L’orologiaio cieco

Creazione o evoluzione?
Richard Dawkins
Mondadori
2006
ISBN: 
9788804560678
  • Uno dei miei obiettivi è quello di trasmettere almeno in parte la mia meraviglia dinanzi alla complessità biologica a quegli occhi che sono sempre rimasti chiusi dinanzi ad essa. Ma, una volta magnificato il mistero, l’altro mio obiettivo è quello di eliminarlo e di spiegarne la soluzione (Prefazione, p. 8)
  • Il darwinismo, a differenza dell’«einsteinismo», sembra esser considerato un facile bersaglio da critici di qualsiasi livello di ignoranza, forse perché - come notò acutamente Jacques Monod - tutti credono di capirlo. […] Noi siamo del tutto abituati all’idea che una complessa eleganza presupponga un progetto, frutto di abilità e di intenzionalità. Questa è probabilmente la ragione più forte a sostegno della fede - condivisa dalla grande maggioranza delle persone, in passato come oggi - in una qualche sorta di divinità soprannaturale (11).
  • Certo, per quanto l’ateismo possa esser stato logicamente sostenibile prima di Darwin, soltanto Darwin creò la possibilità di adottare un punto di vista ateo con piena soddisfazione intellettuale (22).
  • Illusione del disegno - La selezione naturale è l’orologiaio cieco, cieco perché non vede dinanzi a sé, non pianifica conseguenze, non ha in vista alcun fine. Eppure, i risultati viventi della selezione naturale ci danno un’impressione molto efficace dell’esistenza di un disegno intenzionale di un maestro orologiaio; che alla base della complessità della natura vivente ci sia un disegno intenzionale, è però solo un’illusione (41).
  • L’evoluzione non ha un obiettivo a lungo termine. Non c’è un bersaglio lontano, nessuna perfezione finale funge da criterio per la selezione, anche se la vanità umana accarezza la nozione assurda che obiettivo finale dell’evoluzione sia la nostra specie (84).
  • Informazione digitale - Al cuore di ogni cosa vivente non c’è fuoco, non alito caldo, non una «scintilla di vita», bensì informazione, parole, istruzioni. Se si vuole una metafora […] si pensi invece a un miliardi di caratteri discreti, digitali, incisi in tavolette di cristallo. Se si vuol comprendere la vita, non si pensi a gel e fanghi vibranti, palpitanti, bensì alla tecnologia dell’informazione. […] Quella del gene non è analogica, ma digitale (168).
  • Cromosomi - Noi condividiamo un progenitore comune con gli scimpanzé, cosicché ad un certo punto - nella nostra linea genealogica o in quella degli scimpanzé - dev’esserci stato un mutamento nel numero dei cromosomi. Da 23 a 24 (178).
  • Credenze medievali - Quell’atteggiamento è medievale e ricorda il tempo in cui la Chiesa insegnava che la nostra Terra era il centro dell’universo, che le stelle erano solo piccole luci poste in cielo per la nostra edificazione (o, tesi ancor più assurdamente presuntuosa, che le stelle compissero i loro corsi in cielo per esercitare le loro influenze astrologiche sulle nostre piccole vite) («Origini e miracoli», 213).
  • L’idea basilare de L’orologiaio cieco è che non abbiamo bisogno di postulare un architetto o un progettista per comprendere la vita, o qualsiasi altra cosa dell’universo (219).
  • Quanto ai miracoli e all’improbabilità, dimostrerò un punto che è paradossale, ma proprio perciò tanto più interessante. Questo punto è che noi, in quanto scienziati, dovremmo essere un po’ preoccupati se l’origine della vita non sembrasse miracolosa alla nostra coscienza umana. […] Che cosa intendiamo dunque per miracolo? È qualcosa che accade, ma che è estremamente sorprendente. Se una statua di marmo della Vergine Maria ci facesse d’improvviso un cenno con la mano, noi tutti parleremmo di miracolo, perché tutta la nostra esperienza e conoscenza ci dice che il marmo non si comporta in quel modo […] (236).
