Gli apostoli

Ernest Renan. Gli apostoli (Titolo originale: Les Apotres. Traduzione di Eugenio Torelli Viollier). Dall’Oglio, Milano 1956, pp. 261.

Dopo il folgorante successo della Vita di Gesù (1862), che apriva la serie della Storia delle origini del cristianesimo, interpretando con mente umana e poetica la figura del mitico nazareno, nella successiva indagine sui Dodici discepoli (del 1866) il grande orientalista e storico francese esamina con simpatia l’opera degli uomini che divulgarono il «verbo» del loro rabbi, trasfigurato nel «Cristo» da Paolo, cioè dal cosiddetto apostolo delle genti che non conobbe personalmente il suo redentore ma che fu il vero fondatore della setta più fortunata del tempo.

  • Il piccolo consorzio cristiano, quel giorno, operò il vero miracolo; risuscitò Gesù nel suo cuore per forza dell’amore intenso che gli portò: deliberò che Gesù non sarebbe morto (8).
  • Però la gloria della risurrezione appartiene a Maria di Magdala: dopo Gesù, la Magdalena contribuì più di ogni altro alla fondazione del cristianesimo: l’ombra creata dai sensi delicati di Maddalena governa ancora il mondo (12).
  • Sembrò loro generoso di credere senza prove.[…] Da quel punto, in fatto di credulità, nacque un’emulazione, una gara stranissima: il merito consistente nel credere senza aver visto, la fede ad ogni costo, la fede gratuita, la fede spinta fino alla follia si esaltata come il primo dono dell’anima. Il credo quia absurdum è fondato; la legge dei dogmi cristiani sarà una progressione che non si fermerà dinanzi a nessuna impossibilità. I dogmi più cari ai fedeli, quelli che saranno adottati con maggior frenesia, saranno i più ripugnanti alla ragione (Formazione delle credenze sulla resurrezione, 20).
  • Si comprenderà meglio quanto fosse grande il Nazareno, vedendo quanto fossero piccoli i suoi discepoli (Gretti, miseri, ignoranti, inesperti, lo erano quanto si può essere; la loro semplicità di spirito era somma; la loro credulità sterminata. Ma avevano un pregio: amavano il maestro oltre ogni dire).
  • Il dono delle lingue, in particolare, era considerato come un segno essenziale della nuova religione ed una prova della sua veridicità. […] Fino al III secolo, la «glossolalìa» si manifestò in modo analogo a ciò che descrive san Paolo, e fu considerata come un miracolo permanente (Fenomeni estatici e profetici, 50).
  • Inutile dire che quel piccolo gruppo di persone non aveva nessuna teologia speculativa. Gesù si era tenuto saviamente lontano da ogni metafisica.
  • Come il buddhismo, anche il cristianesimo fu un’associazione di poveri; il suo principale allettamento fu la facilità offerta alle classi diseredate di riabilitarsi con la professione d’un culto che offriva loro soccorsi e pietà infinita (Prima chiesa di Gerusalemme, tutta cenobitica, 64).
  • La condizione tanto difficile della vedova senza figli fu nobilitata, santificata dal cristianesimo. […] Quelle donne sempre in moto erano ammirabili missionarie per il culto nuovo (Istituzione del diaconato. Le diaconesse e le vedove, 85).
  • Al contrario dei farisei, gli apostoli erano privi di spirito; non adoperavano mai l’ironia. […] Ma i primi persecutori dei cristiani non sono i Romani, ma gli Ebrei ortodossi (Prima persecuzione e morte di Stefano, 95).
