Due casi di parricidio

Voltaire
Manifestolibri
2011
ISBN: 
9788872856925

Dopo la traduzione di opere di Diderot, Balzac, Nerval, Musset, Zola, Hugo, il francesista Paolo Fontana sembra essersi appassionato a François-Marie Arouet alias Voltaire, personaggio immenso e perciò complesso e a tratti contraddittorio come la sua epoca, che fu insieme filosofo, drammaturgo, poeta e critico letterario ma anche intellettuale engagé, infaticabile alfiere contro dispotismo e fanatismo religioso. Prima con  I diritti umani e le usurpazioni papali, e adesso con questa nuova traduzione di un testo inedito del più celebre tra i filosofi dei Lumi, Fontana mostra ai lettori il Voltaire appassionato delle arringhe a favore delle vittime di clamorosi errori giudiziari e difensore della giustizia .

Va detto subito che il termine “parricidio” che appare nel titolo, comunemente inteso come omicidio del padre secondo l’etimologia latina pater, parens, può essere usato per indicare l’omicidio oltre che di un ascendente anche di un discendente o di un parente stretto. I parricidi di cui si tratta riguardano nel nostro caso le accuse di omicidio del figlio (nel caso Calas) e della figlia (nel caso Sirven). Peraltro questi non furono gli unici casi di cui Voltaire perorò la causa. Si potrebbero ricordare quelli relativi a Lally-Tollendal, Montbailli o d’Étallonde, compagno quest’ultimo dello sfortunato cavaliere de La Barre la cui vicenda è ricordata nella prefazione da Fontana e su cui Voltaire scrisse e lanciò i suoi strali. Una storia emblematica riguardo al clima asfittico che si viveva in quel tempo. Il giovane de La Barre viveva ad Abbeville, una cittadina del nord della Francia e nel 1765 ebbe un contrasto con un certo Belleval intenzionato a farla pagare al cavaliere insolente. Approfittando del danneggiamento di un crocifisso posto sul ponte nuovo di Abbeville, a seguito del quale il vescovo della città aveva eccitato gli animi  parlando di una setta sacrilega che faceva a pezzi i crocifissi e pugnalava le ostie, il famelico Belleval sfruttò il clima da caccia alle streghe e mise insieme l’episodio del crocifisso con una vicenda precedente che riguardava de La Barre, il quale era stato visto insieme ai compagni d’ Étalonde e Moinel passare davanti ad una processione senza scoprirsi il capo, gesto che fu interpretato come insulto deliberato alla religione. Nonostante non vi fosse alcuna relazione tra le due vicende, Belleval denunciò i tre giovani servendosi anche di alcuni delatori fomentati ad arte. I giudici di Abbeville condannarono il diciottenne d’Étallonde al taglio della lingua e della mano destra per poi essere bruciato a fuoco lento nella piazza del mercato; per sua fortuna,  d’Étallonde riuscì a fuggire. Il quindicenne Moinel venne assolto. Il povero de La Barre subì invece la pena della tortura, per essere poi decapitato e arso su un palo il primo di luglio del 1766. Due settimane dopo Voltaire, scrivendo a Cesare Beccaria, cominciò la sua campagna per la riabilitazione di de La Barre che arriverà solo nel 1793.

Ma torniamo ai due casi di parricidio. L’affaire Calas è probabilmente il più conosciuto grazie anche   alla fine tragica del protagonista alla cui memoria Voltaire aveva già dedicato il Trattato sulla tolleranza, le cui tematiche sono riprese nel presente testo. Jean Calas era un noto commerciante, nella città di Tolosa, di confessione protestante come quasi tutta la sua famiglia. Uno dei suoi figli, Marc-Antonie, non potendo intraprendere la carriera di avvocato alla quale aspirava per la mancanza dei necessari certificati di “cattolicità”, decise di suicidarsi nel magazzino della casa di famiglia. Calas, per non esporre lo sfortunato ragazzo alle esequie infamanti riservate ai suicidi secondo il costume della Chiesa del tempo, dichiarò dopo varie reticenze di avere trovato il figlio strangolato. Qualche fanatico però cominciò ad insinuare che ad uccidere il ragazzo fosse stato il padre per impedirgli di abiurare la fede protestante dal momento che Marc-Antoine da lì a poco si sarebbe convertito al cattolicesimo. Tutta la famiglia Calas fu sbattuta in prigione. Nonostante Jean Calas fosse ritenuto da tutti una brava persona e un buon padre, il 10 marzo 1762 subì la tortura della ruota per essere poi strangolato e bruciato. Voltaire ottenne la revisione del processo e poco tempo dopo, nel 1765 un decreto dichiarò Calas innocente e ne riabilitò la memoria. Sulla vicenda Voltaire non rinuncia ad essere sferzante e sarcastico alla sua maniera scrivendo: “Che i giudici della Linguadoca smettano di credere imprudentemente che ogni padre di famiglia protestante incominci con l’assassinare i suoi figli non appena sospetta una loro simpatia per la Chiesa romana, e allora non ci saranno più processi di parricidi”. Ed ancora: “Questo reato in effetti è ancora più raro di quello di fare un patto con il diavolo perché è possibile che delle donne imbecilli, alle quali il loro parroco avrà fatto credere nella sua predica che ci si può accoppiare con un caprone al sabba, provino, grazie a quella stessa predica, la voglia di andare al sabba e di accoppiarsi con un caprone. E’ naturale che, essendosi massaggiate di unguento, esse sognino di notte di aver goduto dei piaceri del diavolo: ma non è naturale che i padri e le madri sgozzino i loro figli per piacere a Dio”.

