Ateismo. Una brevissima introduzione

Julian Baggini
Nessun Dogma
2018
ISBN: 
9788898602421

Questo libro è pubblicato da Nessun Dogma, il progetto editoriale dell’UAAR.

Un’introduzione davvero breve, come promette il sottotitolo, ma molto completa ed esauriente dal punto di vista argomentativo, pensata per «atei in cerca di difese e spiegazioni sistematiche della loro posizione, agnostici che tutto sommato pensano che potrebbero anche essere atei e credenti animati da un sincero desiderio di capire che cos’è l’ateismo».

L’autore non si propone tanto di criticare le concezioni religiose o di mostrarne le debolezze, quanto di dissipare l’aura un po’ sinistra e minacciosa che circonda la parola “ateo”, evocando più aspetti negativi che positivi. Il termine “ateo”, tuttavia, non viene affatto rigettato, ma anzi preferito a “umanista”, espressione molto diffusa nei paesi anglofoni, per le ragioni che vengono esposte nel capitolo conclusivo: fondamentalmente perché quest’ultimo termine risulta meno chiaro, «potenzialmente lascia maggiore spazio alla confusione» — e la chiarezza è senza dubbio un valore per Julian Baggini.

Sono tre i punti salienti affrontati nel libro, con tono leggero ma ineccepibile rigore. In primo luogo, la questione delle ragioni a favore dell’ateismo — argomenti e prove, da valutare senza ricorrere alla retorica per concludere che le “prove” a favore del teismo sono assenti o debolissime.

In secondo luogo, la questione dell’etica, per contestare l’affermazione che Dostoevskij mette in bocca a Ivan Karamazov, «senza Dio tutto è permesso», e concludere che «la morale è più che possibile senza Dio: ne è completamente indipendente». Non c’è infatti morale alcuna nell’eseguire gli ordini di un metafisico essere superiore (o di un superiore in carne ed ossa) o nell’agire in base a imperativi ipotetici. In questo senso ben più convincente di Dostoevskij risulta il Woody Allen che in un breve racconto rivisita la narrazione biblica del sacrificio di Isacco: Dio si indigna del fatto che Abramo abbia preso sul serio la sua indicazione scherzosa di uccidere Isacco, Abramo obietta che quantomeno la sua disponibilità a sacrificare il figlio dimostra che egli ama Dio, Dio risponde spazientito che l’unica cosa che l’episodio dimostra è «che certi uomini eseguiranno un ordine qualsiasi, per quanto stupido sia, purché proveniente da una voce altisonante».

Infine, Baggini affronta la questione del senso o scopo della vita, cui le religioni sembrano saper dare una “risposta automatica”. Anche in questo caso viene contestata l’acquiescenza a una supposta eterodirezione: pensare che Dio abbia uno scopo per noi, anzi ci abbia creati per uno scopo, e avere fiducia in esso anche se ci risulta incomprensibile è una «morale da schiavi», come diceva Nietzsche, un comportamento degno dei pulitori di gabinetti geneticamente programmati del distopico Mondo Nuovo di Aldous Huxley. Sono molto più saggi i marziani del racconto And the moon still as bright di Ray Bradbury: «I marziani si accorsero che la domanda “Perché vivere?” veniva fatta invariabilmente al culmine di un periodo di guerra e disperazione, quando non c’era risposta. Ma poi la civiltà si placò, le guerre cessarono e la domanda perse ogni senso per altri motivi. La vita era bella, non c’era più bisogno di discussioni e di analisi». Non c’è scopo della vita al di fuori del vivere stesso e in questo senso la vita è più significativa per gli atei che per le persone religiose che considerano questo mondo terreno niente più che un’anticamera, una mera preparazione a un ipotetico mondo ultraterreno. Il libro propone poi una breve considerazione sulla storia dell’ateismo, per superare due posizioni apparentemente in contrasto: quella di James Thrower, autore di Western Atheism, secondo cui l’ateismo iniziò all’alba della stessa civiltà occidentale, nell’antica Grecia; e quella di David Berman, autore di A History of Atheism in Britain, secondo cui l’ateismo è emerso pienamente non prima del XVIII secolo. La tesi di Baggini è che l’ateismo ebbe le sue origini nella Grecia antica ma non venne allo scoperto come sistema di credenze palese e dichiarato fino al tardo illuminismo. Questo perché, nella condivisibile visione di Baggini, l’ateismo coincide di fatto con il pensiero razionalista e naturalista le cui origini sono rintracciabili nella filosofia greca: «il naturalismo, che sta al centro e alla radice dell’ateismo, si fonda […] su un più ampio impegno verso il razionalismo». Più precisamente «il naturalismo segue dal razionalismo, cosicché è quest’ultimo […] a essere fondamentale per le origini dell’ateismo».

L’ateismo è dunque il patrimonio di un’umanità che si è liberata dai miti per raggiungere “l’età della ragione”, così come rappresenta la conquista dell’individuo che si sbarazza delle illusioni infantili e accetta di farsi da sé la propria strada nel mondo: «Non abbiamo genitori divini che ci proteggono sempre e sono indiscutibilmente buoni. Il mondo è un posto vasto e inquietante, ma è anche un luogo dove ci sono opportunità per costruire la nostra vita […] La perdita dell’innocenza infantile è una lama a doppio taglio. In essa c’è qualcosa da compiangere e qualcosa da temere; è da qui che deriva quella sfumatura di oscurità presente in un sistema di credenze ateo e legata a questa perdita. Ma è anche la precondizione per una vita adulta significativa. Se non perdiamo l’innocenza dell’infanzia non possiamo diventare veramente adulti. Ugualmente, se non ci sbarazziamo dell’innocenza delle idee sul mondo soprannaturale non possiamo vivere in un modo che renda giustizia alla nostra natura di creature mortali finite».

Maria Turchetto
Da L’Ateo n. 120