La teoria del cervello tripartito secondo MacLean (parte I)

Michele Ernandes. La teoria del cervello tripartito secondo MacLean e la formazione dell’idea dell’«Essere dall’Immensa Potenza».

Titolo originale: «MacLean’s Triune Brain and the Origin of the “Immense Power Being” Idea» in The Mankind Quarterly 39 (2): 173-201, Winter 1998

Premesse sulle basi biologiche della religione

Nell’affrontare il problema dell’origine dell’idea dell’Essere dall’Immensa Potenza, riteniamo necessario porre due premesse:

  1. è stato dimostrato da Kant (1781) che non si può raggiungere una dimostrazione razionale né dell’esistenza né dell’inesistenza di Dio (l’«Essere dall’Immensa Potenza»);
  2. l’idea di un essere potente di tipo religioso è esistita in tutte le società umane in una forma o in un’altra.

Il problema quindi è cercare la spiegazione di come e perché tale idea esista, e, poiché esiste in un essere naturale, l’indagine ad essa relativa può essere affrontata dalle scienze naturali, tenendo presente che «Pensieri e credenze dipendono inevitabilmente dall’attività neurofisiologica del cervello» (Delgado 1969; trad. it. 1973, p. 41).

A sua volta l’attività cerebrale è determinata in primo luogo dal patrimonio genetico, che predetermina le strutture cerebrali, le loro possibili relazioni e la capacità di apprendere, e in secondo luogo dalle influenze ambientali che, recepite dalle strutture cerebrali, ne possono influenzare le attività ed in una qualche misura lo sviluppo.

Le strutture cerebrali, da cui dipendono le capacità fisiologiche e i comportamenti, sono il prodotto di un lungo processo evolutivo durante il quale sono state selezionate per fornire i migliori adattamenti all’ambiente esterno. Secondo Lorenz (1973; trad. it. 1974, p. 26) «gli ‘occhiali’ del nostro modo di pensare e di vedere, cioè i nessi di causalità e di costanza, di spazio e di tempo, sono funzioni di un’organizzazione neurosensoriale sviluppatasi al servizio della conservazione della specie».

In accordo con Leakey e Lewin (1977; trad. it. 1979, p. 231) riteniamo che «Quando un aspetto del comportamento è universalmente diffuso o quasi, nelle società umane, è lecito per lo meno il sospetto che sia qualche base genetica a determinare questo comportamento».

Le idee religiose hanno la caratteristica dell’universalità: come ricordato da A. Brelich (1970; trad. it. 1976, p. 16) «Non si è trovato neppure tra quelli più “primitivi” un solo popolo che fosse privo di qualsiasi credenza in esseri con caratteri personali».

È pertanto possibile supporre che la religione abbia una base biologica per il fatto che è universale, ovvero possiamo supporre che il comportamento e il pensiero religioso usufruiscano di una predisposizione genetica. La predisposizione non implica che l’idea della divinità sia “innata”, ma semplicemente che è naturalmente concepibile, pensabile, per la mente umana - e che nel cervello umano sono presenti delle strutture anatomo-fisiologiche che, in determinate circostanze ambientali, hanno permesso la formazione delle idee religiose, le quali a loro volta sono diventate parte dell’eredità culturale.

Il modello di MacLean

La predisposizione genetica si esplica mediante lo sviluppo delle strutture nervose encefaliche. Paul D. MacLean (1970/1990) ha elaborato un modello della struttura e dell’evoluzione dell’encefalo, descrivendolo come “Triune Brain” (cervello uno e trino) perché vi ha individuato tre formazioni anatomiche e funzionali principali che si sono sovrapposte ed integrate nel corso dell’evoluzione. A queste tre formazioni egli ha dato i nomi di cervello rettiliano (Protorettiliano, R-complex), mammaliano antico (Paleomammaliano, Sistema Limbico) e mammaliano recente (Neomammaliano) (Tale suddivisione è chiaramente una semplificazione in quanto piccoli centri nervosi riferibili al Sistema Limbico o al Neomammaliano possono essere trovati, come “primordi”, nei Rettili).

