Le statistiche fornite dalla Chiesa cattolica sul numero dei suoi fedeli sono prive di plausibilità scientifica e difficilmente accettabili anche come semplici “stime”. È quanto emerge da un’analisi approfondita delle cifre fornite dalla Chiesa stessa all’interno delle sue pubblicazioni.
La spinta a verificare questi dati è stata data dalla campagna di “bonifica statistica” lanciata anni fa dall’UAAR: la quale confidava, evidentemente con eccessiva benevolenza, che le statistiche cattoliche fossero attendibili, perlomeno a riguardo del numero dei battezzati. Riteneva infatti l’UAAR che, come qualsiasi ufficio anagrafe, il dato dei fedeli di ogni parrocchia venisse aumentato dei battesimi e diminuito dei funerali. Il dato delle parrocchie, comunicato ai vescovi e poi al Vaticano, avrebbe quindi costituito la base del numero dei cattolici che la Santa Sede, ogni anno, comunica con una certa enfasi alla stampa di tutto il mondo e da questa ripreso e divulgato in maniera alquanto acritica. In questo modo viene a formarsi, nell’opinione pubblica, e soprattutto nella classe politica italiana, la convinzione che la confessione cattolica sia di gran lunga la religione più importante nel mondo.
Così facendo, la Chiesa cattolica non tiene ovviamente in alcun conto chi si allontana informalmente dalla fede. Autorevoli commentatori come Corrado Augias hanno sostenuto che le statistiche sulla religione non devono basarsi sulle fonti interne alle confessioni religiose, ma devono invece rifarsi ai risultati delle inchieste sociologiche e demoscopiche: le quali attestano, per l’Italia, una percentuale di cattolici inferiore di un 10-17% a quella diffusa dalle gerarchie ecclesiastiche. Ma queste posizioni si sono rivelate minoritarie, e il dato di fonte vaticana continua a essere ripreso dai mezzi d’informazione con una certa enfasi, per quanto lentamente in calo.
Proprio per rimediare a questa situazione fu lanciata la campagna di “bonifica statistica”. Un numero sensibile di defezioni formali dalla fede (i cosiddetti “sbattezzi”) avrebbe, secondo l’UAAR, prodotto una diminuzione nel numero totale dei fedeli ostentato dalla Chiesa, in quanto le parrocchie avrebbero dovuto contabilizzare in diminuzione, oltre ai defunti, anche coloro che si erano “sbattezzati”.
Una verifica puntuale, compiuta sui dati di ogni singola diocesi italiana, aggiornati al 31 dicembre 2003 e pubblicati all’interno dell’Annuario Pontificio 2005 (stampato in Vaticano), smentisce però questa prospettiva e lascia alquanto perplessi sull’opportunità di considerarli anche solo come semplici stime.
La prima cosa che balza all’occhio è l’arrotondamento dei dati, alquanto inusuale per qualsiasi repertorio statistico degno di questo nome. Si resta perplessi di fronte alla plausibilità di dati come quelli di Arezzo (popolazione 300.000, cattolici 285.000, non cattolici 15.000, battezzati nel 2003 1.800) o di Palermo (rispettivamente 960.000, 930.000, 30.000, 12.000). Sono arrotondamenti che nel volume si rivelano costanti e, spesso, anche alquanto grossolani. Prescindendo dalle abbazie territoriali, su 218 diocesi italiane il dato dei cattolici si presenta arrotondato in 112 casi: in 41 casi al centinaio, in 56 al migliaio, in 13 alla decina di migliaia, in 2 (Napoli e Porto) addirittura al centinaio di migliaia di fedeli.
In un caso (Teano-Calvi) la diocesi è arrivata a sostenere che non esistono acattolici sul territorio di propria competenza: 80.000 abitanti, 80.000 fedeli. Nel caso della piccola diocesi di Lamezia Terme (140.000 abitanti), invece, il dato sorprendente è quello dei battesimi che sarebbero stati impartiti nel 2003: addirittura 9.600, numero che la collocherebbe al quinto posto in Italia dopo Milano, Roma, Torino e Palermo, e ben davanti a Napoli che, per contro, dichiara una cifra evidentemente troppo bassa (2.900). Per dare un’idea del nonsenso della cifra di Lamezia, si consideri che nella provincia “italiana” di Catanzaro, su cui la diocesi lametina insiste per circa un terzo, nello stesso anno 2003 i nuovi nati furono solo 3.357. Per quanto evidentemente sovradimensionato, questo dato è stato ugualmente accolto in Vaticano come veritiero: la somma del numero dei battezzati nelle singole diocesi corrisponde infatti all’unità al dato nazionale (456.807) pubblicato nell’Annuarium Statisticum Ecclesiae 2003.
Quest’ultima è l’altra pubblicazione statistica vaticana che esibisce le cifre aggiornate al 31 dicembre, presentate in questo caso nazione per nazione. È degno di nota che i due annuari divergano invece per la popolazione (59.781.160 nel Pontificio, 57.610 migliaia nell’altro) e per il numero di cattolici (57.715.651 nel Pontificio, 55.752 migliaia nel secondo). Il fatto che la percentuale di fedeli risulti più o meno la stessa (96,54% nel Pontificio, 96,77% nell’altro) autorizza a pensare che sia intervenuta una correzione, onde non stampare un volume con un numero di cittadini italiani che, rispetto a qualunque ricerca statistica ISTAT, si sarebbe rivelato decisamente sovradimensionato (perché basato sulle fonti diocesane).
