Il sugo della vita

Piero Camporesi - Il sugo della vita. Simbolismo e magia del sangue. Oscar Saggi, Mondadori, Milano 1993.

Il letterato antropologo indaga sugli aspetti meno noti delle culture popolari, sul loro intreccio con i saperi delle élite intellettuali, dal tardo Medioevo ai nostri giorni. Il saggio ricostruisce le più recondite rappresentazioni del sangue nell’immaginario privato e pubblico, esplorando i riti e le ossessioni della mentalità collettiva nelle società premoderne.

  • Le streghe - si diceva - succhiavano il sangue dai «fantolini» calandosi giù dai camini nelle notti di giovedì; le sante, rapite in estasi, invocavano il divino liquido rigeneratore; il cuore gocciolante di Gesù si mostrava dal costato squarciato nelle apparizioni; e il sangue purificatore dell’Agnello sgozzato era invocato con ebbrezza in punto di morte: «Sangue, sangue, all’ultimo più volte cridò» Caterina da Siena, come ricorda Pietro Canigiani nel Transito di S. Catherina (12).
  • Mai come nella seconda metà del Cinquecento religione e sangue si trovarono intimamente mescolati. Il Theatrum crudelitatum haereticorum nostri temporis (Antwerpen 1588) mostrava in una serie di orripilanti incisioni l’efferata violenza sui corpi umani perpetrata dai ribelli alla Chiesa Romana, calvinisti, ugonotti, scismatici in genere (16).
  • L’ideologia del sangue non conosceva diaframmi tra il sacro e il profano (20).
  • Sangue e sperma insieme fermentati, allacciati in un simbolico condensato di vita, in un disperato «frullato» di elementi, antidoto per tentare di neutralizzare il veleno della morte. […] Contaminazioni blasfeme, aspersioni sacrileghe che - forse stimolate da un erotismo torbido e deviante, da un irrefrenabile impulso dissacrante - violavano le «chiese, con effusione di sangue e di seme» (41).
  • È in questa società nella quale il sangue s’inspessisce di significati magici, di richiami mistici, di prodigi farmacologici, di sogni alchimistici, che il supplizio di Cristo, insieme al culto del suo corpo e del suo sangue, diventa una passio collettiva, quasi un’epidemia morbosa, una oscura malattia dell’anima (44).
  • Proprio questa autoflagellazione di massa, questo sacrifico «costituisce la quintessenza della messa» (Jung), rito cupo e complesso in cui l’inesplicabile transustanziazione del vino in sangue operata dallo scongiuro rituale, dalle parole «potenti» del celebrante, esprime uno dei misteri di maggiore tensione. […] Era infatti la componente cruenta del sacrificio, la magica metamorfosi del vino in sangue, ad eccitare atteggiamenti singolari, paradossali, morbosi, vagamente vampireschi. Devozione cultuale per il sacrificio divino, e gusto convulso, ossessivo, quasi maniacale del sangue, sono profondamente correlati (48).
  • Arcani e meraviglie del «divin Sacramento» […] erano lette con avidità curiosa e fruttuosa edificazione da moltitudini di «ingenui lettori». In una società profondamente imbevuta di dottrina e di pratica cattolica, il sacrificio dell’altare era al centro non solo della devozione, della liturgia, della sacralità, ma anche dell’immaginario collettivo (50).
  • Al sangue dei martiri, ai loro «scarlattini elisiri», ai «sudaticci stillicidi di un sangue beato» come quello di san Gennaro, il cristiano soldato che «dovea combattere anche svenato, vincere anche estinto», alle sue «scarlattine reliquie» (G. Lubrani. L’idea del sangue nobile e cristiano), la devozione popolare affidava salute e vita, apotecario portentoso che rendeva inutile il sangue venduto nelle spezierie […] (52)
  • In questa dimensione il sangue di Cristo acquista la preziosità taumaturgica d’un magico unguento capace di annichilire il puzzo del peccato, il fetore dell’uomo escremenziale, l’afrore della comunità inquinata, i miasmi della malignità: balsamo unico e preziosissimo, il più squisito distillato uscito non dalla bottega d’un mortale speziale, ma dalla grotta del costato del Protoapotecario che ha sconfitto la morte. […] Le sante, che vivevano in un patto di sangue col loro Signore celeste, ne subivano le conseguenze fino al delirio e alla malattia (59).
  • Posto nel tragitto obbligato che porta dal fetore della nascita alla putredine della morte, il sangue è il principale responsabile della tragedia dell’esistenza umana (88).
  • Ma mentre nel pensiero dei medici e nelle speculazioni dei fisici, dei maghi, degli alchimisti e dei filosofi naturali questa dialettica vita/morte, generazione/putrefazione viene sentita strettamente coerente al senso della vita, nell’etica cristiano-cattolica si carica d’un funereo segno di morte e di dannazione (92).
  • In questa Europa cristiana e carolingia dei vampiri, dove maledetti e reietti si nasce per la corruzione del seme e del sangue, la cultura ecclesiale riutilizza vecchi tabù agrari precristiani caricandoli di nuova virulenza, impregnandoli d’un supplemento d’orrore (95).
  • È sul confine del sangue, sul filo rosso tra puro e impuro, che si rappresenta l’inesausto dramma fra sacro e profano, fra storia del divino e storia di quell’umano che dell’umanità vuole disfarsi (100).

L’AUTORE

Piero Camporesi (1926 Forlì - 1997 Bologna), docente di Italiano all’Università di Bologna, si dedicò agli studi sulla cultura materiale (La carne impassibile, La casa dell’eternità, Il pane selvaggio), per cui è stato definito «il letterato che ha scoperto il sugo della vita» e, dall’omonimo studio, sottotitolato Simbolismo e magia del sangue sono tratti i brani sopra selezionati.