Disegno di legge del 16 luglio 2002

«Dichiarazione di voto contrario di Tiziana Valpiana (Rifondazione Comunista)»

Signor Presidente, mi lasci dire francamente che Rifondazione comunista non sentiva assolutamente la mancanza di un provvedimento come questo; anzi, ci sembrava che altre leggi, precedentemente adottate, come per esempio la legge 28 agosto 1997, n. 285, sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, sulla progettualità e sulla costituzione di un fondo nazionale per l’infanzia e per l’adolescenza, fossero sufficienti a garantire che nel nostro Stato tutti i bambini e tutti i ragazzi, indipendentemente dalle scelte personali e delle loro famiglie, potessero aver diritto a servizi sociali e a progettualità nei luoghi di aggregazione, di incontro, di sviluppo e di solidarietà.

Invece, con questo provvedimento si è voluta creare una differenza in base alle scelte delle persone; ancora una volta, si è voluto ribadire che nel nostro Stato ci sono persone che hanno diritti e persone che hanno più diritti, qualora adottino, come credo personale nelle scelte individuali e di vita, ciò che viene riconosciuto maggiormente affine alle posizioni dell’attuale maggioranza.

Credo che questa sia la base con cui si costituisce uno Stato etico; quindi, il nostro voto contrario è scontato e doveroso, anche se, paradossalmente, Rifondazione comunista dovrebbe essere la forza politica più soddisfatta per come si è svolto l’iter del provvedimento. Vorrei ricordare soprattutto ai colleghi che non fanno parte della Commissione affari sociali che il provvedimento, a prima firma Volontè, era stata inserito nel calendario della Commissione per la relazione in data 12 marzo; avrebbe dovuto concludere l’esame il 13 marzo ed andare in aula alla chetichella il 18 marzo. È stato grazie ad un nostro intervento presso il presidente della Commissione, poi intervenuto presso il Presidente della Camera, e grazie ad una conferenza stampa tenuta da Rifondazione comunista per denunciare la volontà di dirottare alla svelta i contributi verso gli oratorî parrocchiali che l’iter si è interrotto a marzo, riprendendo più tardi con diverse modifiche.

In realtà, dovremmo essere molto contenti perché non soltanto è stato impedito un tentativo di blitz della maggioranza ma il provvedimento arriva al voto finale da parte dell’Assemblea assolutamente modificato e ridimensionato: se si confronta il testo che state per approvare con la versione originale, ci si accorge che, pur essendo ancora un «provvedimento bandiera», dal punto di vista pratico vi ritroverete con un pugno di mosche. Si era partiti con un provvedimento assolutamente grave, che rappresentava di fatto un attentato allo Stato laico e che si cercava di approvare nel disinteresse più assoluto; oggi vi trovate - sì - ad approvare un provvedimento che ancora menziona gli oratorî ma che, di fatto, è assolutamente svuotato dei suoi contenuti.

Credo che chiunque abbia letto la relazione di accompagnamento al provvedimento iniziale, si renda conto di come questa maggioranza non soltanto proponesse - come fa - una scuola confessionale ma volesse «confessionalizzare» anche il tempo libero dei ragazzi. Va dato atto alla Commissione affari costituzionali di aver richiesto, con il proprio parere, la cancellazione degli articoli 3, 4 e 5 che sono stati espunti dal testo finale. Le disposizioni in essi contenute, privando le regioni di autonomia e di competenze, rappresentavano una proposta del tutto centralista che non dovrebbe corrispondere assolutamente alla volontà e alle convinzioni di questa maggioranza, almeno sulla base di quanto essa dichiara. Si parlava addirittura di protocolli d’intesa con le diocesi, proposta che è stata espunta dal testo finale.

Inoltre, si concedevano contributi agli oratori parrocchiali per la gestione ordinaria e contributi in conto capitale per l’acquisto di attrezzature tecnologiche e di attrezzature per l’esercizio delle attività sportive. A questo punto, grazie a tutta una serie di interventi contrari e anche alla mobilitazione che abbiamo chiesto e ottenuto dai gruppi giovanili, nonché dalle istanze delle associazioni giovanili non confessionali, in questa legge tutto questo è stato tolto e rimane solo un riconoscimento di bandiera che non corrisponde, fortunatamente, a nulla dal punto di vista economico. Quindi, sono stupita di aver sentito la dichiarazione di voto a favore della collega Anna Maria Leone a nome della forza politica che aveva proposto una cosa e si ritrova ora a votare un testo completamente vuoto e a stringere in mano un pugno di mosche. Io credo che chi aveva proposto un provvedimento così importante e così collaterale alla Chiesa cattolica ora dovrebbe votare contro perché questa è tutt’altra cosa.

Del resto, è tutt’altra cosa anche grazie a un emendamento che noi abbiamo proposto al titolo e che non parla più solo di oratorî parrocchiali, ma parla di oratorî e di tutti gli enti che svolgono attività similari. Quindi, anche se i nostri emendamenti volti nello specifico a nominare le organizzazioni e le associazioni cattoliche, acattoliche e ateistiche è stato respinto, già il titolo prevede che tutti i finanziamenti qui previsti vadano anche alle altre associazioni di tipo laicale.

