Il Testamento

Le ultime volontà di un prete ateo, comunista e rivoluzionario del ‘700
Jean Meslier
La Fiaccola, Ragusa
1989

In questo suo testamento spirituale, redatto intorno all’anno 1720, il parroco miscredente d’una sperduta parrocchia delle Ardenne sviluppa i princìpi d’una filosofia materialista ed ateistica, esortando il popolo ad una ribellione violenta per l’avvento di una società libertaria, comunista e atea. La prima versione non mutilata delle memorie di Meslier comparve solamente nel 1864, poiché in precedenza le varie edizioni a stampa erano state espurgate dai passi sull’ateismo e sul socialismo (Voltaire, che pure fu tra i primi estimatori del curato e contribuì alla fortuna postuma della sua opera, è però responsabile di alcune mutilazioni del Testamento, il cui carattere sovversivo mal si adattava a mantenere nel popolo quella cieca devozione religiosa, ritenuta a ragione uno dei più solidi cardini dell’ordine costituito).

Mimmo Franzinelli
Ateismo laicismo anticlericalismo», I, p. 147

 

  • La fede cattolica non è migliore. Sareste forse portati a pensare, miei cari amici, ch’io intendessi escludere dal gran mucchio delle false religioni, che troviamo nel mondo, almeno la religione cattolica, che noi tutti professiamo e che diciamo essere la sola che riconosce e adora, come deve essere adorato, il vero Dio, e la sola che conduce gli uomini sulla vera via della salvezza e della beatitudine eterna; disilludetevi, miei cari amici, considerate questo un inganno, e considerate un inganno tutto ciò che i vostri devoti ignoranti - o i vostri preti interessati, abituati a burlarsi di voi, o i vostri Dottori - si affrettano a dirvi e a farvi credere, trincerandosi dietro il falso pretesto della infallibilità della loro religione, ritenuta a torto santa e divina. Voi non siete meno vittime dell’inganno di coloro che ne sono le vittime per eccellenza. Voi non siete meno contaminati dall’errore di coloro che vi sono immersi fino al collo. La vostra religione non è meno inutile, né meno legata alla superstizione, di ciascuna delle altre; non è meno falsa nei suoi princìpi, né meno ridicola e assurda nei suoi dogmi e nelle sue regole morali; voi non siete meno adoratori di idoli di coloro che condannate e che voi, per primi, accusate di idolatria. Le idee dei pagani e le vostre non sono diverse che in apparenza (p. 64).
  • Pochissima gente avrebbe un Dio se tanta gente non avesse fatto di tutto per dargliene uno (68).
  • Ma eccovi altre prove che vi faranno vedere chiaramente la falsità delle religioni, e in particolare della nostra religione cristiana. Poiché è infatti proprio con questa, miei cari amici, che vi tengono schiavi in mille tipi di errori e di superstizioni, per cui spero di riuscire a disingannarvi e a darvi modo di mettere in pace il vostro spirito e la vostra coscienza contro i falsi timori e le false speranze che costoro suscitano in voi intorno ai beni e ai mali d’una presunta vita dopo la morte (85).
  • La fede, credenza cieca che serve da fondamento a tutte le religioni, non è che fonte di errori, illusioni, imposture. […] Questo modo di credere è nondimeno sempre cieco, poiché le religioni non dànno, né riuscirebbero mai a dare, alcuna prova chiara, sicura e convincente, della verità dei loro presunti santi Misteri o delle loro Rivelazioni divine (87).
  • Come sarebbe sciocco prestar fede ai miracoli del paganesimo, così è estremamente sciocco prestare fede a quelli del cristianesimo, poiché gli uni e gli altri scaturiscono da uno stesso principio di errori, di illusioni, di menzogne (95).
  • È evidente, quindi, che i suddetti Libri Sacri, non essendo stati scritti sotto ispirazione divina, non possono in alcun modo servire come testimonianza della verità; di conseguenza, i nostri Christicoles pretendono invano di utilizzarli come testimonianza infallibile, per provare la verità della loro religione (103).
  • Maestri. Ma come! Dei Dottori, dei famosi Dottori, che sanno accusare e condannare così bene le false credenze dell’idolatria dei pagani (…) possono pensare che l’assurda e ridicola consacrazione che essi compiono dei loro fragili idoli di pasta abbia più forza ed effetto dell’altrettanto assurda consacrazione che i pagani fanno dei loro idoli di pietra o di legno, d’oro o d’argento? (120)