L’irragionevolezza di questi dati ha imposto a questo punto un confronto con quelli precedenti, per verificare se, per caso, non si fosse trattato di errori contingenti, di una “annata storta”. Per maggior scrupolo, il confronto è stato effettuato con i dati aggiornati a due anni prima (31 dicembre 2001) presentati dall’Annuario Pontificio 2003, al fine di poter scartare anche l’ipotesi che alcune cifre fossero state “replicate” o arrotondate a causa di una tardiva consegna dei dati. Dalla verifica è invece emersa una situazione che non solo ha confermato, ma ha addirittura rafforzato la tesi dell’inverosimiglianza delle statistiche vaticane.
Gli arrotondamenti si erano infatti sprecati anche in questa occasione. Non solo, ma in numerose occasioni i dati 2003 e quelli del 2001 si sono rivelati identici: per la precisione, in 39 casi per quanto riguarda la popolazione, in 47 casi per quanto riguarda i cattolici, in 4 casi per quanto riguarda i battesimi (il che è veramente sorprendente, perché quest’ultimo dato dovrebbe essere alquanto semplice da raccogliere). In 38 casi anche il numero degli acattolici si è rivelato inalterato: una circostanza inevitabile laddove anche i dati relativi a popolazione e numero dei fedeli erano invariati (è accaduto 32 volte, ma in tre casi si è rivelato identico anche il numero di battesimi). Tuttavia, il fatto che in sei casi a restare identico sia stato il solo numero dei non cattolici non fa che accrescere i dubbi, che raggiungono il culmine con il dato di Acireale, la cui cifra spezzata (2.102) fa venir meno anche qualsiasi possibile giustificazione basata sugli arrotondamenti.
Oltre a ciò, si rileva che alcune delle incongruenze evidenziate in precedenza erano già lampanti, tali e quali, nell’Annuario di due anni prima: la diocesi di Teano-Calvi non segnalava comunque nessun acattolico, quella di Lamezia Terme evidenziava comunque 9.000 battesimi e quella di Napoli ne evidenziava comunque 2.800. In alcuni casi le modifiche sono talmente irrilevanti da apparire artificiose: per esempio, la diocesi di Siena segnala ora dieci cattolici in più e venti non cattolici in meno.
Un quadro assolutamente statico, allora? No. Nelle diocesi i cui dati sono mutati tra il 2001 e il 2003 può capitare di assistere a cambiamenti che, se fossero reali, sarebbero addirittura epocali. Limitandoci al solo dato degli acattolici, si può notare che in alcune diocesi avrebbero avuto un vero e proprio crollo nel giro di soli due anni: ad esempio Gaeta (da 7.953 a 140), Messina (da 15.360 a 1.100), Pavia (da 11.153 a 2.851) e Reggio Calabria (da 18.081 a 2.199). Conversioni di massa? No. Altre diocesi manifestano infatti un trend esattamente contrario: il numero dei non cattolici aumenterebbe infatti in modo esponenziale ad Acqui (da 3.980 a 33.982), Brescia (da 16.350 a 106.000), Ravenna-Cervia (da 380 a 19.320) e Roma (da 76.023 a 333.206). Quest’ultimo è forse il dato più paradossale di tutti, perché corrisponde (all’unità) all’aumento della popolazione, mentre il numero dei cattolici risulta identico (all’unità) a quello di due anni prima (2.454.000).
Tutto questo accade in Italia: è facilmente intuibile cosa possa accadere nel resto del mondo.
«Cresce il numero dei cattolici nel mondo, ma soprattutto in Africa e Asia, mentre in Europa si registra una certa “stabilità”. Sono alcuni dati dell’Annuario Pontificio 2005, consegnato oggi al Papa». È l’incipit della notizia così come diffusa il 31 gennaio 2005 dalla SIR (Servizio Informazione Religiosa, l’agenzia di stampa dei vescovi italiani). I miei corsivi hanno evidenziato l’uso ripetuto del modo indicativo al posto del condizionale: le statistiche sono state presentate dalla Chiesa cattolica come un dato affidabile, e come tale è stato recepito dai mass media di tutto il mondo. Come penso di aver documentato, i dati divulgati sono invece da ritenersi privi di qualunque valore scientifico, e assolutamente improbabili anche come semplici stime. Sconcerta che la Santa Sede pubblichi annualmente due raccolte statistiche che propongono numeri vecchi e/o non plausibili. Se lo fa, è perché ritiene, evidentemente, di poter contare sull’accettazione acritica degli stessi. Confido che questa ricerca aiuti a comprendere la necessità di fornire esclusivamente notizie attendibili, anche e soprattutto su argomenti religiosi.
Aggiornamento 2009 (da UAAR Ultimissime)
Raffaele Carcano
25 gennaio 2006