Nascita dell’UAAR

La data di nascita della nostra associazione è il 4 dicembre 1986 quando tre amici, Rodolfo Costa, Martino Rizzotti e Lorena Ziron, i primi due docenti presso l’Università di Padova, la terza insegnante nella scuola media, decisero di fondarne il comitato promotore; nella stessa occasione concordarono di affidare a Rizzotti il compito di coordinare l’impresa. Questa prevedeva la convocazione di un incontro con vari amici di analogo orientamento filosofico per esporre loro l’idea di costituire, per l’appunto, un’associazione di atei e di agnostici. Il nome pensato allora fu AAAR, cioè Associazione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti. La precisazione “razionalisti” riguardava sia gli atei sia gli agnostici ed era stata adottata per non rischiare commistioni con persone che, pur non seguendo alcuna religione, avevano delle propensioni per posizioni irrazionali, per esempio credendo nell’influenza delle costellazioni o nel contatto con gli spiriti dei morti.

L’iniziativa non fu il frutto di un colpo di testa: infatti essa era stata preceduta da vari scambi di opinioni nel corso dei quali si era lamentata l’assenza quasi completa di reazioni alla firma del nuovo Concordato del 1984. L’inconsistenza dello schieramento laico fu ancora più evidente quando si trattò di incassare, nel corso dello stesso 1986, l’intesa sulla scuola prevista dal nuovo Concordato. I tre fondatori erano esterrefatti perché tutta la vicenda appariva come la riaffermazione di una visione medioevale, né più né meno. Il modo più appropriato di reagire sembrò loro quello di promuovere un’associazione decisamente laicista e che affermasse esplicitamente l’esistenza di cittadini atei e agnostici. A loro conoscenza non c’era nulla del genere in Italia, altrimenti avrebbero tentato di costituire semplicemente la sezione locale di un’associazione già esistente.

La proposta incontrò il favore di una decina di amici, con i quali si fecero alcuni incontri in pizzeria tenendo un verbale. Immediatamente si imposero alcuni problemi pratici, quali la sede, il finanziamento, la partecipazione. Tutti condivisero la scelta di mantenere un’assoluta indipendenza da qualsiasi forza politica da un lato, e dall’altro di rifiutare ogni forma di partecipazione che non fosse del tutto volontaria, senza alcuna costrizione neppure morale e senza differenze eccessive di ruolo fra le persone più attive; sembrò preferibile, insomma, un’associazione nella quale fosse apprezzato anche il semplice sostegno con il versamento di una quota. Nell’ambiziosa idea iniziale, infatti, gli atei e gli agnostici avrebbero avuto così la loro associazione come i cattolici hanno la Chiesa cattolica e i buddisti le Comunità buddiste. La nostra associazione, anzi, sarebbe stata più formale, dal momento che l’adesione implicava il versamento di una quota, mentre una tale regola non esiste in forma rigorosa presso le associazioni religiose come la Chiesa cattolica e le Comunità buddiste. La precisa identificazione dei soci avrebbe inoltre consentito una gestione decisamente più trasparente e democratica, realizzata attraverso votazioni ed elezioni interne, cosa lontanissima dalla gestione oligarchica della Chiesa cattolica e di molte altre associazioni religiose che prevedono una casta privilegiata.

— > Infanzia