  • A Paolo, persecutore convertito, fu dato subito il battesimo. Le dottrine della Chiesa erano tanto semplici, che non ebbe nulla da imparare: fu subito cristiano e cristiano perfetto. […] Tal è la base della sua fede. Sosterrà che a bella posta non è andato a Gerusalemme dopo la conversione per abboccarsi con quelli che erano stati apostoli prima di lui; che ha ricevuto una particolare rivelazione e nulla gli è stato insegnato da uomini; ch’è apostolo, come i Dodici, per istituzione divina e per commissione diretta da Gesù; che la sua dottrina è la buona, quand’anche un angelo dicesse il contrario. […] Il protestantesimo già esiste - cinque anni dopo la morte di Cristo - e Paolo n’è l’illustre fondatore (Conversione di Paolo, 128).
  • In realtà, ciò che doveva frapporre un muro fra gli apostoli e Paolo, era soprattutto la differenza del carattere e dell’educazione. […] Il Cristo da lui veduto sulla strada di Damasco non era - checché lui dicesse - il Gesù di Galilea: era il Cristo della sua fantasia, del suo proprio intelletto. […] Se Paolo avesse incontrato Gesù vivo, è dubbio che gli si sarebbe collegato. La sua dottrina gli era propria, non gli veniva da Gesù; le rivelazioni di cui mena vanto son frutto del suo cervello (146).
  • Ad Antiochia si costituì una Chiesa cristiana, sciolta dai vincoli col giudaismo; quivi si stabilì la grande propaganda dell’età apostolica. Antiochia segna la seconda tappa dei progressi del cristianesimo. Fondazione della chiesa di Antiochia (155).
  • In Antiochia fu formato il nome di christianus […] Il punto in cui una nuova creazione riceve il nome è solenne; perché il nome è il segno distintivo dell’esistenza. Il cristianesimo è ormai staccato dal grembo di sua madre, la chiesa di Gerusalemme; l’aramaico - la lingua di Gesù - è sconosciuta a gran parte della di lui scuola; il cristianesimo parla greco, ed è gettato definitivamente nel gran vortice del mondo greco e romano, dal quale non uscirà più.
  • Ad Antiochia l’idea delle grandi missioni destinate a convertire i pagani - cominciando dall’Asia Minore - accese tutte le menti (San Barnaba e l’idea d’un apostolato dei Gentili, 162).
  • Quanto ai cristiani, la memoria di Simone di Gitton fu fra loro in abominazione. […] Pretesero che i prodigi di Simone e dei suoi discepoli fossero opera del demonio e vituperarono il teosofo samaritano col nome di «Mago», padre di ogni errore, primo eresiarca. […] Fu egli il primo nemico del cristianesimo, o piuttosto il primo personaggio che trattò come tale (Moti paralleli al cristianesimo, 189).
  • In fatto di religione, l’Impero romano dichiarò la guerra soltanto alla teocrazia. Il suo principio era quello dello Stato laico; non ammetteva che una religione avesse conseguenze civili o politiche in nessun modo; soprattutto non ammetteva nessuna associazione nello Stato che fosse indipendente dallo Stato (Legislazione religiosa di quel tempo, 238).
  • A causa delle confraternite, il cristianesimo fu tenuto lungo tempo a Roma per una specie di collegium funerario, e perché i primi santuari cristiani furono i sepolcri dei martiri (243).
  • Il cristianesimo nasce e si propaga in un tempo in cui ogni patria è spenta. […] Culto universale, come l’islamismo, il cristianesimo sarà in sostanza il nemico delle nazionalità (Avvenire delle missioni, 252).
  • Quegli onesti martiri, quei rozzi convertiti, quei pirati edificatori di chiese, ci signoreggiano sempre. Siamo cristiani perché piacque loro di esserlo (260).

L’AUTORE

Ernest Renan (1823 Bretagna, Francia - 1892 Parigi), ebraista, orientalista e storico di grande dottrina, fu privato della cattedra nel 1864 per la reazione cattolica contro la sua celebrata Vie de Jesus. Accademico di Francia per alti meriti culturali, oltre ai molti volumi storici sulle origini del cristianesimo, scrisse i Ricordi d’infanzia e di giovinezza, capolavoro di psicologia e di stile.