Caro papa, ti scrivo

Un matematico ateo a confronto con il papa teologo
Piergiorgio Odifreddi
Edizioni Mondadori
2011
ISBN: 
9788804610076

Fin dalla foto di copertina, in cui indossa un’immacolata camicia bianca e assume un’espressione quasi angelica, Piergiorgio Odifreddi intende presentarsi ai lettori del suo terzo libro sul cristianesimo (dopo il Vangelo secondo la scienza e di Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)) con un atteggiamento assolutamente irreprensibile. Il matematico si rammarica infatti che lo stile dei due precedenti libri, nonostante «il contenuto perfettamente serio», non gli «abbia attirato, se non la simpatia personale, almeno l’empatia impersonale dei credenti»: un autentico eufemismo (molto significativo) per non ricordare esplicitamente le tonnellate di critiche ricevute dai cattolici per certe battute e per alcune «impertinenze», come l’aver voluto ricordare l’etimologia della parola ‘cretino’. ‘Nuovo’ atteggiamento non significa però ‘conversione’ sulla via di Damasco: all’abbassamento dei toni non fa affatto seguito quello dei contenuti. Che possono così dispiegarsi con anche maggior efficacia.

La lettera che Odifreddi ha inviato a Benedetto XVI «si propone di intavolare una seria discussione sul rapporto tra fede e ragione», visto il frequente riferimento che vi fa l’attuale pontefice. E di discussione in effetti si tratta, perché l’autore ‘dialoga’ con quanto scritto da Benedetto XVI e, prima ancora, da Joseph Ratzinger, facendo in particolare riferimento ai due libri forse più importanti scritti dal papa: quello, relativamente recente, su Gesù di Nazaret, e l’Introduzione al cristianesimo scritta oltre quarant’anni fa, quando era un promettente teologo riformista, e dalla quale non ha mai preso apertamente le distanze. Un Ratzinger inevitabilmente diverso da quello attuale, quantomeno nello stile, con posizioni che «affrontano a viso aperto i punti controversi della dottrina», e molto distanti da quelle da pontefice, che si presentano invece «come insipide minestre».

Odifreddi non gliele manda comunque a dire. Né rinuncia del tutto all’ironia. Se il papa comincia il suo libro paragonando la figura del teologo contemporaneo all’immagine di un clown che cerca disperatamente di convincere la popolazione a intervenire per fermare un incendio, e non riesce a farsi credere proprio perché vestito da clown, Odifreddi gli ricorda l’uso del camauro, e si domanda anzi «se il cattolicesimo potrebbe sopravvivere senza lo spettacolo attraverso cui viene veicolato». Sottolinea le scorrettezze scientifiche contenute nei libri del pontefice, così avvezzo a inferire ciò che non deve dai dati disponibili, e a «pretendere dalla scienza degli standard di verificabilità che sono esattamente quelli che non è disposto a offrire per la religione». Evidenzia come «il suo Gesù di Nazaret cerchi di supplire al difetto di prove storiche con un eccesso di affermazioni apodittiche e di aggettivi superlativi, che paiono mirare più all’indottrinamento che alla dottrina», facendo ampio uso di iperboli. E non passerà inosservata l’affermazione «che alcuni credenti altro non sono che animali domestici, che vedono Dio nel loro padrone».

Lo stesso Ratzinger non è del resto privo di asperità nei confronti di chi non crede, come quando sostiene che «il Rubicone che separa l’essere “animale”dall’essere “logico”» fu superato quando, «per la prima volta, un essere nato dalla polvere e dalla terra, innalzando lo sguardo al di sopra di se stesso e del suo angusto ambiente, fu in grado di dire “tu” a Dio». Come dire: «l’umanità nasce nel momento in cui un animale diventa religioso».

Prevalgono però più spesso altri toni, e l’esegesi odifreddiana del pensiero del papa (soprattutto quello del primo Ratzinger) non è priva di una certa empatia, anche in questo caso chissà quanto ricambiata. Non è comunque mai in discussione il fatto che è un non credente a scrivere a un credente, anzi, al leader religioso più importante del pianeta. Un papa che ha peraltro anche un’idea abbastanza circoscritta della religiosità: «la fede designa l’opzione che ciò che non può essere visto non è affatto l’irreale, ma è anzi l’autentica realtà»”, scrive Ratzinger; «Lei sembra sorprendentemente restringere il concetto di credenza a quelle che si potrebbero chiamare, letteralmente, “percezioni extrasensoriali” o “esperienze paranormali”», gli fa notare Odifreddi. Dichiarare che «ogni tentativo di afferrare Dio con il nostro comprendere conduce all’assurdo», e che «dobbiamo lasciarlo sussistere nella sua incomprensibilità», equivale, per l’autore, «a un invito a non credere».

Sembra proprio che non ci sia nulla in grado di accomunare religione e scienza. Eppure, scrive Odifreddi, «sia il cristianesimo che la matematica si presentono come religioni, benché l’una confessionale e l’altra laica»: entrambe sono esperienziali, entrambe ambiscono all’universalità. Una provocazione, almeno questa? Odifreddi contrappone il «comprendere per credere» al «credere per comprendere»: scelte opposte, ma quantomeno scelte, fa notare il matematico, perché scegliere è indispensabile. Un punto su cui concorda anche il papa antirelativista, che peraltro propone come «luogo della comunicazione» tra credenti e non credenti i reciproci dubbi. Che non sono per nulla simmetrici: nei dubbi del credente, scrive Odifreddi, «il non credente vede soltanto un tentativo della ragione e della coscienza di riappropriarsi del controllo che la fede aveva dirottato sull’irrazionale e sull’inconscio». Che siano gli atei i più solidi nelle proprie convinzioni?

Il mittente ha inviato una lettera senza attendersi che il destinatario gli replichi. Purtroppo, il saper formulare le domande giuste è inversamente proporzionale alla possibilità di ottenere una risposta. Peccato, perché se la meriterebbe proprio: questo è probabilmente il miglior libro sul cristianesimo mai scritto da Odifreddi. Proprio per questo, piacerà probabilmente poco agli anticlericali a tempo pieno, e piacerà ancor meno ai polemisti cattolici che sono soliti soffermarsi sulle pagliuzze, anziché sulle travi.

Raffaele Carcano

Giugno 2011