I senza Dio

Figure e momenti dell'ateismo
Remo Bodei
Morcelliana
2001
ISBN: 
9788837218096

In questo libro Remo Bodei opera una riflessione sull’ateismo e sul rapporto che questo fenomeno ha con la fede, offrendo numerosi spunti di riflessione, di discussione e di critica, nonché dei suggerimenti di lettura sull’argomento.

Incalzato dalle domande (a mio avviso un po’ tendenziose), di Gabriella Caramore, curatrice della collana «Uomini e profeti», esamina i diversi significati attribuiti al termine “ateo” nel corso della storia ma, non essendo un libro di storia dell’ateismo, la trattazione dell’argomento non segue una cronologia definita; l’andare e venire tra i secoli (ma anche l’accenno ai grandi della letteratura, del mondo politico, scientifico e filosofico), permette di individuare tre grandi correnti di interrogazione, cioè le modalità usate per rapportarsi al pensiero di Dio - con particolare riferimento alla cultura occidentale -: in primis, l’ateismo come avvio per la libertà umana (da Prometeo contro Zeus al personaggio di Dostoevskij, Kirillov, che dichiara il libero arbitrio negando l’esistenza di Dio); secondariamente l’ateismo come risposta all’indifferenza di Dio, atteggiamento di fondo del mondo greco, ma anche rintracciabile in personaggi del nostro secolo (in Lucrezio il soprannaturale è qualcosa che non si interessa del benessere e della felicità degli umani, in Camus o nel personaggio sartriano, Goetz che invoca il Cielo senza ottenere risposta); in terzo luogo come conseguenza della domanda sul male del mondo (entra qui in causa la constatazione di poter raggiungere pace e giustizia senza “scomodare” un dio, oppure il perpetrare degli scempi sull’Umanità malgrado un dio o addirittura in suo nome).

Bodei spazia dalle concezioni di Bruno e quelle di Spinoza, da Nietzche a Marx, dalle posizioni di Leopardi a quelle di Goethe, da Gramsci a Croce, fino a contemplare il pensiero di Levinas, di Ricoeur e di Wiesel (e altri), fornendo un quadro articolato e leggibile delle complesse implicazioni che ha posto e che pone l’ateismo, sempre affiancato dal discorso sulla fede.

Né un’apologia dell’ateismo, né un’apologia della fede, ma una sorta di interdipendenza con il pieno riconoscimento a entrambi di una propria legittimità e di un proprio ruolo in cui sia l’interrogazione su Dio, sia la negazione di Dio nascono intorno alle grandi domande che l’Umanità si pone. La nascita, la morte, il dolore, la malattia, l’amore e tutti quei sentimenti che non si prestano a essere dimostrati, ma che presuppongono una fede immediata o mediata, rappresentano il ventaglio dei quesiti tipicamente umani ai quali la religione tenta di offrire una risposta.

Il punto da chiarire, per Bodei, visto che è difficile pensare che non esista un’umanità indifferente a tali questioni, è come l’ateo si pone nel tentativo di fronteggiarle e viverle. Chi segue il proprio cammino “senza un dio” accetta senza riserve di affrontare la vita con pienezza e responsabilità, «cercando di fondare una morale e un criterio di convivenza sulla base della coscienza e del potere dell’umanità e non su quello che si richiama a (presunte) forze esterne».

Bodei non gradisce la parola “ateo” perché induce a pensare a qualcuno che non crede a niente, «mentre, invece, uno che non crede alle religioni rivelate può comunque credere negli uomini, nelle proprie possibilità, nel mistero non ancora rivelato delle cose». Ciò rappresenta il tentativo più coraggioso e difficile che una persona possa realizzare.

Il filosofo conclude con una domanda: «Davvero è maledetto l’uomo che non confida in Dio?», in riferimento a ciò che aveva scritto il profeta Geremia (17,5-11). Ciò quasi a voler lasciare sempre aperta la porta al dubbio, come a dire che, non avendo trovato una soluzione per comprendere tutti gli aspetti della realtà, si ritiene pronto ad aprirsi a nuove prospettive e a cambiare percorso ove se ne presenti l’occasione.

Un’affermazione di Bodei ha colpito chi vi scrive: «Oggi l’ateo non è più considerato un mostro, non è più un’eccezione… ci appaiono sbiaditi quei sospetti (inaffidabilità e opportunismo n.d.r.) che avevano accompagnato l’ateismo non solo sul piano religioso ma anche sul piano morale».

Allora mi chiedo: siamo veramente sicuri che sia proprio così o c’è il rischio che questi sospetti stiano tornando in auge, a giudicare dalla reticenza che molti nostri politici e non, dimostrano nel nominare tale parola? Non sarà proprio per il timore di avere a che fare con persone che tendono alla libertà, rifuggendo ogni dogma e demagogia che intorno a noi si avverte aria di stantìo? Personalmente dico che il rischio c’è e allora, come fece Nietzsche, a suo tempo, occorre sollecitare tutti gli atei a coalizzarsi e a far sentire la propria voce, sistematicamente soffocata da un potere che ha tutto l’interesse per farlo.

Rosalba Sgroia,
Circolo UAAR di Roma.
Settembre 2002