Lo stregone di Assisi. Il volto negato di san Francesco

Andrea Armati
Eleusi
2009
ISBN: 
9788890388408

Il “poverello” di Assisi viene ancor oggi presentato come il simbolo d’una religiosità semplice, pura, disinteressata, persino ingenua, lontana dagli interessi materiali, con quel pizzico di criticità nei confronti del papato ricco e potente, addirittura come precursore di tendenze animaliste, ecologiste e pacifiste, tali da attirare anche le simpatie di molti laici, e persino non credenti. Parlarne al di fuori di questa cornice agiografica e conciliante può sembrare seccante e ingenerare l’idea di voler fare i “criticoni” antireligiosi per partito preso. Ma cosa c’è di reale in tale immagine edulcorata accettata dai più? In questa indagine il giovanissimo Andrea Armati ci propone un resoconto più smaliziato e realistico del santo, che ne rivela «il volto proibito […] distante anni luce da quanto la tradizione cattolica e gli slogan no global ci hanno raccontato».

In realtà il frate, tutt’altro che semplice e sprovveduto, «non si limitò a realizzare un’esperienza alternativa di fede, ma inventò un “format” facile da capire e immediato da riconoscere», dimostrandosi più colluso coi potenti e col papato, meno disinteressato e più egocentrico di quanto non si pensi. Tanto che l’autore afferma: «i sogni di gloria non abbandonarono mai la mente di Francesco; anche dopo la conversione, il poverello mantenne uno spiccato senso di protagonismo, un bisogno innato di essere riconosciuto e ammirato dagli altri».

La predicazione di Francesco coglie il passaggio culturale dall’immagine del Christus triumphans a quella del Christus patiens – più umano e vicino al popolo, in contrapposizione a una Chiesa mondana. Tale cambiamento, all’apparenza unicamente iconografico, ha in realtà conseguenze profonde, tanto che il frate vuole «essere considerato dai suoi seguaci il nuovo Cristo» – emblematico il caso delle stimmate, «di evidente origine psicosomatica».

I “miracoli” e le pratiche di Francesco si inseriscono in tale tendenza auto-esaltatoria e fanno emergere inoltre una religiosità legata a culti pre-cristiani ancora profondamente radicata nel mondo contadino, condannata esplicitamente dalla Chiesa come eretica e stregonesca – come nei casi del culto degli alberi e della comunicazione con gli uccelli. Anche per questo è «opportuno sgombrare il campo dalle farneticazioni che si sono consolidate nel corso degli ultimi decenni, su tutte la balle del Francesco animalista».

Il “mito” di Francesco è frutto di profonde mistificazioni, veicolate prima dalla Chiesa – che ne inglobò la figura per scopi propagandistici – ma anche dalla politica: il santo viene infatti esaltato come “eretico” e ribelle dal clima risorgimentale; diventa poi il rassicurante esponente dell’umile ruralismo tradizionalista in epoca fascista, che aiuta a creare un clima favorevole al Concordato; ancora peggio, nel dopoguerra viene ammantato di socialismo, di internazionalismo e del pacifismo dalla cultura di sinistra per intercettare l’elettorato cattolico. In realtà, l’autore fa crudamente notare come Francesco non fu affatto un pacifista (coltivando ad esempio contatti con nobili e capi militari), né si oppose a guerre e crociate – anzi, seguì come fervente embedded i crociati e si mostrò sostanzialmente ostile all’islam, rispetto al quale prospettava la lotta e la necessità di conversione, con piglio zelante (nonostante si sia creata la leggenda del pacifico incontro “interculturale” col sultano Malik al-Kamil – che non fu né così pacifico, né così interculturale). Non ci si può quindi non interrogare sul senso della marcia per la pace Perugia-Assisi, cui l’autore preferirebbe una «Monreale-Palermo», nel ricordo di un contemporaneo del pio frate, ovvero Federico II, in confronto al primo ben più “laico”, tollerante e aperto verso le altre culture.

La diffusione delle icone francescane è l’ulteriore dimostrazione di come il santo sia divenuto il fulcro di una vera e propria «operazione mediatica» studiata dalla Chiesa, che tenne conto persino delle diverse tipologie di “pubblico”: così Francesco diventa «santo da una parte, stregone dall’altra», a seconda che si tratti del target cittadino e borghese, oppure di quello rurale e paganeggiante.

L’autore così tira le somme: «L’immagine che il Medioevo ci ha trasmesso di Francesco è parzialmente falsa; oltre che povero tra i poveri l’assisano fu anche un’astuta mente politica in grado di comunicare alle masse senza perdere i contatti con le persone che contano». Insomma, Francesco d’Assisi fu un personaggio molto più complesso, contraddittorio, ambiguo e oscuro di quanto non si voglia comunemente credere: il lavoro di Armati – che verrà approfondito da ulteriori ricerche – apre molti squarci in un quadretto fin troppo innocuo e perfetto veicolato durante i secoli e attraverso le ideologie.

L’Autore

Andrea Armati (Assisi, PG, 17/8/1986) attualmente lavora a un’indagine storica sulle origini religiose dell’Umbria.

Valentino Salvatore
Circolo UAAR di Roma
dicembre 2007