Convegno La laicità indispensabile: interventi di alcuni relatori

Si è aperto il 29 novembre 2003 a Roma - nel giorno di chiusura del Vertice dei ministri degli esteri dell’UE - il convegno internazionale sulla laicità della Costituzione europea organizzato dalla Federazione umanista europea (FHE) e dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (UAAR). Alcuni degli interventi della mattinata:

Vera Pegna, vice segretaria dell’UAAR, richiamandosi alla discussione in corso a Napoli sul nuovo Trattato europeo, ha sottolineato come la bozza di Costituzione sia «silente sul principio di laicità delle istituzioni, ma non sul rapporto fra Unione europea e chiese, poiché vengono accolte le richieste di queste ultime ad avere un ruolo istituzionale nel processo democratico europeo».

Ha rilevato l’ambiguità della novità contenuta nel testo reso noto il 26 scorso dalla Presidenza, laddove - al punto a) del preambolo - annuncia un prossima proposta riguardo alla laicità delle istituzioni degli Stati membri (principio di laicità). Come mai si parla degli Stati membri e non delle istituzioni dell’UE? L’aspetto positivo, tuttavia, è che la questione non sia totalmente chiusa, come dimostra anche la proposta del governo belga di sopprimere l’articolo 51.

Il convegno intende offrire un contributo «di eccezionale valore scientifico» a chi dovrà adottare il Trattato (prima giornata) e far conoscere le numerose attività che nel resto dei paesi dell’UE si ispirano alla laicità (domenica 30), come il servizio di assistenza morale laica (per chi è in ospedale, in carcere, nell’esercito) da parte di operatori laici retribuiti dallo Stato, e non solo - come avviene in Italia - da sacerdoti.

Mario Alighiero Manacorda, storico della pedagogia, Università “La Sapienza” Roma.

È intervenuto sul valore della laicità nella formazione dell’uomo. Ha sottolineato la necessità di distinguere tra religione del potere e religiosità delle coscienze, tracciando un excursus storico di come la prima abbia sopravanzato la seconda, grazie a un accordo di reciproco riconoscimento fra cristianesimo e potere. Massimo rispetto, quindi, per la religiosità delle coscienze. Altra cosa è la religione del potere, ovvero l’alleanza fra potere politico e autorità religiosa. Al contrario, la laicità tende all’universalità e riconosce la libertà delle coscienze come patrimonio comune dell’umanità, senza concessione di privilegî.

Laicità è compresenza di persone con diverse opinioni, in cui nessuno cerca di imporre la propria opinione agli altri. Compresenza intesa come pacifica convivenza, all’insegna della curiosità e della tolleranza.

Quanto alle radici cristiane dell’Europa, «credo» - ha affermato Manacorda - «che dovremmo definire la storia d’Europa non come una storia cristiana, ma come una lotta di resistenza all’imposizione cristiano-cattolica, del cristianesimo come religione del potere, che è stata condotta anche da grandi esponenti cristiani (da Dante a Lutero), fieramente “antipapisti”».

Giuseppe Ugo Rescigno, docente di diritto costituzionale all’Università “La Sapienza”, Roma.

Sembra che le costituzioni proteggano la libertà religiosa, ma in realtà quando si occupano di chiese lo fanno per garantire loro speciali poteri o immunità. Infatti se si tolgono dalla costituzione italiana - o di altri paesi - le regole che si riferiscono alla libertà religiosa, lasciando invariate quelle che tutelano i diritti di libertà tradizionali, «non cambierebbe assolutamente nulla, in termini di libertà: la libertà religiosa è pienamente tutelata da altre libertà (di coscienza, di manifestare il proprio pensiero, associativa, ecc.) perché compresa in esse alla luce del principio di uguaglianza. Se queste libertà vengono adeguatamente protette, automaticamente viene allo stesso modo protetta la libertà religiosa». Le libertà assicurate costituzionalmente alle confessioni religiose danno luogo così a disuguaglianze nei poteri e nei privilegî tra le varie fedi, nonché tra i loro affiliati e i non credenti.

Riguardo alla richiesta di introdurre nel testo il riconoscimento delle radici cristiane dell’Unione, il moderno costituzionalismo si basa su una rigorosa separazione tra Chiesa e Stato, e in ogni caso «una costituzione non è un libro di storia, ma un documento che prescrive qualcosa ad altri (…): parlare di radici cristiane dell’Unione significa dare fondamento costituzionale alle pretese di chi, in nome di tali radici, vuole introdurre anche a livello dell’Unione poteri, privilegî e immunità per le confessioni cristiane»; quanto al terzo paragrafo dell’art. 51, «la frase “l’Unione mantiene un dialogo regolare con tali chiese” è talmente ambigua (se il dialogo deve svolgersi secondo regole e dà luogo a regole è molto più che un dialogo), che resta aperta la porta a imprevedibili sviluppi futuri».

In conclusione, ha detto Rescigno, «auspico che dal testo di costituzione dell’UE sparisca qualsiasi accenno alle confessioni religiose e alla stessa libertà religiosa, è totalmente tutelata da tutti gli altri articoli sulle libertà degli individui e delle associazioni, e tutto il resto (e cioè poteri, immunità e privilegî) non va previsto, in nome appunto della libertà, della eguaglianza, della ragione».

Georges Liénard, segretario generale della Federazione umanista europea, ha messo in guardia dal “dialogo regolare” che l’Unione (all’art. 51 della bozza) si impegna a mantenere con le chiese. “Dialogo” è in sé un concetto positivo, ma la Chiesa - nei documenti ufficiali della Comece (Commission of Bishops’ Conferences of the European Community) - intende tale dialogo come diritto a essere interpellata preventivamente in qualsiasi settore dell’attività legislativa, come peraltro già avviene all’Onu. È importante quindi sensibilizzare i nostri governi su questo rischio. In Belgio la FHE ha svolto un grande lavoro, e infatti il governo belga ha proposto - unico esempio fra gli Stati membri, finora - un emendamento soppressivo dell’art. 51.

Anthony Grayling, docente di Filosofia del Diritto al Birbeck College dell’Università di Londra, ha focalizzato il suo intervento sulle ragioni per cui la sfera pubblica deve rigorosamente rimanere laica. Lo Stato deve essere uno spazio neutro, dove gli individui si incontrano come esseri umani con pari diritti e opportunità.

Accordare privilegî e immunità ad alcune confessioni significa tra l’altro alimentare divisioni fra le diverse confessioni o favorire il prevalere di una religione sulle altre, per arrivare al caso estremo dei talebani in Afghanistan.

Occorre difendere la laicità dello Stato e delle istituzioni - nazionali ed europee - perché è in crescita un movimento contro il laicismo e la secolarizzazione della società (ad esempio contro i matrimoni omossessuali, le ricerca sulle cellule staminali, ecc.) estremamente pericoloso. Allo stesso modo bisogna sostenere la scuola pubblica, affinché vengano formati individui liberi da ogni condizionamento.