Il buon senso

Paul H.T. d'Holbach
Garzanti
2006
ISBN: 
9788811363200

Non solo benissimo tradotta, ma pure magnificamente curata e introdotta dallo studioso Sebastiano Timpanaro, questa opera «minore» e poco conosciuta del campione dell’Illuminismo francese, articolata in 206 paragrafi, evidenzia il ruolo fondamentale del comune e purtuttavia raro «buon senso» nel rintuzzare l’arroganza e nel ridicolizzare le pretese totalitarie d’una pseudo «scienza» qual è appunto la teologia: un’impostura sedicente «filosofica» creata dai «religionisti» per mascherare e legittimare i perenni, criminali inganni del potere.

  • In breve, chiunque accetterà di consultare il buon senso sulle credenze religiose, si accorgerà facilmente che tali credenze non hanno alcun solido fondamento; che ogni religione è un castello in aria; che la teologia non è che l’ignoranza delle cause naturali ridotta a sistema, nient’altro che un vasto tessuto di chimere e di contraddizioni […] Non basta dunque il semplice buon senso per accorgersi che l’idea d’un essere simile è un’idea senza un modello reale, e che quest’essere è puramente fittizio? […] Per mettere in chiaro i veri princìpi della morale, gli uomini non hanno bisogno né di teologia, né di rivelazione, né di divinità: hanno bisogno solamente del buon senso (Prefazione, p. 8).
  • 2. Che cos’è la teologia? C’è una scienza che ha per oggetto solamente cose incomprensibili. Al contrario di tutte le altre scienze, essa non si occupa che di ciò che non può essere percepito dai sensi. […] tal che il buon senso si trasforma in delirio. Questa scienza si chiama teologia, e questa teologia è un insulto continuo alla ragione umana.
  • 13. In fatto di religione, gli uomini non sono che dei grandi bambini. Più una religione è assurda e piena di stranezze, più acquista diritti su di loro. Il devoto si crede obbligato a non porre alcun limite alla propria credulità: più le cose sono inconcepibili, più gli sembrano divine; più sono incredibili, più egli s’immagina che il credervi sia un merito.
  • 25. Un Dio-spirito è incapace di volere e di agire. Il teologo grida che Dio non ha bisogno di mani o di braccia per agire: «agisce per propria volontà». […] I teologi trattano gli uomini come fanciulli, che non fanno mai obiezioni sulla veridicità dei racconti che ascoltano.
  • 28 […] In verità, adorare Dio significa adorare le finzioni del proprio cervello, o, meglio ancora, non adorare nulla.
  • 32. La religione passa dai padri ai figli, come i beni di famiglia coi loro gravami. Ben pochi, nel mondo, avrebbero un Dio, se qualcuno non si fosse preso cura di darglielo.
  • 42. L’esistenza dell’uomo non dimostra affatto l’esistenza di Dio. […] L’intelligenza dell’uomo non dimostra l’intelligenza di Dio più di quanto la malvagità dell’uomo non dimostri la malvagità di quel Dio, di cui si pretende che l’uomo sia una creatura. Da qualsiasi lato la teologia affronti la questione, Dio sarà sempre una causa contraddetta dai suoi effetti.
  • 50. Dio non è fatto per l’uomo, né l’uomo per Dio. […] Quindi, per ammissione della teologia stessa, la teologia, che non cessa di occuparsi degli attributi e dei disegni della divinità, è la più assoluta follia.
  • 52. Quella che si chiama «Provvidenza» è solo una parola priva di senso. […] Un bigotto ammirava la divina Provvidenza per aver fatto passare saggiamente dei fiumi dovunque gli uomini hanno costruito delle grandi città. Il modo di ragionare di costui è altrettanto insensato quanto quello di tanti dotti che non cessano di parlarci di «cause finali». O pretendono di scorgere chiaramente i benèfici disegni di Dio nella formazione delle cose.
  • 61. La religione ci parla d’un inferno dove Dio riserva tormenti infiniti alla maggioranza degli uomini. Così, dopo aver reso i mortali infelicissimi in questo mondo, la religione fa intraveder loro che Dio potrà renderli ancora più infelici in un altro mondo. Se la sbrigano dicendo che, in quel caso, la bontà di Dio cederà dinanzi alla sua giustizia. […]
  • 64. […] Non c’è dunque alcuna vera differenza tra la religione naturale e la superstizione più cupa e servile. Se il teista non vede Dio che dal lato buono, il superstizioso lo vede dal lato più ripugnante. La follia dell’uno è lieta, la follia dell’altro è lugubre, ma tutti e due sono egualmente deliranti.