Devo dire che merito di Rifondazione comunista e anche delle altre opposizioni è quello di avere chiesto delle audizioni formali che non erano previste e, quindi, di aver costretto questa maggioranza, anche se obtorto collo, a prevedere che tutte le agevolazioni che vanno agli oratori parrocchiali vadano anche ai centri giovanili delle altre confessioni religiose. È evidente che questo per noi non basta, ma è sicuramente un passo avanti, anche se è altrettanto evidente che le altre organizzazioni religiose avranno solo le briciole rispetto a quello che avrà la Chiesa cattolica.

Devo lamentare di aver chiesto in Commissione, quando abbiamo audito la CEI e tutte le altre confessioni religiose con cui il nostro Stato ha delle convenzioni, l’audizione informale anche della UAAR, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, e di non avere avuto ascolto da parte della presidenza della Commissione in questa mia richiesta, che penso, invece, andasse nel senso di considerare che nel nostro paese esistono 7 milioni di cittadini che esplicitamente si dichiarano non credenti (e io credo che siano molto di più nella pratica quelli che lo sono) e che decidono di non delegare la crescita, l’educazione e la socializzazione dei propri figli alle parrocchie: questi hanno diritto a chiedere che i soldi e gli immobili dello Stato vadano dati anche ad altre associazioni e ai centri sociali.

Un’altra cosa che credo sia da sottolineare è la seguente. Nella discussione generale, ma anche in tutto il lavoro svolto nella Commissione, si è continuamente ribadito il fatto che qui non si tratta di questioni di catechesi, in quanto - cito testualmente una cosa affermata da una collega della maggioranza - «ciò riguarderebbe soltanto la Chiesa italiana e la comunità che essa esprime, ma che riguarda tutti gli altri aspetti che vengono svolti all’interno degli oratorî». In questo senso, sono stati più e più volte citati la promozione e la pratica di sport di base per tutti, la proposta di attività culturali, teatrali, musicali, ludiche e espressive in genere, momenti di aggregazione e di crescita sociale, sviluppo della dimensione comunitaria, la solidarietà, le capacità culturali eccetera.

Io credo - e su questo vorrei una risposta concreta da parte di questa maggioranza - che rispetto a tutte queste attività che sono state nominate - attività che vengono svolte (probabilmente, non lo so) negli oratorî parrocchiali, ma che vengono sicuramente fatte nei centri sociali e dalle aggregazioni giovanili dei partiti - non si capisce per quale motivo alcune debbano avere attenzione, finanziamento e valorizzazione ed altre - lo stesso tipo di attività - non la debbano avere. Ancora, si è parlato moltissimo dei campetti parrocchiali e, addirittura, della necessità di prevedere degli oneri di urbanizzazione secondaria per questi. Non so perché i campetti parrocchiali debbano avere questo ruolo e i campetti della UISP o delle polisportive, che compiono lo stesso lavoro educativo e in cui adulti prestano la loro opera a favore di giovani e ragazzi, non debbano averlo.

Ho cercato di mettere in fila tutta una serie di motivazioni per cui questo provvedimento di legge è assolutamente assurdo ed incongruo, ma credo che, alla fine, vadano fatte anche alcune considerazioni di ordine politico.

Ciò, soprattutto perché i nostri voti contrari - di Rifondazione comunista e di coloro che spero voteranno contro questo provvedimento - sicuramente non saranno sufficienti a stopparlo. Invece, credo sia necessario mobilitare nel paese coloro che credono fermamente nell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, affinché vi sia una giusta reazione di indignazione contro un provvedimento che è assolutamente discriminatorio. Attraverso di esso la maggioranza vuole solamente pagare un debito di riconoscenza nei confronti di una Chiesa che nelle sue gerarchie, nelle sue articolazioni, è stata una delle artefici della vittoria elettorale della Casa delle libertà. Questa maggioranza, che ha snaturato e confessionalizzato sempre più il nostro Stato laico - ne è prova che la Democrazia cristiana in quarant’anni non ha mai pensato ad un provvedimento di questo tipo - ha fatto una scelta di campo riconoscendo e garantendo maggiori diritti a cittadini che hanno optato per determinate scelte etiche, politiche o religiose rispetto alla totalità della popolazione.

Questa proposta di legge rappresenta un altro piccolo atto - sembra piccolissimo, ma a mio avviso è molto grave da un punto di vista ideologico - attraverso il quale questo Governo e questa maggioranza mostrano di calpestare l’idea di uno Stato laico, delle istituzioni e dei diritti.

Le decisioni di assumere senza concorso nella pubblica amministrazione gli insegnanti di religione selezionati dal Vaticano e di finanziare la scuola confessionale, a mio avviso dovrebbero spingere la sinistra, tutta la sinistra, a reagire nella difesa della concezione laica di uno Stato, che è garanzia di democrazia e che consente ad una Repubblica di essere il luogo di convivenza delle diversità, delle culture complesse che formano uno Stato moderno.