L’affaire Sirvenè ancora più truculento. Paul Sirven, notaio calvinista della provincia di Castres, aveva una figlia che, presentata al vescovo della città da una donna di servizio della casa, fu rinchiusa dal prelato in una sorta di convento dove venne educata a colpi di frusta ai principi della religione cattolica. La ragazza divenne pazza per le botte subite e scappata dalla prigione si andrà a gettare in un pozzo. Il giudice aizzato dai soliti fanatici spicca un mandato di cattura contro Sirven, la moglie e le sue figlie. Paul Sirven, memore della vicenda di Calas, decide di fuggire attraversando a piedi le montagne coperte di neve in un faticoso viaggio durante il quale una delle figlie partorisce e che li porterà a Losanna, in Svizzera, dove si mettono in contatto con Voltaire, il quale li accoglie in casa sua e si mette in contatto con il famoso avvocato parigino  Élie de Beaumont ed inizia il battage a favore degli sventurati pubblicando nel giugno 1776  il testo qui all’attenzione dei lettori che recitava: Pubblica informazione sui parricidi attribuiti ai Calas e ai Sirven. Dopo varie peripezie giudiziarie, tra le quali la costituzione di Sirven consigliata dalla stesso Voltaire, il Tribunale di Tolosa nel 1771 riabiliterà tutta la famiglia condannato la loro città a versare un indennizzo.

L’opuscolo in appendice è corredato da una serie di corrispondenze dello stesso Voltaire, tra le quali spicca quella scritta proprio all’avvocato de Beaumont. La lettura di Due casi di parricidio è raccomandata non solo per la straordinaria testimonianza storica riguardo a due casi esemplari di cronaca giudiziaria ma anche per la capacità dell’autore di Candido, di partire da vicende della vita di tutti i giorni, per elevare il discorso proferendo un nobilissimo quanto serrato j’accuse contro l’ignoranza, il pregiudizio, l’intolleranza. Bersagli prediletti le  dispute e le guerre di religione (“posso affermare che l’Europa sarebbe più popolata di un terzo se non ci fossero stati degli argomenti teologici”), le grottesche credenze nella magia, nelle streghe e nel diavolo (“quando finalmente la filosofia ha incominciato a illuminare un po’ gli uomini, la caccia alle streghe è terminata e loro sono scomparse dalla faccia della terra”), monaci e prelati, specialmente di cattolica romana chiesa, che il filosofo chiama “nemici del genere umano, nemici gli uni degli altri e di loro stessi, incapaci di conoscere le delizie della società, bisognava ben che la odiassero”, infidi personaggi sempre pronti a impadronirsi delle coscienze e dei beni materiali delle loro vittime.

Voltaire è il tipo di intellettuale engagé, alla maniera di Hugo, Zola e Lazare, che non poteva non piacere a Jean Paul Sartre che in Situations II scriveva: “Ritengo Flaubert e Goncourt responsabili della repressione che seguì alla Comune, perché essi non hanno scritto una riga per impedirla”. E sembra proprio che Voltaire avesse coscienza di questo altissimo compito: “Per le orribili sventure dei Calas e dei Sirven ho dunque fatto quello che fanno tutti gli uomini: ho seguito la mia predisposizione. Quella di un filosofo non è di compatire gli sventurati, ma di servirli”. E forse non poteva immaginare che sarebbe diventato, per la sua capacità di mobilitare l’opinione pubblica, antesignano dell’avvocato Peter Benenson, che nel 1961 fonderà Amnesty International.

Una lezione quantomai attuale quella di Voltaire rispetto ai nostri intellettuali odierni troppo televisivi, baciapile e proni di fronte ai potenti di turno. E attualissimo il suo Écrasez l’infâme!

 

Stefano Marullo
Settembre 2011