Denis Diderot. L’ateismo problematico

Carlo Tamagnone
NonCredo
2013
ISBN: 
9788890680465

Cosa si può chiedere di più che recensire un libro su Diderot di un diderotiano doc (quanto a sensibilità filosofica) come Carlo Tamagnone per una casa editrice che si chiama Diderotiana? D’altronde, come giustamente fa notare Tamagnone, in Italia i lavori sul più illuminato tra gli illuministi, non abbondano di certo. Motivi storici e culturali hanno condizionato certamente la diffusione di un movimento di pensiero complesso ed eversivo rispetto a certe tradizioni omologate e dominanti (Tamagnone parla di “ muraglie cinesi” individuandole, non a torto, nel cattolicesimo e nell’idealismo) come l’Illuminismo (anche se la Treccani di recente ha dedicato un filone agli illuministi italiani). D’uopo è da segnalare, proprio di Tamagnone, il doppio volume dedicato all’Età dei Lumi del 2008. Quanto a Diderot, la sua impopolarità è figlia per un verso di una sorta di damnatio memoriae rispetto al più pervicacemente ateo tra i philosophes, ma trova la sua ragion d’essere anche nel suo eclettismo; filosofo certo, ma anche drammaturgo, politico, matematico, chimico, linguista, storico, sociologo (ed ancora) non c’è ambito dello scibile umano che non abbia appassionato Diderot, spirito indomabilmente curioso e brillante ma oltremodo adogmatico, asistemico, tollerante e fluido nelle sue convinzioni, dunque ostico se non, per i suoi detrattori, contraddittorio. Ecco spiegata la problematicità del suo ateismo che fu il prodotto di una lunga maturazione e che muove da una posizione, comune a molti illuministi, deista abbandonata in seguito. Una problematicità che è gnoseologica e metodologica nel rifiuto di ogni panteismo (“la natura non è Dio”) di ogni metafisica (la realtà unica fonte della conoscenza) ma anche di ogni materialismo e meccanicismo ingenuo (“l’uomo non è una macchina”) e che rende il suo pensiero, come si è già detto, fluido a tal punto da farne un antesignano del fallibilismo popperiano, attraverso quella che Diderot chiama la prova dell’inversione.

Una personalità eccezionale dunque quella di Diderot, ma soprattutto, e fa bene Tamagnone a ricordarlo, una figura generosissima e dalle istanze etiche altissime (la necessità di rendere pubblico il sapere fu un suo cruccio) e coerente con le sue idee fino in fondo (dovette patire anche il carcere con l’accusa di empietà) dedicando ben venticinque anni delle sue energie alla redazione dell’Encyclopédie, mettendosi contro tutto e tutti, lasciato sostanzialmente da solo da molti compagni di avventura che abbandoneranno l’impresa per stanchezza a causa dei continui attacchi (cacouac cioè cattivo e vigliacco era chiamato chiunque collaborasse a l’Encyclopédie, termine coniato in ambienti clericali e monarchici) come nel caso di d’Holbach, per convenienza politica, come nel caso di Voltaire, o per codardia, come nel caso di D’alembert. Sempre in precarie condizioni economiche, con una moglie (che non amò mai) e una prole da mantenere verso i quali fu sempre leale, ma vessato anche da continue condanne a pene pecuniarie intentategli da librai ed editori avvoltoi, Diderot trovò, negli ultimi anni della sua vita nell’imperatrice Caterina II di Russia la sua mecenate e protettrice, ma la zarina si rivelerà profondamente superficiale e dei sedici mesi passati alla sua corte scriverà pagine non proprio esaltanti.

Interessantissimo viaggio nella vita e nel pensiero del vulcanico filosofo francese, questo volume, sia pur con qualche asprezza di contenuti per il lettore poco aduso a masticare categorie filosofiche, può rappresentare una tappa fondamentale per quanti volessero approcciarsi alla lettura di Diderot o sondare il suo ateismo non ideologico e pragmatico.

 

Stefano Marullo
ottobre 2014