  • 77. Preti e teologi, voi ci gridate senza posa che i disegni di Dio sono impenetrabili […] Parlandoci continuamente delle immense profondità della saggezza divina […] i teologi non c’insegnano nient’altro che l’imbarazzo in cui si trovano quando si tratta di render conto della condotta di Dio, che essi trovano meravigliosa soltanto perché si trovano nella totale impossibilità di comprenderne alcunché.
  • 82. Confutazione di vari argomenti in favore del libero arbitrio. È assolutamente impossibile far accettare i migliori argomenti a uomini fortemente interessati all’errore, prevenuti, non disposti a riflettere; ma è più che mai necessario che la verità disinganni le anime oneste che la cercano in buona fede.
  • 89. […] Dunque, o ragionatori sconclusionati, voi credete in buona fede che il «buon Dio» vi mandi la peste, che il «buon Dio» vi procuri la guerra, che il «buon Dio» vi arrechi la carestia: in una parola che il «buon Dio» - senza cessare di essere buono - abbia la volontà e il diritto di infliggervi i peggiori mali che possiate provare! Smettete, almeno, di chiamare «buono» il vostro Dio, dal momento che vi fa del male; non dite che è giusto: dite che è il più forte, e che non riuscite a parare i colpi che il suo capriccio vi sferza.
  • 94. […] Altrettanto si può dire dell’uomo: questo beniamino della Provvidenza, questo «favorito» di Dio, corre rischi ben più grandi di tutti gli altri animali; dopo aver sofferto tanto in questo mondo, si crede in pericolo di soffrire eternamente nell’altro!
  • 97. Confutazione dell’eccellenza dell’uomo. […] Quanti animali mostrano più bontà, riflessione e ragionevolezza dell’animale che si considera ragionevole per eccellenza! […] Si sono viste scoppiare guerre di religione tra le bestie? La crudeltà delle bestie contro quelle appartenenti ad altre specie ha per motivo la fame, il bisogno di nutrimento; la crudeltà dell’uomo contro l’uomo ha per unico motivo la vanità dei suoi capi e la follìa dei suoi assurdi pregiudizi.
  • 107. Il dogma dell’altra vita non è utile che per quelli che lo sfruttano con l’aiuto della credulità della gente. […] I teologi hanno avuto le loro ragioni per affermare l’immaterialità dell’anima: avevano bisogno di anime e di chimere per popolare le regioni immaginarie che avevano inventato nell’aldilà […] Perché la grande arte dei teologi è di insufflare il caldo e il freddo, di affliggere e di consolare, di intimorire e di rassicurare.
  • 109. Chi combatte la religione e i suoi fantasmi con le armi della ragione somiglia a uno che si serva d’una spada per uccidere dei moscerini; subito dopo che il fendente è stato vibrato, i moscerini e le chimere ricominciano a volteggiare, e riprendono nelle menti il posto da cui si credeva di averli eliminati.
  • 115. La devozione è una malattia dell’immaginazione, contratta fin dall’infanzia; il devoto è un ipocondriaco che, a forza di medicine, non fa che aggravare il suo male.
  • 119. Un celebre filosofo ha detto giustamente «Non ci si può opporre alla verità adducendo la tradizione unanime o il consenso di tutti gli uomini». […] Tutti i popoli del mondo credono ancora agli stregoni, agli spettri, alle apparizioni, ai fantasmi, e nessuna persona sensata s’immagina di essere perciò obbligata a condividere queste sciocchezze; e tuttavia, i più sensati si fanno un dovere di credere ad uno spirito universale!
  • 120. In materia di religione, gli uomini, per la maggior parte, sono rimasti nella loro barbarie primitiva. Le religioni moderne non sono altro che follìe antiche, ringiovanite o presentate sotto qualche nuova forma.
  • 127. L’uomo sensato risponde che delirano tutti. […] Gli adepti dei diversi culti si accusano reciprocamente di superstizione e di empietà. I cristiani hanno orrore della superstizione pagana, cinese, maomettana. I cattolici romani trattano da empi i cristiani protestanti; questi a loro volta declamano senza posa contro la superstizione cattolica. Hanno tutti ragione. Essere empio significa avere opinioni ingiuriose verso il proprio dio; essere superstizioso significa averne idee errate. Accusandosi volta a volta di superstizione, i diversi religionisti somigliano a dei gobbi che si rinfacciano l’un l’altro la loro deformità.
  • 138. La fede si radica solo in spiriti deboli, ignoranti o pigri. La fede supplisce alla debolezza dell’intelletto umano, per il quale la riflessione è, di solito, un lavoro assai penoso; è molto più comodo rimettersi al parere di altri, anziché indagare personalmente […] ecco, certamente i motivi per cui la fede trova tanti fautori sulla terra.[…] Una profonda ignoranza, una credulità senza limiti, un cervello molto debole, un’immaginazione sovreccitata: ecco gli ingredienti coi quali si fabbricano i devoti, gli zelanti, i fanatici e i santi.