“Si pensa che il cervello rettiliano rappresenti il centro fondamentale del sistema nervoso, essendo costituito dalla parte superiore del midollo spinale, da parti del mesencefalo, dal diencefalo e dai gangli della base” [ovvero dall’olfattostriato (tubercoli olfattori e nucleo accumbens) e da strutture definite come appartenenti al corpo striato (nucleo caudato, putamen, globo pallido e sostanza grigia associata) (MacLean 1985a, p. 220)] … “MacLean ritiene che l’R-complex dei cervelli dei mammiferi attuali derivi da quello di rettili mammifero-simili che nel passato popolarono la terra in grande numero” (Jsaacson 1982, p. 240). “Ai fini dello studio neurocomportamentale comparativo, è spiacevole constatare che nessun rettile esistente appartenga alla stessa linea filetica dei mammiferi. Uno dei rettili mammifero-simili più antichi era nell’aspetto così simile ai Lacertili da ricevere il nome di Varanosaurus, un termine che fa riferimento al varano, di cui il drago di Komodo è un importante esempio. Per queste ed altre ragioni noi abbiamo privilegiato l’uso delle lucertole nei nostri studi comparativi” (MacLean 1985b, pp. 408-9).

Secondo MacLean (1973a, trad. it. 1984, p. 7) “il cervello di tipo rettiliano che si trova nei mammiferi è fondamentale per le forme di comportamento stabilite geneticamente, quali scegliere il luogo dove abitare, prendere possesso del territorio, impegnarsi in vari tipi di parata [comportamenti dimostrativi], cacciare, ritornare alla propria dimora, accoppiarsi, [procreare], subire l’imprinting, formare gerarchie sociali e scegliere i capi”. Come osserva Isaacson (1982, p. 246), “L’R-complex è necessario per i comportamenti (esibizioni) ritualistici [che seguono una sequenza predeterminata] e la comunicazione non verbale ad essi associata. A livello umano, MacLean ritiene che certe tendenze comportamentali sono dovute ad una eredità di disposizioni regolate (mediated) dalla stessa, primaria regione cerebrale. Esse includono alcune violente reazioni, la preferenza per la routine o per azioni rituali, ed alcune forme di attività sostitutiva”.

Il Sistema Limbico comprende i bulbi olfattivi, il setto, il fornice, l’ippocampo, l’amigdala (in parte; la rimanente è ‘striata’, cioè rettiliana), il giro del cingolo, e i corpi mammillari.

“Il cervello paleomammaliano, o sistema limbico, rappresenta un progresso dell’evoluzione del sistema nervoso perché è un dispositivo che procura agli animali che ne dispongono mezzi migliori per affrontare l’ambiente. Parti di esso concernono attività primarie correlate col nutrimento ed il sesso; altre con le emozioni e i sentimenti; ed altre ancora collegano i messaggi provenienti dal mondo esterno con quelli endogeni. La comparsa esplosiva delle attività tipiche del Sistema Limbico, ad es. a causa di epilessia [temporale], può scatenare un insieme di esperienze e sensazioni, alcune delle quali molto interessanti essendo associate con la convinzione della scoperta di verità fondamentali, senso di spersonalizzazione e stranezza, ed allucinazioni (MacLean, 1970)“ (Isaacson 1982, p. 246).

Per quando riguarda le sensazioni associate alla conoscenza delle verità fondamentali, MacLean (1973b, p.123) scrive : “Sembra che l’antico sistema limbico fornisca gli ingredienti per la forte sensazione affettiva o convinzione che noi attacchiamo alle nostre credenze, senza badare se siano vere o false!”

