Il fondamentalismo cristiano negli Stati Uniti d’America

Maria Teresa Trigiante
Intersezioni
2007
ISBN: 
9788890045820

La politica della più grande (se non l’unica) superpotenza economica e militare del pianeta è pesantemente influenzata da gruppi religiosi cristiani. Questa semplice constatazione, presumibilmente condivisa da tutti i lettori, dovrebbe spingerci a prestare più attenzione a quanto succede oltre Oceano, perché produce inevitabili ricadute anche nel nostro paese. Tutto il fenomeno dei cosiddetti “atei devoti”, ad esempio, è di diretta importazione dagli States, dove ha assunto le vesti di un’interessata collaborazione tra sofisticate élite conservatrici e più popolareschi (e, ai nostri occhi, talvolta folkloristici) gruppi religiosi specializzati in lobbying. Che poi la collaborazione sia sincera ne dubita la stessa Trigiante, autrice di questa sorta di introduzione al mondo del fondamentalismo.

Il libro è diviso in quattro parti, che propongono un percorso di progressivo avvicinamento al tema probabilmente più interessante: l’influenza cristiana sulla presidenza Bush. La prima parte tratta del fondamentalismo religioso e conclude affermando che, in linea generale, «ovunque c’è religione si annida il rischio di derive fondamentaliste». Anche le religioni orientali, solitamente destinatarie di critiche più benevole, non ne sono affatto immuni, ed è pertanto opportuno mantenere sempre alta la soglia di attenzione nei confronti dei tentativi di sconfinamento in politica.

Nello specifico, il vero e proprio fondamentalismo nasce negli USA, in ambienti protestanti, a cavallo tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Inizialmente fu un movimento soprattutto interessato a fissare alcuni irrinunciabili punti fermi dottrinali, nonché a frenare le innovazioni molto in voga in un periodo caratterizzato dalla diffusione della cosiddetta “teologia critica”: nel mondo cattolico, la lotta al modernismo promossa da Pio X si muoveva sostanzialmente sulle stesse direttrici. Ciò non toglie che la storia degli Stati Uniti sia sempre stata contrassegnata da una diffusa religiosità, frutto probabile dell’immigrazione di tanti dissenters in fuga dal continente europeo. Il paradosso di avere, per contro, un quadro costituzionale fortemente laico è spiegato adeguatamente, come ricorda l’autrice, non solo dalla diffusione degli ideali di tolleranza (ristretti peraltro all’élite), ma soprattutto da esigenze più pratiche: «i Padri fondatori sapevano che la neonata nazione conservava al suo interno un grande numero di confessioni differenti, e istituzionalizzare una di queste a scapito delle altre non avrebbe certo favorito la coesione e l’armonia tra i vari Stati».

L’ideologia soggiacente alla proposta fondamentalista non è tuttavia granché nuova: si tratta in fondo della costruzione di una tradizione e di un’identità che ben difficilmente sono mai esistite, quantomeno nella forma che sono soliti rappresentare: essi infatti «ricorrono alla retorica del tradizionalismo che rimanda a un’epoca dell’oro, effettivamente mai esistita, in cui regnava la legge di Dio in tutte le sfere della vita, individuale e collettiva, e predicano il ritorno irrazionale al pensiero dogmatico contro l’autonomia della ragione umana». Terrorizzati dall’umanesimo secolare, benché nati in reazione alla modernità non esitano tuttavia a sfruttarla per raggiungere i propri scopi: l’autrice, esperta in comunicazione, dedica la terza parte all’analisi di alcuni dei siti Internet più interessanti tra quelli della galassia fondamentalista. Alcuni di essi sembrano veramente lontani anni-luce dal mondo contemporaneo (in particolare il Presidential Prayer Team, che propone ai navigatori l’adozione di determinate truppe per cui pregare).

Il mix religione-politica è dunque evidente, e proprio all’influenza dei gruppi religiosi più conservatori sull’odierna politica statunitense è dedicata l’ultima parte del testo. Le pressioni sono consistenti, tanto che il presidente, in occasione dell’avvio della guerra contro l’Iraq, si è potuto permettere di tagliare i ponti con le chiese “storiche”, ormai irrimediabilmente tacciate di progressismo. Ciononostante, il rapporto politica-fondamentalismo resta fortemente ambiguo e sospetto di strumentalità, anche per il fatto che colui che ne dovrebbe rappresentare il simbolo unificante, George W. Bush, non sembra essere esattamente il prototipo del buon cristiano.

Nel concludere il libro, l’autrice riprende le opinioni di Casanova e Stark sulla crisi della teoria della secolarizzazione. A parer mio la crisi è solo politica: le religioni, negli ultimi trent’anni, si sono pressoché tutte estremizzate, ma anziché isolarsi da un mondo che non comprendevano più hanno deciso di intervenire in politica per spostare indietro le lancette dell’orologio. Laddove hanno trovato politici disponibili a dar loro ascolto, l’arretramento della laicità è stato considerevole. Che esso si sia accompagnato a un declino delle opinioni non religiose è tuttavia discutibile: negli stessi States la percentuale dei non affiliati ad alcun culto è addirittura raddoppiata. Un dato che non ha mai ricevuto l’attenzione che si merita, e che peraltro è facilmente comprensibile alla luce di quanto contenuto in questo libro: come aderire sinceramente a una confessione religiosa, quando i suoi esponenti volano (le poche volte che riescono a volare) così basso?

Raffaele Carcano,
Circolo UAAR di Roma,
settembre 2007