  • Percezione del tempo - Per il nostro cervello, la cui consapevolezza temporale si estende solo alla durata di decenni, un evento che si verifica solo una volta in un milione di anni è così raro da sembrare un vero miracolo (242).
  • Ci poniamo queste domande, non foss’altro perché ci sono aspetti della nostra evoluzione che presentano un andamento esplosivo, in particolare il rapido sviluppo del nostro cervello durante gli ultimi milioni di anni («Esplosioni e spirali», 316).
  • Natura non facit saltus - Per esprimerci in forma diversa, la creazione divina è la forma estrema di saltazionismo. Essa è il salto record dall’argilla inanimata all’uomo pienamente formato.[…] Per Darwin, qualsiasi evoluzione che dovesse far ricorso all’aiuto di Dio per prendere la rincorsa per i suoi salti, non sarebbe affatto un’evoluzione (364).
  • Cecità - Nel mondo ci sono persone che hanno un desiderio disperato di non dover credere nel darwinismo. Esse sembrano rientrare in tre classi principali. Prima di tutto vengono coloro che, per ragioni religiose, desiderano che l’evoluzione stessa non sia vera. […] Poi quelli che, in varie guise, […] confondono l’evoluzione col darwinismo sociale, con connotazioni razziste e altri risvolti sgradevoli. In terzo luogo, ci sono persone - molte delle quali lavorano nei mass media - alle quali piace follemente veder mandare all’aria la baracca […]; e il darwinismo è abbastanza affermato e rispettabile per indurre la tentazione di mandarlo all’aria (366).
  • Caricature - È chiaro che questi autori hanno creato una sorta di caricatura del darwiniano […] io cercherò di spiegarla per capire che cosa si celi dietro gran parte dell’opposizione al darwinismo. […] È importante comprendere la differenza fra il darwiniano al naturale e la caricatura […] con l’aiuto di un esempio particolare: la differenza fra le tecniche di volo dei pipistrelli e degli angeli (444).
  • Angeli - Le ali, o qualsiasi altra cosa, possono evolversi solo se il processo di sviluppo consente loro di evolversi. Nulla «spunta» come per magia. Tutto viene costruito dai processi di sviluppo embrionali. […] Nell’embriologia del dorso, invece, non c’è nulla che si presti a far «spuntare» ali simili a quelle degli angeli (449).
  • Teologi moderni di un certo livello hanno rinunciato a credere nella creazione istantanea. Molti fra i teologi che si definiscono evoluzionisti […] fanno però rientrare Dio dalla porta di servizio […] («L’unico vero albero della vita», 456).
  • L’unica cosa che fa dell’evoluzione una teoria così meravigliosa è che essa ci spiega in che modo la complessità organizzata possa derivare dalla semplicità primordiale (457).
  • Il creazionista, si tratti di un sostenitore ingenuo della verità biblica o di un vescovo colto, postula semplicemente un essere già esistente di prodigiosa intelligenza e complessità.
  • La teoria dell’evoluzione per selezione naturale cumulativa è l’unica teoria a noi nota che sia capace in linea di principio di spiegare l’esistenza della complessità organizzata. […] L’intero libro è dominato dall’idea del caso, dall’improbabilità astronomica contro la nascita spontanea dell’ordine, della complessità e del disegno intenzionale apparente. Abbiamo cercato un modo per ammansire il caso, per strappargli gli artigli […] (458).

L’AUTORE

Richard Dawkins (1941 Nairobi, Kenya) è un biologo britannico, tra i più prestigiosi del secolo; maestro di zoologia all’Università di Oxford, autore di volumi sui più discussi problemi della biologia contemporanea e di divulgazione scientifica, di grande successo anche in Italia, quali Il fenotipo esteso (1986), Il gene egoista (1991), Il fiume della vita (1995), recensito in questa stessa sezione.

Luciano Franceschetti
Giugno 2000