Isaacson aggiunge:

“Un altro modo di concepire il sistema limbico è vederlo come regolatore dell’R-complex. In base alle osservazioni sperimentali, tale regolazione sembra essere di natura inibitoria. La stimolazione del sistema limbico spesso sopprime comportamenti incipienti, mentre lesioni in esso prodotte spesso risultano “liberare” [ovvero disinibire] varie attività” (Isaacson 1982, p. 246).

“Il cervello neomammaliano consiste nel Neocortex e nelle strutture del tronco cerebrale con le quali è primariamente connesso” (MacLean 1985a, p. 220), come i lemnischi, i tratti piramidali ed anche il neo-talamo.

La neocorteccia è una delle strutture nervose più ampiamente studiate, ma allo stesso tempo una delle meno conosciute. Essa è, a livello umano, la sede del linguaggio ed, in generale, è la sede di quei comportamenti che permettono ad una persona di affrontare situazioni nuove ed inaspettate. L’abilità di prevedere il futuro risiede in essa.

Noi dobbiamo il pensiero cosciente alla neocorteccia: è la sede dell’autocoscienza, delle concezioni dello spazio e del tempo, delle connessioni di causalità e di costanza.

L’attività del cervello neomammaliano è mutualmente influenzata dal sistema limbico e dall’R-complex: “dovrebbe essere enfatizzato il fatto che i tre tipi di cervello non sono in alcun senso separati, entità autonome, anche se sono capaci di funzionare in qualche modo indipendentemente” (MacLean 1973b, p. 114).

“Non si sottolineerà mai abbastanza che questi tre tipi fondamentali di cervello presentano fra loro grosse differenze strutturali e chimiche. Eppure devono fondersi e funzionare tutti e tre insieme come un cervello uno e trino . La cosa straordinaria è che la natura sia stata capace di collegarli fra di loro e di stabilire una qualche sorta di comunicazione dall’uno all’altro.” (MacLean 1973a; trad. it. 1984, p. 5).

Per quando riguarda la struttura, nell’R-complex i neuroni sono raggruppati in alcune masse (nuclei o gangli); nel Sistema Limbico accanto ai nuclei ci sono strutture palliali (o corticali), nelle quali i neuroni sono disposti in tre strati (allocortex).

Ariëns Kappers (1909) ha definito il pallio laterale (cioè la corteccia piriforme) come paleopallio ed il pallio mediale (ovvero l’ippocampo) come archipallio (MacLean 1990, p. 254; Voogd et al. 1998, p. 1872). Il pallio dorsale dà origine al neopallio: in esso, la corteccia (isocortex) ha neuroni disposti in sei strati. Per quando riguarda la chimica, i ricercatori hanno trovato differenze meno marcate: mentre, per es., l’acetilcolina e la dopamina sono tipiche dell’R-complex (MacLean 1990, pp. 38-43), la serotonina è presente in tutti e tre i tipi di cervello (si veda oltre, § Correlazioni neurobiologiche).

L’R-complex possiede la capacità di stabilire relazioni fra i fenomeni, ma in una forma diversa da quella neocorticale; la relazione non è razionale, ma di tipo temporale (post hoc, propter hoc). Ciò conduce ad attività di routine, di conformità a situazioni precedenti, di ritualizzazione di comportamenti, ovvero ad atti ossessivo-coercitivi (pensiero magico).

Tale tipo di connessione fra i fenomeni diviene cosciente e può essere espresso linguisticamente dal Neocortex.

Il Sistema Limbico, a sua volta, aggiunge la componente emotiva a queste attività, determinando uno stato di rilassamento quando esse sono svolte, e uno stato ansioso quando vengono bruscamente interrotte o modificate.

Il Neocortex ha la capacità induttiva: dalle osservazioni dei casi particolari in cui nota che certi fenomeni sono effetti di determinate cause, esso inferisce che “ogni fenomeno è effetto di una causa”.

Pertanto il Neocortex tende a stabilire connessioni in qualche modo razionali fra i fenomeni: esso è capace di farlo più o meno bene, secondo le sue conoscenze.

