L’avvenire di un’illusione

Sigmund Freud
Bollati Boringhieri
1990
ISBN: 
9788833905495

Nel 1927 il fondatore della psicanalisi dà alle stampe questo libro, uno degli attacchi più radicali rivolti alla religione dal libero pensiero di ispirazione scientista. Di fronte alle illusioni consolatorie che offendono la dignità degli uomini, di fronte ai miti irrazionali che ne mortificano l’intelligenza, Freud, qui sotto forma di dialogo con un credente, ribadisce la sua visione laica e scientifica del mondo, additando nell’investigazione razionale l’unica via per il progresso della civiltà.

In questa edizione è presentata inoltre la replica di Oskar Pfitzer, pastore protestante di Zurigo e amico personale di Freud, il quale cercò di salvaguardare i valori religiosi rovesciando il titolo del saggio in L’illusione di un avvenire (1929), a cui si rimanda chi volesse confutare la tesi freudiana.

Da tale schiavitù io sono, noi siamo, liberi… Essendo pronti a rinunciare a parte notevole dei nostri desideri infantili, possiamo tollerare che certune delle nostre aspettative si palesino illusorie.

  • Si ha così l’impressione che la civiltà sia qualcosa che fu imposto a una maggioranza recalcitrante da una minoranza che aveva capito come impossessarsi del potere e dei mezzi di coercizione (p. 41).
  • Quanto sperimentiamo in fatto di umana disonestà ha a che fare con la coercizione. Innumerevoli uomini civili, che indietreggerebbero inorriditi di fronte all’omicidio o all’incesto, se sono sicuri di rimanere impuniti, non si precludono il soddisfacimento della loro avidità, della loro smania aggressiva, delle loro bramosie sessuali e non si astengono dal danneggiare gli altri con la menzogna, l’inganno, la calunnia; e così è certamente stato sempre, fin dagli albori della civiltà (49).
  • Ma non abbiamo ancora menzionato la parte forse più importante dell’inventario psichico di una civiltà. Si tratta, nel senso più lato, delle sue rappresentazioni religiose, ossia delle sue illusioni (52).
  • Il popolo che per primo riuscì ad attuare una tale concentrazione di attributi divini fu non poco fiero di questo progresso. […] Ora, poiché Dio era uno solo, le relazioni con Lui potevano riacquistare l’intimità e l’intensità del rapporto fra il bambino e il padre (58).
  • Un’illusione non è la stessa cosa di un errore, e non è nemmeno necessariamente un errore. […] Così le dottrine religiose sono tutte illusioni indimostrabili, sicché nessuno può essere costretto a considerarle vere, a crederci. […] Così come sono indimostrabili, sono anche inconfutabili. Non siamo abbastanza sapienti per accostarci ad esse con senso critico (73).
  • Quando i problemi sono quelli della religione, gli uomini si rendono colpevoli di tutte le possibili insincerità e scorrettezze intellettuali. […] Prendere posizione riguardo al valore di verità delle dottrine religiose non rientra nel piano di questo studio (75).
  • È innegabile che la psicoanalisi è una mia creazione e che essa è stata fatta oggetto di molta diffidenza e ostilità; se ora mi faccio avanti con affermazioni così sgradevoli, si sarà fin troppo pronti a scivolare dalla mia persona alla psicoanalisi […] Ma tutto ciò che ho detto qui contro il valore di verità delle religioni non aveva bisogno della psicoanalisi; è stato detto da altri molto prima che la psicoanalisi fosse inventata (79).
  • Non è affatto sicuro che sotto l’illimitato dominio delle dottrine religiose gli uomini fossero più felici di oggi; certo non furono più morali. […] Nella religione l’immoralità ha trovato in tutti i tempi sostegno non meno della moralità (80).
  • Ci rendiamo conto che il patrimonio delle rappresentazioni religiose comprende non solo appagamenti di desideri, ma anche importanti reminiscenze storiche. […] La religione sarebbe la nevrosi ossessiva universale dell’umanità; come quella del bambino, essa ha tratto origine dal complesso edipico, dalla relazione paterna (86).
