Dov'è finita l’anima cristiana?

Piccola controstoria di un mito
Francesco D'Alpa
Laiko.it
2007
ISBN: 
9788895357034

Ordina online:

In realtà, questa controstoria – nonostante la (finta?) modestia dell’autore – non è affatto “piccola”: D’Alpa infatti espone con grande erudizione e competenza il pensiero di numerosi apologeti e filosofi, proponendosi il compito di condensare in forma sintetica – ma senza lasciare nulla per strada – la “storia” dell’anima, dalla filosofia greca a oggi. L’ottica razionalistica dell’autore permette un approccio libero e non ossequioso, permette di fare confronti interessanti, di approfondire le contraddizioni e la mancanza di linearità nella formazione del concetto di anima nella civiltà giudaico-cristiana – ben oltre il semplicismo e il provvidenzialismo dell’apologetica che lima ogni contraddizione con la panacea della fede. Nel ripercorrere la storia dell’anima infatti ci si rende conto di come questa idea sia pressoché assente nell’Antico Testamento, e di come i cristiani l’abbiano sostanzialmente ripresa, in maniera molto ambigua e spesso in modi che oggi sarebbero definiti “eretici”, dal tardo giudaismo (come quello di Filone) e dalla cultura ellenistica – in particolare di matrice platonica.

Mentre la scienza “materialista” avanza, «l’apologetica cattolica, assolutamente sulla difensiva, crede di potersi ancora avvalere dei soli strumenti della razionalità applicati al deposito della tradizione e alla lettura obbligata delle Scritture. Le sue dimostrazioni si limitano a confermare soluzioni preconcette». Anche perché le controversie sull’anima «non provenivano sostanzialmente da quello che oggi definiremmo un “dibattito scientifico”, ma dalla necessità pratica di adattare (forzandola) la psicologia a quelli che erano oramai i dogmi consolidati della dottrina cattolica». L’approccio cristiano infatti propende per un dualismo anima-corpo che ignora o stravolge le elaborazioni scientifiche moderne, specie in campo evolutivo e psicologico. Un esempio su tutti: la tradizione teologica (vedi Tommaso d’Aquino) riteneva che l’anima razionale entrasse nell’embrione dopo alcune settimane, mentre solo da alcuni secoli la dottrina è cambiata, seppur in maniera contraddittoria, «giacché per giustificare le proprie ragioni si è dovuta aggrappare su certezze della scienza che contraddicono la genuina tradizione cattolica».

Nonostante ciò, l’apologetica pretende di presentare una serie di “prove” dell’esistenza dell’anima (psicologiche e oggettive): in realtà queste esulano dall’indagine razionale e si configurano essenzialmente in asserzioni “intuitive”, ruotanti intorno a mantra quali l’irriducibilità tra corpo e mente, l’insufficienza del razionalismo (che secondo i critici vorrebbe ridurre l’uomo a una “scimmia evoluta”), o non meglio precisate funzioni “spirituali” e morali che non sarebbero spiegabili altrimenti. Tanto che «questo genere di catechesi, che ostinatamente ignora o avversa i dati della fisiologia, prende invece addirittura come conferma (per convenienza) quelli presunti del magismo e dello spiritismo», andando sostanzialmente verso la deriva spiritualistica o condannandosi di fatto all’immobilismo.

Quindi, in base a questi assunti che fanno della critica al materialismo il proprio cavallo di battaglia, l’anima viene assunta come “principio” dell’essere umano, con varie sfaccettature (o «volti», come dice l’autore), come presupposto morale, coscienza, libero arbitrio, personalità, e chi più ne ha più ne metta. Ma «oggi è invece inevitabile tener conto dei dati neurofisiologici e neuropsicologici, che muovo in tutt’altra direzione».

La morte diventa chiaramente un momento cruciale per l’anima, anche se «sul perché l’anima debba staccarsi dal corpo alla morte, per poi ricongiungersi dopo il giudizio, le spiegazioni date dall’apologetica sono contraddittorie e spesso assolutamente risibili» - specie in relazione al quadro offerto oggi dalla medicina, ma anche alla luce di problematiche teologiche (ad esempio i casi di Adamo e Maria). Le cose si complicano per quanto riguarda il percorso dell’anima dopo la morte, l’eventuale resurrezione e le sue caratteristiche di immortalità: ambiti in cui si scontrano, in quella libertà totale data dalla non verificabilità dell’argomento, le teorie più svariate (che lasciano scoperte e irrisolte, anzi vieppiù amplificate, le aporie teologiche – com’è evidente ad esempio confrontando la patristica).

In sostanza, l’anima quale definizione dell’interiorità umana è sempre meno adeguata, tanto che l’autore parla di un suo «tramonto»: anche perché questo concetto, ideato nella civiltà greca, è stato via via caricato di elucubrazioni teologico-metafisiche che di fatto sono incompatibili con i contributi scientifici moderni.

Ma la Chiesa non è comunque immune ai grandi cambiamenti culturali degli ultimi secoli, spostando l’accento dall’“anima” alla “persona”: «sembra quasi che ci si voglia allontanare il più possibile da un certo passato, pur stigmatizzando il passo successivo dell’areligiosità. […] il problema teologico è divenuto quello di recuperare l’aspetto metafisico dell’essere umano, senza per questo rispolverare come tale l’imbarazzante concetto di anima».

Inoltre, dal XVII secolo è stato ormai perfezionato e formalizzato un approccio naturalistico a certe tematiche, che culmina oggi nelle neuroscienze e nella genetica, che “restringe” gli spazi dell’anima e sembra ridurla a un termine simbolico, poetico, affettivo.

Una riflessione, infine, emerge: è possibile che così tanti intellettuali, saggi, filosofi per secoli e secoli abbiano potuto scrivere così tanto e fare così tante elucubrazioni, distinguo, precisazioni su un argomento talmente evanescente (e senza avere alcuna possibilità di verifica)? Probabilmente il concetto di anima – proprio per la sua elasticità e astrattezza – ha tanta presa perché l’umanità è da sempre angosciata dalla paura della morte, e nel parlarne e discuterne in maniera così approfondita, nel darsi così tante “certezze” in merito, non fa che esorcizzarla, non fa che rassicurarsi.

Valentino Salvatore,
Circolo UAAR di Roma,
novembre 2007