Riassumendo, la connessione causale fra fenomeni stabilita dal cervello nel suo insieme può essere:

  1. di tipo razionale, osservabile, sperimentale, se il Neocortex riesce a trovare la causa;
  2. di tipo magico, che non è osservabile né sperimentale, ha gradi più o meno alti di illogicità, ed è accettata per fede. Il pensiero magico ha la sua origine inconscia nell’R-complex e viene elaborato e reso cosciente dalla corteccia cerebrale, che tenta di dargli una parvenza di razionalità.

Comportamenti di dominanza e sottomissione nella Religione

I comportamenti religiosi esprimono particolari relazioni di dominanza-sottomissione.

“Dal punto di vista del comportamento, le manifestazioni religiose consistono nella riunione di gruppi numerosi di individui che compiono ripetute e prolungate esibizioni di sottomissione intese a placare un individuo dominatore il quale nelle diverse civiltà assume forme svariate che hanno sempre in comune tra loro l’elemento di una immensa potenza” (Morris, 1967; trad. it. 1974, IX ed., p. 191).

Secondo il modello di MacLean la struttura nervosa che presiede ai comportamenti gerarchici, e fra questi quello di sottomissione al capo, si trova nell’R-complex.

Il Sistema Limbico, con la sua azione regolatrice, impedisce, in condizioni fisiologiche, che i comportamenti determinati dall’R-complex si manifestino in maniera rigida, autonoma e stereotipata.

La sua regione settale ha notevole importanza nel controllo delle funzioni sessuali, l’amigdaloidea in quello delle aggressive. Le funzioni sessuali sono, specialmente nei mammiferi più primitivi, in relazione con il rinencefalo e quindi con le strutture olfattive.

Il comportamento di dominanza e sottomissione nei Primati

L’ipotesi che il comportamento religioso, il pensiero religioso e l’origine dell’idea dell’ “Essere potente” siano naturali può essere convalidata dall’osservazione dei loro fondamenti fra gli Ominidi e i Primati non-umani. Per la validità di questa ipotesi è indispensabile trovare in essi:

  1. il comportamento di dominanza-sottomissione
  2. l’esistenza, in atto o in potenza, della figura del capo-branco assoluto.

Nei mammiferi si sono instaurate forti connessioni fra i comportamenti sessuali e quelli di dominanza e sottomissione, così che i comportamenti e il sesso maschili sono diventati segni di dominanza e quelli femminili di subordinazione. Tali valenze del comportamento e degli organi sessuali sono evidenti nei Primati, incluso l’Homo sapiens [fig. 1].

Figura 1Il comportamento di dominanza-sottomissione costituisce un aspetto molto importante della vita sociale dei Primati; le società dei Primati possono essere organizzate, in relazione ai sistemi riproduttivi, come segue:

  1. gruppi monogamici (Mo);
  2. gruppi a un solo (o a singolo) maschio (Single Male, SM);
  3. gruppi con molti maschi (Multi Male, MM).

Questi sistemi tendono ad essere correlati con il dimorfismo sessuale delle dimensioni corporee e della grandezza dei denti canini (dimorfismo intrasessuale, risultante dalla competizione fra i maschi). Le specie monogame mostrano un basso grado di dimorfismo, quelle con gruppi a un solo maschio o a molti maschi mostrano un dimorfismo variabile, associato con la gradazione della competizione maschile (Clutton-Brock and Harvey 1977; Leutenegger and Kelly 1977; Harvey et al. 1978; Pickford and Chiarelli 1986; Hinde 1987; Plavcan and van Schaik 1994).

Plavcan e van Schaik (1992) hanno classificato le specie dei Primati in 4 “livelli di competizione”, distinti da 1 a 4, in base all’intensità e alla frequenza potenziale della competizione maschile.