  • Le verità che le dottrine religiose contengono sono così deformate e sistematicamente mascherate, che la massa degli uomini non può riconoscerle come verità. È un caso analogo a quello che si ha quando raccontiamo al bambino che la cicogna porta i neonati. […] Nei nostri discorsi coi bambini siamo convinti che sia meglio omettere queste dissimulazioni simboliche della verità (88).
  • Continuo a sostenere che per un certo aspetto il mio scritto è del tutto innocuo. Nessun credente si lascerà smarrire nella sua fede da questi o da analoghi argomenti. Un credente ha col contenuto della religione determinati legami di affezione (90).
  • Mi conceda che siamo qui in presenza d’una speranza legittima per il futuro, che forse c’è da scoprire un tesoro che può arricchire la civiltà: ed è che vale la pena di tentare un’educazione irreligiosa.
  • Atrofia educativa. Penso che passerebbe molto tempo prima che un bambino non influenzato cominciasse a crearsi pensieri su Dio e sulle cose al di là di questo mondo. […] ma non si vuole attendere questo sviluppo, e gli si inculcano le dottrine religiose in un’età in cui egli non ha né interesse per esse, né la capacità di coglierne la portata. […] Ritardare lo sviluppo sessuale e anticipare l’influsso della religione: non sono questi i due cardini del programma dell’odierna pedagogia? (91)
  • Il credente non si lascerebbe strappare la sua fede né tramite argomentazioni né tramite proibizioni. E se anche la cosa riuscisse nel caso di qualcuno, sarebbe una crudeltà. Chi per decenni ha preso sonniferi, naturalmente non può dormire se ne viene privato (92).
  • Ma insisto su una differenza. Le mie illusioni - a prescindere dal fatto che non comportano alcuna punizione per chi non le condivide - non si sottraggono, come quelle religiose, alla rettifica, e non hanno carattere delirante.
  • S’impone allora l’idea che la religione sia paragonabile a una nevrosi infantile, ed è abbastanza ottimista da supporre che l’umanità supererà tale fase nevrotica al modo stesso in cui, crescendo, molti bambini guariscono dalla loro analoga nevrosi (97).
  • La voce dell’intelletto è fioca, è vero, ma non ha pace finché non ottiene udienza. […] Il primato dell’intelletto va collocato senz’altro in un futuro molto lontano, ma non infinitamente lontano (98).
  • A lungo andare, nulla può resistere alla ragione all’esperienza, e l’opposizione della religione nei riguardi di entrambe è fin troppo evidente. Neanche le idee religiose purificate possono sottrarsi a tale destino, nella misura in cui vogliono salvare ancora qualcosa del contenuto consolatorio della religione (99).
  • Lei deve difendere con tutte le Sue forze l’illusione religiosa; se questa viene screditata - e di fatto è abbastanza minacciata - il Suo universo crolla, non Le rimane che disperare di tutto, della civiltà e dell’avvenire dell’umanità.
  • Crediamo che sulla realtà dell’universo tramite il lavoro scientifico si possa apprendere qualcosa, qualcosa che servirà ad accrescere il nostro potere e a governare l’esistenza. Se questa credenza è un’illusione, siamo nella Sua stessa condizione; tuttavia, grazie a numerosi e importanti successi, la scienza ci ha dato la prova di non essere un’illusione […] (99).
  • No, la nostra scienza non è un’illusione. Sarebbe invece un’illusione credere di poter ottenere da altre fonti ciò che essa non è in grado di darci. FINE.

L’AUTORE

Sigmund Freud (Freiberg, impero austro-ungarico, od. P?íbor, Repubblica Ceca, 6/5/1856 - Londra, Regno Unito, 23/9/1939) fu un neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi. Autore di molte opere fondamentali per la cultura del Novecento, tra le quali citiamo soltanto L’interpretazione dei sogni, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana, Al di là del principio del piacere, Il motto di spirito. Insegnò nell’Università di Vienna dal 1920 al 1938, allorquando fu costretto dai nazisti ad abbandonare l’Austria e a riparare in Gran Bretagna. Ebreo (ma non ortodosso) per nascita, fu - ed è ancora - tenacemente avversato dal mondo accademico e cattolico.