondamento della maggioranza degli Stati odierni sarebbe il principio di legalità codificato nelle rispettive costituzioni, piuttosto che gli assunti religiosi imposti dagli antichi regimi. L’affermazione dell’etica laica deriva in taluni casi da una scelta ufficiale; ma in molti altri appare un processo che procede dal basso, legato al mutare dei valori politici e di diritto civile e penale, che si allontanano dalla loro remota ispirazione religiosa.

Questo processo storico ha comunque trovato un forte limite applicativo nell’Otto-Novecento ad opera di costituzioni e leggi che contenevano un’ampia gamma di compromessi, frutto delle singole culture e storie nazionali, di rado inequivocabilmente laiche. Ma nel ventunesimo secolo il quadro si è reso più complesso: «La laicità è oggetto di numerose contestazioni, con argomenti ai quali alcuni suoi fautori faticano a controbattere. Al tempo stesso, la laicità continua a diffondersi nel mondo, laddove popolazioni soggette a forti vincoli religiosi la vedono come aspetto essenziale della modernità e strumento di liberazione personale e pace sociale.» Di fatto, non esiste a tutt’oggi un ben definito e concorde modello di laicità; ed il termine laicità è applicato a situazioni molto diverse fra loro.

Fautori ed avversari della laicità contrappongono (i secondi in modo generalmente più vivace e talvolta perfino aggressivo) le loro ragioni. Copson ne presenta un articolato elenco.

A supporto della laicità vengono in particolare sostenute: la tesi della dignità umana (fondata sul principio del libero arbitrio di John Stuart Mill); il principio della equità (come previsto nel contratto sociale di Rousseau); l’idea che la laicità sia lo strumento migliore per regolamentare una società composta da gruppi religiosi potenzialmente in conflitto: l’inarrestabile avanzamento della modernità (che ha determinato la fine dell’era cristiana in Europa) e delle istanze democratiche; il rifiuto della tradizione; la ricerca della libertà e felicità individuale e del progresso umano, che si avvale del metodo scientifico e dei suoi frutti tecnologici.

L’opposizione alla laicità appare invece piuttosto diversificata, talora perfino incomprensibile a chi vive in un mondo sempre più globalizzato; ne fanno parte: la contrapposizione insita negli ordinamenti teocratici o che all’opposto impongono un ateismo di stato; quello che Copson definisce «conservatorismo romantico»; lo stesso «mito della neutralità», ovvero l’idea che la laicità di per sè non sia davvero obiettiva.

Rispetto al passato, si può tuttavia osservare nell’opposizione ad una effettiva laicità un deciso cambiamento di paradigma: «All’epoca in cui la laicità era solo un’ipotesi, gli argomenti dei suoi detrattori erano incentrati sulla difesa dello status quo religioso. Molti vengono utilizzati ancora oggi. Dopo l’adozione della laicità come sistema istituzionale, i suoi avversari hanno elaborato argomenti nuovi e di natura diversa, perché rivolti a un’ideologia al potere. A rendere le cose ancora più complicate, più che opporsi completamente alla laicità numerosi suoi critici tentano di modificarne contenuto e definizione.»

Per superare questo stato di cose, Copson sostiene il principio delle cosiddette «tolleranze gemelle» (che certamente riecheggia il principio della ‘libera chiesa in libero stato’ propugnato in Italia da Cavour), fatta salva la preminenza giuridica dell’ordinamento dello stato.

Ma restano comunque irrisolte (e di difficile soluzione) molte questioni pratiche; fra queste: il fatto che molti stati privilegiano una religione; l’inserimento della religione negli insegnamenti scolastici; la libertà di critica delle religioni; il tentativo di imporre leggi e tabù religiosi agli areligiosi; la questione dei simboli religiosi; la libertà di coscienza rispetto alle leggi (quando ispirata ai soli principi religiosi); l’eterogeneità religiosa in una società multiculturale e sempre più intercorrelata; il rapporto fra politica e religione.

Secondo Copson, «che un ammorbidimento della laicità sia la risposta a una sempre più marcata eterogeneità religiosa è tutt’altro che pacifico. Al contrario, un incentivo potrebbe essere rafforzare la laicità, magari inducendo gli Stati europei implicitamente laici a seguire il modello statunitense dichiarandosi ufficialmente tali e celebrando questo valore civico.»

In quanto al futuro, come attivista, egli ha una solida idea circa il modo di procedere: «La laicità è come tutti gli altri obiettivi politici: la si può costruire in modo liberale o draconiano. Può essere introdotta democraticamente, con il consenso popolare, soggetta al principio di legalità, applicata con cautela nel tentativo di rispettare i diritti umani degli aderenti ad ogni credo. Oppure, specie quando è vista come semplice separazione fra Stato e Chiesa, può essere imposta con la violenza perseguitando i suoi detrattori, progettata per emarginare i dissidenti e omogeneizzare la società in un regime totalitario. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la laicità in quanto tale. […] Un mondo in cui tutti credono le stesse cose e condividono la stessa cultura sarebbe una noia mortale.»

Francesco D’Alpa
in anteprima da L’Ateo n. 122