Il livello 1 comprende specie a bassa intensità e bassa frequenza.
Il livello 2 comprende specie a bassa intensità e alta frequenza.
Il livello 3 specie ad alta intensità e bassa frequenza.
Il livello 4 specie ad alta intensità ed alta frequenza.

La bassa frequenza di competizione è tipica dei gruppi riproduttivi che contengono soltanto un solo maschio adulto: così le specie monogame appartengono al 1° livello, mentre le specie con gruppi a un solo maschio appartengono al 3° livello.

“Società organizzate a più livelli, come quelle Papio hamadryas, Theropithecus gelada e Nasalis larvatus, nelle quali i gruppi a un solo maschio convergono giornalmente per formare gruppi più vasti” (Plavcan e van Schaik 1997), sono classificate al 4° livello, poiché ne deriva un’alta frequenza delle interazioni maschili.

Le specie in cui i gruppi sono a molti maschi sono divise in 3 livelli di competizione (2°, 3° e 4°).

Secondo Plavcan e van Schaik (1997, p. 353) “l’incremento del dimorfismo sessuale sia delle dimensioni dei canini, sia del peso corporeo è correlato fortemente con l’incremento del livello di competizione”. Tale correlazione ci consente di fissare il livello di competizione dal dimorfismo sessuale, e viceversa.

Lo studio dei fossili di quelle specie che si ritiene siano state le antenate della nostra rivela che in esse il dimorfismo sessuale fu presente ed elevato fino a più di due milioni di anni fa, e fu piccolo (il corporeo) o assente (quello dei canini) nell’epoca seguente fino ad oggi. Il dimorfismo rilevato nei fossili è una prova della competizione maschile, ma non ci permette di affermare con sicurezza se le specie che lo presentavano erano organizzate in gruppi a un solo maschio o a molti maschi.

Ciò che è importante, ai fini del nostro studio, è però soltanto la competizione maschile. Plavcan e van Schaik (1997) hanno osservato che la stima del dimorfismo corporeo di A. afarensis è compatibile soltanto con i livelli di competizione maschile 3° o 4° (p. 365), e che soltanto il 3° livello competitivo è adatto per le stime del dimorfismo delle quattro dimensioni occlusali dei canini.

Per il genere Homo, come abbiamo detto sopra, il dimorfismo delle dimensioni corporee è basso (livelli competitivi 1° e 2°), mentre il dimorfismo dei canini è assente (livello competitivo 1°).

Noi proponiamo di correlare una socialità SM al dimorfismo elevato, ed una socialità monogamica al dimorfismo basso o assente. Noi non possiamo affermare questo con assoluta certezza [per la linea filetica degli ominidi], ma vogliamo soltanto [mediante le socialità limite] evidenziare la presenza o l’assenza della competizione maschile.

Figura 2Nella fig. 2, le specie fossili che si ritiene appartengano all’albero filogenetico umano (Chiarelli 1991, 1995; Wood 1994; D’Amore 1996; Chaline et al. 1996) sono messe in correlazione con le stime del loro dimorfismo e della competizione maschile [Nelle più recenti ricostruzioni di tale albero l’Australo-pithecus garhi ha soppiantato l’A. africanus, ma le due specie, per quanto riguarda il nostro studio, possono considerarsi equivalenti].

Al dimorfismo dell’Australopithecus afarensis (vissuto circa tre milioni di anni fa) abbiano correlato una socialità basata sulla figura del capo-branco assoluto (SM). Alla mancanza di dimorfismo (soprattutto dei canini) delle specie seguenti (in particolare da Homo rudolfensis/habilis in poi, cioè da circa due milioni di anni) è invece correlabile una socialità tendenzialmente monogama [con maschi tolleranti e collaborativi]. (“Tendenzialmente monogama” perché l’Homo sapiens ha prodotto diversi tipi di sistemi matrimoniali, ma ogni volta che sono comparse circostanze ambientali o sociali favorevoli c’è stata la ricomparsa, almeno in parte, di una socialità stile ‘singolo maschio’, con poliginia legale o tollerata).