  • 146. La religione sembra fatta apposta per esaltare i prìncipi al di sopra dei popoli e abbandonare i popoli al loro arbitrio.
  • 149. Tra i più funesti doni che la religione abbia fatto al mondo bisogna soprattutto annoverare questi monarchi devoti e bigotti, i quali, illudendosi di affacendarsi per la salvezza dei loro sudditi, si sono fatti un sacrosanto dovere di tormentare, perseguitare, mandare a morte quelli che, in coscienza, la pensavano diversamente da loro.
  • 153. Lo spirito si confonde e la ragione rimane interdetta alla vista delle pratiche ridicole e dei riti avvilenti che i ministri degli dèi hanno inventato nei vari paesi per purificare le anime e per rendere il Cielo favorevole ai popoli.
  • 155. Dopo l’estinzione del paganesimo, i popoli considerarono un dovere religioso di scatenarsi come pazzi ogniqualvolta si vide sorgere qualche opinione che il loro preti credettero contraria alla «santa dottrina». […] Ma solo la libertà di pensiero può dare agli uomini grandezza d’animo e umanità. La nozione di un Dio-tiranno non può farne che degli schiavi meschini, infelici, rissosi, intolleranti.
  • 161. Per la sua stessa essenza, la religione è la nemica della gioia e del benessere degli uomini. «Beati i poveri! Beati quelli che piangono! Beati quelli che soffrono!». E maledetti quelli coloro che si trovano nell’agiatezza e nella gioia! Tali sono le singolari scoperte annunciate dal cristianesimo!
  • 166. Il timor di Dio è impotente contro le passioni. […] La religione è un freno soltanto per coloro che sono stati già ridotti alla ragione, o dal loro temperamento o dalle circostanze della vita. Il timore di Dio non impedisce di peccare se non a quelli che non hanno una forte volontà di peccare, o che non sono più in grado di farlo.
  • 173. Dio non è mai così in collera come quando si attenta ai diritti divini, ai privilegi, alle proprietà, alle immunità dei suoi preti.
  • 177. […] Ma che bisogno c’è di terrori e di fole per far sentire ad ogni persona ragionevole come si deve comportare sulla terra?
  • 181. Si rischierà sempre di ingannarsi quando si vorranno giudicare le credenze degli uomini in base alla loro condotta, o la loro condotta in base alle loro credenze. […] I partigiani della religione designano per lo più gli increduli col nome di «libertini». Può darsi benissimo che molti increduli abbiano una condotta scostumata; tale condotta è dovuta però al loro temperamento, non alle loro opinioni.
  • 185. È sempre il carattere dell’uomo che stabilisce il carattere del suo Dio; ciascuno si forgia un Dio per suo uso e in base a se stesso.
  • 192. Le ritrattazioni di un incredulo in punto di morte non dimostrano niente contro l’incredulità. […] Comunque siano le cose, un incredulo che si disdice durante una malattia non è né più raro né più straordinario di un devoto che - mentre è in buona salute - si permette di trascurare i doveri che la sua religione gli prescrive nel modo più categorico.
  • 197. Il popolo, diciamo la verità, non capisce nulla della propria religione. Ciò che esso chiama religione è soltanto un cieco attaccamento a credenze oscure e a pratiche misteriose. In realtà, togliere la religione al popolo significa non togliergli nulla.
  • 203. […] La superstizione assorbe quasi sempre le attenzioni, l’ammirazione e le finanze dei popoli. Essi hanno una religione molto costosa; ma non hanno denaro, né istruzione, né virtù, né felicità.
  • 205. La religione, in ogni epoca, non ha fatto che riempire lo spirito umano di tenebre, e mantenerlo nell’ignoranza dei suoi veri rapporti, dei suoi veri doveri, dei suoi veri interessi. Solo mettendo in fuga le sue nebbie e i suoi fantasmi scopriremo le fonti della verità, della ragione, della morale, e i motivi reali che devono condurci alla virtù.

L’AUTORE

Paul Thiry barone d’Holbach (1723 Heidelsheim, od. Germania - 1789 Parigi, Francia), filosofo oriundo tedesco, ma di lingua e cultura francese. È l’esponente più radicale del materialismo e dello scetticismo nel mondo dell’Illuminismo enciclopedistico. La sua opera maggiore è il Sistema della Natura, o delle leggi del mondo fisico e morale; tra le altre ricordiamo Il cristianesimo svelato, Della crudeltà religiosa, Morale universale pubblicate in gran parte anonime o clandestine ad Amsterdam e a Londra.

Luciano Franceschetti
Giugno 2000