Geografia dell’Italia cattolica

Roberto Cartocci
Il Mulino
2011
ISBN: 
9788818180608

Incuriosito da un’ultimissima pubblicata sul sito dell’UAAR il 7 luglio 2011, che riprendeva un articolo de La Repubblica, ho acquistato e letto il libro di Roberto Cartocci Geografia dell’Italia cattolica, edito da Il Mulino. Il libro promette un’analisi quantitativa, e quindi statistica, del “fenomeno” cattolico nel nostro Paese ed ambisce ad essere una fotografia (fedele?) dello stato di aderenza alla religione cattolica dei nostri concittadini a livello provinciale.

A mio parere, il titolo più adatto per questo volumetto sarebbe stato: “Geografia dell’Italia secolarizzata” se non Laica o Non credente perché dopo sette capitoli ed una serie di tabelle, cartografie e grafici (comunque molto utili) che riassumono i principali indicatori scelti dal ricercatore come termometro del tasso di cattolicesimo degli italiani, lo stesso autore arriva alla conclusione che «l’Italia è solo in apparenza un paese cattolico» [1] (p. 135). A questa conclusione giunge dopo aver analizzato cinque parametri: il numero di persone che dichiarano di partecipare alla messa domenicale che, come fa giustamente notare Massimo Introvigne, è cosa ben diversa dal rilevare realmente quante persone partecipano realmente alla funzione [2]; il numero di matrimoni civili sul totale dei matrimoni; il numero dei figli nati al di fuori del matrimonio sul totale dei nati; la percentuale degli studenti che si avvale dell’ora alternativa all’insegnamento della religione cattolica e la percentuale d elle scelte alternative alla chiesa cattolica nella destinazione dell’8 per mille IRPEF.

Peccato che nel primo capitolo, probabilmente al fine di controbilanciare le inevitabili conclusioni suggerite dai dati presi in considerazione, Cartocci ricorra alla classificazione del sociologo Franco Garelli per mettere subito le cose in chiaro e dichiarare aprioristicamente che i “Non cattolici” sono solo il 10% della popolazione italiana; questo dato sarà poi inevitabilmente smentito da tutti gli indicatori scelti dallo stesso Cartocci. Per contrasto, scopriamo (si fa per dire) che i non-cattolici (atei, agnostici, laici, anticlericali) sono in prevalenza maschi, adulti (compresi nella fascia d’età 18-44 anni), laureati e vivono prevalentemente nei centri metropolitani di Emilia-Romagna e Toscana [3]; mentre i fedeli sono in gran parte rappresentati da: donne, minorenni o anziane, in possesso della licenza elementare, residenti in piccoli centri prevalentemente del Sud Italia, insomma… nessuna sorpresa!

Molto interessante, a mio parere, il capitolo relativo alla destinazione dell’8 per mille IRPEF, basato sui dati forniti dalla CEI che si presume riporti quelli dell’Agenzia delle Entrate (perché non direttamente quelli dell’Agenzia?) e quello relativo alla scelta di avvalersi dell’ora alternativa alla religione cattolica nelle scuole: questi due parametri implicano un grado di consapevolezza ed uno “sforzo” maggiore rispetto al matrimonio civile, ormai assimilato, e alla convivenza more uxorio quindi risultano più adatti a identificare i “laici” in senso lato. Bene, da questi due dati emerge una geografia dell’Italia sostanzialmente divisa in tre parti: un nord piuttosto secolarizzato e proiettato a livelli mitteleuropei, un sud molto “tradizionale” (per non dire arretrato) e un centro che si colloca in una posizione mediana anche dal punto di vista dell’adesione alla pratica cattolica. Mi piace campanilisticamente sottolineare il risultato delle province romagnole: Ravenna risulta essere la provincia in cui si sceglie meno la chiesa cattolica come beneficiaria dell’8 per mille e si colloca al 2° posto della classifica delle province più secolarizzate, ma anche Forlì-Cesena e Rimini hanno valori molto positivi in tutti gli indicatori di secolarizzazione arrivando a piazzarsi rispettivamente al 19° e 30° posto.

La conclusione a cui giunge l’autore, e che ha destato un certo clamore sulla stampa nazionale, è che nelle zone in cui si registra un maggiore capitale sociale, cioè dove c’è una combinazione più favorevole di civismo e ricchezza umana ed economica [4], si registra anche un maggior tasso di secolarizzazione. Il pregio fondamentale di questo breve studio è, secondo me, l’aver messo in luce come il processo di progressivo allontanamento degli italiani dalla religione cattolica innescatosi alla fine degli anni ’60 sia inarrestabile come dimostra la fuoriuscita massiccia dalle parrocchie dei post-adolescenti.

Matteo Teodorani
da L’Ateo n. 104

 

Note

[1] “Geografia dell’Italia cattolica”, di Roberto Cartocci, pag. 135.
[2] Infatti, in una ricerca condotta dallo stesso Introvigne e da PierLuigi Zoccatelli in Sicilia si è registrato un valore del 30,1% di persone che hanno dichiarato di partecipare alla funzione domenicale nel corso di interviste telefoniche contro un 18,3% di presenze reali rilevate davanti alle chiese dai due ricercatori.
[3] Interessante notare come Cartocci giunga alle stesse conclusioni a cui è giunta la ricerca condotta sui partecipanti al Congresso UAAR di Varese, vedi il n. 4/2011 (76) de L’Ateo.
[4] Si veda in particolare “La tradizione civica nelle regioni italiane”, di Robert D. Putnam, Mondadori 1993.