Poiché i comportamenti religiosi sono caratterizzati dalla sottomissione ad un individuo dominatore, è verosimile che essi siano almeno in parte espressione di una socialità basata sul capo-branco assoluto, che, secondo il modello di MacLean (1973a), ha il suo fondamento neurologico nelle strutture “gerarchizzanti” dell’ R-complex. (D’altra parte, un individuo dominante non potrebbe essere concepito da un cervello che non fosse preparato a concepire le relazioni individuali come gerarchiche).

Pertanto l’”Essere dall’immensa potenza”, che ha origine “inconscia” nell’R-complex, risulta dalla razionalizzazione e dalla proiezione dell’immagine del capobranco in una realtà sovrumana, proiezione e razionalizzazione che vengono effettuate dal Neocortex [Tuttavia, da ciò che si è detto sopra si può ipotizzare che non vi fosse, nelle società degli Ominidi con dimorfismo sessuale minimo, alcun individuo (il capo-branco assoluto) che potesse fungere da esempio concreto di “Essere dall’immensa potenza”. In altri termini si può escludere che l’idea della divinità possa aver tratto spunto da un esempio vivente e presente in quelle società].

Come può essere possibile, quindi, che in Uomini di cui ci è documentata una socialità a bassa competizione maschile noi possiamo trovare la proiezione, in un mondo sovrumano, di un Essere dall’estrema potenza, come quello che può essere associato a un sistema sociale con un’alta competitività fra i maschi?

Benché inibito dal Sistema Limbico, l’R-complex del cervello umano manteneva (e mantiene) le strutture e le funzioni gerarchizzanti di dominanza-sottomissione che determinano la sottomissione ai capi. Poiché l’elaborazione neocorticale del concetto di un “Essere dall’immensa potenza” non può che essere suscitata, secondo il modello di MacLean, da un’azione dell’R-complex sul Neocortex, si deve pensare che in un particolare periodo della evoluzione umana tale struttura nervosa è stata temporaneamente liberata dal controllo inibitorio del Sistema Limbico, presumibilmente in seguito ad uno stimolo, che, causando un trauma psichico, abbia ridotto l’azione inibitrice del Sistema Limbico.

Lo stimolo traumatico e le sue conseguenze

Noi possiamo supporre che tale stimolo traumatico sia stato causato nell’Uomo dall’acquisizione della coscienza della propria mortalità, perché il pensiero della morte potrebbe essere il più traumatico (secondo Chiarelli 1984, p. 303, “l’esperienza unica che accomuna tutti gli uomini è la morte. Probabilmente è questo il fattore unificante, la condizione mentale che ha condotto i più antichi esseri pensanti a sviluppare una dottrina dell’anima”).

L’Homo sapiens è l’unico animale che sappia di essere mortale [È l’unico che si rende conto che può morire senza che vi sia un animale nemico che lo stia assalendo o possa farlo].

Egli non riconosce immediatamente tale fatto come un dato naturale. Piuttosto pensa che sia una violenza subita, e tale deve essere sembrata ai primi uomini che ne ebbero coscienza. Noi non possiamo sapere quando ciò avvenne, ma sappiamo che più di 50.000 anni fa l’Uomo di Neandertal seppelliva i propri morti.

Il nesso di causalità che il Neocortex tende a stabilire tra i fenomeni ha fatto sì che l’Uomo abbia cercato l’agente di tale violenza.

Nello stesso tempo, in seguito allo stimolo traumatico dato dalla coscienza della morte, l’attività del Sistema Limbico sull’R-complex deve aver avuto una variazione che:

  1. abbia permesso alle strutture dell’R-complex riguardanti i comportamenti gerarchici di manifestarsi a livello neocorticale (cosciente);
  2. abbia fatto riconoscere, alle strutture neocorticali che cercavano una spiegazione dell’accaduto secondo dei rapporti di causa-effetto, nell’ “Essere potente” proposto dall’R-complex l’agente della morte.

