Risposta di Giorgio Villella all’Avvenire

Gentile direttore,

vorrei rispondere al servizio sul congresso dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), che si è svolto a Trento domenica 17 maggio 1998 e di cui Avvenire ha fatto un ampio, garbato e ironico resoconto martedì 19 maggio, a pagina 21, a firma di Roberto Beretta.

Nell’articolo si fa dell’ironia sul fatto che «gli agnostici della penisola devono dosare le energie perché sono pochi: esattamente 176, meno dei panda in Cina. Nella sala si sprecano capelli brizzolati, barbe sapienti (ma borghesucce) alla Scalfari, occhiali da miope con catenella; giovani scarsi davvero. Gli atei italiani sono in crisi, e poco vale consolarsi con i dati (più volte citati) del calo della pratica religiosa». Il numero di 176 iscritti citato da un socio al congresso si riferiva ai rinnovi della tessera fino a maggio; il numero dei nostri iscritti è aumentato ogni anno e, negli ultimi due, di molto; gli iscritti alla fine dell’anno solare 1997 erano più di 250 e alla fine di questo anno, se continua così, saremo più di 300; e a questo punto siamo quasi preoccupati di crescere ulteriormente perché non abbiamo un ufficio, non abbiamo una segreteria e solo per gestire la posta e fare la nostra rivista, spedirla ai soci e distribuirla alle librerie Feltrinelli e Rinascita se ne vanno tutte le quote di iscrizione e le energie di chi si occupa, nel tempo libero, di queste incombenze; mentre i sacerdoti cattolici sono senza famiglia e sono pagati per la loro missione, le persone che mandano avanti l’UAAR sono impegnati con la famiglia e devono lavorare per mantenersi e hanno poco tempo per l’associazione.

Avete poco da consolarvi per l’esiguo numero degli iscritti all’UAAR; secondo statistiche fatte da organizzazioni cattoliche (siete gli unici ad avere i soldi per farle) attualmente gli atei e agnostici in Italia sono circa il 10% della popolazione, esattamente come i cattolici! Anzi, secondo il cardinale Martini, siete solo l’8%! Ma mentre noi siamo in crescita, voi siete drammaticamente in calo. Naturalmente questa tendenza non è merito nostro, non vogliamo fare le mosche cocchiere, è in atto in Francia, in Gran Bretagna, in Germania e nei paesi nordici; la cultura e la civiltà europee vanno per fortuna in questa direzione con molta velocità. Purtroppo per voi, se non ci sono atei giovani iscritti all’UAAR è perché la maggior parte dei giovani sono tranquillamente atei e la religione sembra loro un retaggio del passato in via di estinzione che non merita combattere; basta ignorarla, come di fatto fanno. Ricordo un articolo di Del Re, apparso sul Suo giornale il 14 gennaio 1997 dal titolo: «Germania, i ragazzi al muro della fede» in cui si diceva «Fra i teenager è bassissimo l’interesse religioso; parla il teologo e psicologo Copray» (che aveva fatto fare le statistiche su un vasto campione di giovani tedeschi dai 14 ai 18 anni) e «La metà dei giovani è indifferente a ogni spiritualità, meno del 10% fa riferimento al Dio cristiano e appena il 6 per cento crede alla redenzione». Qui nel Nord-est, tradizionalmente cattolico, ho l’impressione che si possa dire lo stesso e se i giovani, invece di iscriversi all’UAAR, si divertono, ignorando i tabù cattolici che hanno rovinato la mia giovinezza, hanno tutta la mia comprensione. Inoltre noi non facciamo nessuna forma di proselitismo; nessun dio ci ha comandato di andare per il mondo ad annunciare una verità definitiva che neanche possediamo; non siamo interessati a “sconvertire” le persone; se qualcuno vuol credere agli astri, alla cristalloterapia, al malocchio, se vuol credere ai santoni di qualche setta più o meno esoterica o fare riti satanici, se ha fede in una delle religioni consolidate, a noi non disturba, purché questa sia una fede privata che non pretenda aiuti, magari in esclusiva, dallo Stato; e non ci disturba affatto la presenza di cattolici: dover frequentare un ateo imbecille o intollerante mi dà molto più fastidio che frequentare un cattolico sincero e tollerante.

Dunque l’unica cosa che combattiamo è la religione di Stato, che ci sia in forza della legge o semplicemente di fatto, per abitudine, come in Italia adesso, e questo fatto diventa particolarmente grave quando questa religione fa politica con dei suoi partiti perché fa degenerare una democrazia in regime. La presenza di una religione di Stato ci riguarda direttamente e ci disturba anche per altre ragioni: quando un ateo manda i suoi figli a scuola si trova ad affrontare difficili problemi per la presenza dell’ora di religione; quando lo Stato usa le nostre tasse per costruire parrocchie o chiese non siamo d’accordo; se ci sono leggi che permettono a Marcinkus di sottrarsi alle indagini del giudice italiano per truffe fatte in Italia, non siamo d’accordo con queste leggi. Per cui l’unica finalità in positivo che vogliamo perseguire è il principio di laicità dello Stato, ribadito da tante sentenze della Corte Costituzionale, e mai messo in pratica. Vorremmo cioè che lo Stato non scegliesse nessuna visione del mondo, laica o religiosa, come vera o superiore alle altre; che non concedesse a nessuna visione del mondo privilegî che non conceda anche alle altre; che non ne sottraesse una al rispetto delle leggi e non usasse le leggi per schiacciare le altre. Se nelle aule dei tribunali e delle scuole ci sono i crocifissi, si mettano anche i simboli delle altre religioni e degli atei oppure non se ne metta nessuno. Se si raccolgono fondi con l’8 per mille, li si raccolgano per tutte le visioni del mondo che ne fanno richiesta. Se lo Stato paga insegnanti di religione, scelti e controllati dai vescovi, per andare a fare un’ora di religione nelle scuole statali, lo faccia anche per le altre religioni e per noi atei.

Cordiali saluti da Giorgio Villella, che con i suoi occhiali da “presbite” e la catenella, con la barba bianca, molto entusiasmo e ottimismo era seduto al tavolo della presidenza del congresso.