  • Sesta prova dell’inconsistenza e falsità della religione cristiana dedotta dagli abusi, dalle vessazioni e dalla tirannia dei potenti che essa tollera e autorizza. […] Quand’anche tutti i monaci e tutti i preti celebrassero ognuno venti, trenta e persino cinquanta messe al giorno, tutte queste insieme non varrebbero un chiodo, come si dice abitualmente. Un chiodo è utile e necessario, e non si potrebbe farne a meno in svariate occasioni; ma tutte le preghiere, le orazioni e le messe che i monaci e gli altri preti potrebbero dire, non servono a nulla, e valgono solo a far guadagnare danaro a coloro che le dicono […] (140).
  • Settima prova dell’inconsistenza e della falsità delle religioni dedotta dalla falsità stessa della credenza umana nella presunta esistenza degli dèi. […] Ciò dimostra manifestamente che la fede nell’esistenza di un dio non è così certa e sicura quanto si pretende che sia; di conseguenza l’ateismo non è poi un’opinione così strana, mostruosa e snaturata quanto vogliono far credere i nostri superstiziosi Déichristicoles. (162)
  • Causa prima. I Déicoles le danno il nome di Dio, mentre gli atei la chiamano Natura, o Essere materiale o, semplicemente, Materia. Se si trattasse solo del nome, sarebbe facile metterli d’accordo. Poiché, infatti, i nomi non determinano né cambiano la natura delle cose, è indifferente dare a questa prima Causa il nome di Dio, o quello di Natura e di Materia, e così non ci sarebbe bisogno di discuterne oltre (174).
  • Da ciò appare evidente che i nostri superstiziosi Déicoles sono nell’errore, né sono oggi meglio fondati nella credenza in un solo ed unico dio spirituale e immateriale , di quanto lo fossero un tempo nella credenza in parecchi dèi corporali e immateriali […] dato che codesta loro divinità non può essere che un ente immaginario e del tutto chimerico (181).
  • Autorità ipocrita. La religione è difatti un vero e proprio vivaio di fanatici, è il teatro in cui essi recitano meglio la loro parte; […] tali idee sarebbero ormai da tempo scomparse se coloro che le tengono in piedi con la propria autorità, o le comunicano ad altri costretti dalla propria professione, non trovassero il loro grasso tornaconto e copiosi vantaggi nel mantenere salde e conservare inalterate queste false credenze […] secondo il principio [dai Saggi di Montaigne] per cui è necessario che il popolo ignori molte cose vere e ne creda molte false (193).
  • Finitela dunque di ingannare gli uomini con sciocche paure e vane speranze, e smettetela anche di propinare loro idee false sulla grandezza, potenza, bontà, saggezza infinita di un dio che non esiste, non è mai esistito e non esisterà mai […] (220).
  • Ottava prova […] tratta dalla falsità stessa delle idee degli uomini intorno alla spiritualità e immortalità dell’anima. Da questa presunta spiritualità dell’anima - così bene dimostrata, secondo loro - i nostri cartesiani credono di poter tirar fuori una prova evidente della sua immortalità (225).
  • Iniquità. Allora ho avuto ragione nel dire che tutto questo ammasso di religioni e leggi politiche non era che un cumulo di misteri di iniquità. Sì, cari amici, non sono che misteri di iniquità, anzi, odiosi misteri di iniquità (237).
  • Religiosità laica. E così non vi sia tra voi religione diversa da quella della saggezza e della moralità, da quella dell’onestà e della decenza, della franchezza e della generosità d’animo; non ci sia religione diversa da quella che consiste nell’abolire completamente la tirannide e il culto degli dèi e dei loro idoli […] (244).
  • Lumi della ragione. Dichiaro infine, miei cari amici, che in tutto ciò che ho scritto e detto fin qui io non ho preteso che di attenermi ai lumi naturali della ragione, e non ho avuto altra intenzione né altro scopo che quello di tentare di rivelarvi francamente e sinceramente la verità […] (248).

L’AUTORE

Jean Meslier, [ir]religioso francese (1664 Mazerny, Champagne, Francia - 1729 Etrépigny). Il suo Testamento fece «fremere d’orrore» persino lo spregiudicato Voltaire e fu proibito, anatemizzato e oscurato in tutti i modi dalle gerarchie ecclesiastiche. Poco si sa della vita volutamente piatta e grigia dell’animoso curato delle Ardenne. È uno dei tanti desaparecidos della storia ideologica: il suo nome, ancora oggi, si cerca invano nelle enciclopedie più in uso. La più recente ricostruzione del suo pensiero è di M. Dommanget, Le curé Meslier athée, communiste et revolutionnaire sous Louis XIV, Paris 1965, non ancora tradotta in italiano.

Luciano Franceschetti
Giugno 2000