Nella figura 3 sono schematizzate le fasi del processo di formazione delle idee religiose, qui proposto, in rapporto alle funzioni interessate dei cerebrotipi di MacLean:

  1. L’Homo sapiens percepisce l’evento della morte.
  2. Nel Neocortex si ha la presa di coscienza della mortalità come destino ineluttabile, e nello stesso tempo essa è avvertita come violenza.
  3. Il Sistema Limbico recepisce questa coscienza e la trasforma in stimolo emozionale verso gli altri due cerebrotipi; nello stesso tempo la sua azione inibitoria sull’R-complex diminuisce.
  4. Per l’R-complex, la violenza è attuata da un individuo dominante. Le strutture neocorticali che presiedono alle funzioni di ricerca dei rapporti causa-effetto dei fenomeni individuano nell’idea di capo-branco, originata dalle strutture gerarchizzanti presenti nell’R-com-plex, l’agente della violenza mortale che viene esercitata sull’Uomo, e si ha quindi:
    1. la formazione dell’idea di un “Essere dall’immensa potenza”.
    2. Le strutture neocorticali che organizzano il pensiero, in rapporto alle condizioni sociali e ambientali (7a), costruiscono (7b) un insieme di miti volti a spiegare i rapporti tra l’Uomo e la Divinità (in primo luogo la ragione della violenza mortale infitta da quest’ultima) e di rituali, che permettano di stabilire una relazione comunicativa tra l’Uomo e l’”Essere Potente” (o gli “Esseri potenti”). (Siccome l’invisibile “Essere Potente” è il “capo” degli esseri umani, egli deve essere simile a loro, ovvero, reciprocamente, gli esseri umani devono essere simili a lui, e così anche gli esseri umani devono avere una parte invisibile, l’anima).

Figura 3La tipica capacità umana di pensare un essere supremo inanimato è stata probabilmente favorita dall’attività onirica. Il “Mondo dei Sogni” infatti potrebbe essere stato interpretato dai primi esseri umani come una realtà a parte rispetto a quella sensibile, diversa da questa, ma non meno reale. A conferma di questa idea, notiamo che nel modo di pensare religioso i sogni, spesso, sono stati interpretati come una forma di comunicazione con il divino.

Ciò che è stato esposto nei precedenti paragrafi è il processo mediante il quale il concetto di un Essere Divino emerse fra i primi esseri umani che furono coscienti della propria mortalità e tentarono di darne una spiegazione. Le concezioni del divino e del sacro sono [adesso] canalizzate e plasmate dalle strutture religiose e sociali in cui ogni individuo vive ed è educato. Inoltre dovrebbe essere ricordato che solo il Neocortex è capace di pensiero critico-razionale: l’R-complex ed il sistema limbico tendono a sistemi di credenza irrazionali.

I riti iniziatici avvengono in età particolari (critiche) dello sviluppo individuale, con un coinvolgimento emotivo Essi operano soprattutto sul Sistema Limbico e sull’R-complex. Il Sistema Limbico fornisce gli ingredienti per la forte sensazione affettiva di convinzione attaccata alle credenze, mentre l’R-complex è la sede dell’imprinting.

Le esperienze emozionali ripetute e le forze ambientali favoriscono l’impriting, fino a far diventare le credenze religiose, come quelle riguardanti l’esistenza di un essere potente sovrannaturale [ma soprattutto le sue supposte volontà], forti e ben radicate.

In particolari circostanze storiche poi una religione può essere accompagnata, o sostituita, da una “ideologia totalizzante”, una ideologia cioè che assegna un fine metafisico all’Uomo e alla Storia. Tali ideologie coinvolgono organizzazioni, credenze e rituali che sono simili, almeno strutturalmente, a quelli della religione.

[ Parte II ]