Newsletter UAAR n° 1

(3 dicembre 2000)

  1. CAMPAGNA UAAR «SCROCIFIGGIAMO L’ITALIA»
  2. BUONO SCUOLA LOMBARDO: O LA VA O LA SPACCA
  3. ORA DI RELIGIONE: I VESCOVI SCHEDANO CHI NON FREQUENTA
  4. CADE L’ULTIMO BALUARDO DELLA RELIGIONE DI STATO
  5. EUTANASIA: L’OLANDA PRIMA, L’ITALIA ULTIMA?

1. CAMPAGNA UAAR «SCROCIFIGGIAMO L’ITALIA»

In Italia vi sono otto milioni di atei, ma la vita per loro non è così semplice in una società clericale come quella del nostro paese.

Simbolo di questa condizione è la presenza del crocifisso negli edifici pubblici: retaggio di un tempo in cui la religione cattolica, in virtù della legge, era la “religione di stato”, permane ancora oggi in tempi in cui essa è “religione di stato” di fatto.

La presenza del crocifisso viene giustificata, dal punto di vista legale, con alcuni regi decreti e circolari ministeriali dell’epoca fascista (come se da allora non fosse mai stata introdotta la Costituzione): dal punto di vista morale, con i valori universali che verrebbero rappresentati dalla croce.

Non è vero. Il crocifisso è stato anche, se non soprattutto, un simbolo di morte, dagli scudi dei soldati durante le crociate ai roghi in cui venivano bruciati i miscredenti.

Per questo l’UAAR vuole che sia eliminato questo ingiusto privilegio accordato alla religione cattolica: e per questo ha lanciato la campagna di sensibilizzazione “Scrocifiggiamo l’Italia”.

La campagna è partita l’11 ottobre con una conferenza stampa organizzata a Cuneo, la città del professor Montagnana, la cui sentenza di assoluzione costituisce il principale fondamento giuridico della nostra iniziativa: e proseguirà in seguito anche a Verona, a Roma, ovunque l’interesse che abbiamo già suscitato tra i laici e la stampa stessa ci permetterà di organizzare una manifestazione.

Nel terzo millennio non sono più tollerabili rendite di posizione medioevali: la nostra iniziativa vuole anch’essa contribuire alla costruzione di una società realmente democratica e multiculturale.

2. BUONO SCUOLA LOMBARDO: O LA VA O LA SPACCA

Il panorama politico italiano, solitamente caratterizzato da polemiche di lana caprina, per una volta è stato invece attraversato da una discussione “seria”.

Il cosiddetto “buono scuola”, introdotto dalla Giunta regionale lombarda presieduta dal ciellino Formigoni, rappresenta in teoria un contributo riservato a tutti gli studenti, sia delle scuole pubbliche che delle private.

Ora, al di là del fatto che, costituzionalmente, il funzionamento delle scuole private dovrebbe avvenire «…senza oneri per lo Stato» e, tralasciando la circostanza che anche altre regioni abbiano posto in essere diversi tentativi di aggirare questo dettato costituzionale, quello che caratterizza (in peggio, come al solito) il provvedimento lombardo è il suo essere riservato, in pratica, esclusivamente agli alunni frequentanti scuole private.

Vi è infatti nella legge regionale una clausola capestro: laddove si stabilisce un minimo di 400 mila lire di spesa relative a «tasse, rette, contributi di iscrizione e di funzionamento delle scuole», è chiaro che si escludono, di fatto, gli alunni delle scuole pubbliche, dove questa cifra di spesa (per queste voci) non viene mai raggiunta. “Casualmente”, infatti, si sono dimenticati di inserire nel computo anche i libri di testo.

Come se non bastasse, la legge stabilisce tetti di reddito assurdi (60 milioni lordi moltiplicati per il numero dei componenti il nucleo familiare): sicché, tranne alcuni fortunati nababbi, chiunque potrà accedere a questi contributi. Contributi che sono anche abbastanza pingui: fino a due milioni a studente.

Fortunatamente il Governo italiano, sentito il suo commissario in Lombardia, ha bloccato il provvedimento e lo ha rimesso alla Corte Costituzionale perché esprima un parere.

Tuttavia, questa vicenda rappresenta un ulteriore deterioramento nella qualità del dibattito sull’istruzione: ora le gerarchie cattoliche (grandi elettrici di Formigoni) non si accontentano più di ottenere la parità scolastica, vogliono addirittura un trattamento preferenziale per le proprie scuole.

Ecco perché l’episodio è da prendere in seria considerazione: la CGIL lombarda ha lanciato contro questa legge regionale una petizione che l’UAAR invita caldamente a sottoscrivere.

3. ORA DI RELIGIONE: I VESCOVI SCHEDANO CHI NON FREQUENTA

Stante il continuo calo nel numero di studenti frequentanti l’ora di religione cattolica, l’Ufficio Catechistico Nazionale ha effettuato un’indagine per conoscere i motivi per cui molti alunni non si “avvalgono” di questa possibilità.

Non bastasse già questo (in palese contrasto con le norme sulla privacy), l’Ufficio alle dipendenze dei vescovi ha provveduto anche alla rilevazione dei nomi.

Vista la gravità dell’iniziativa, il senatore Stelio De Carolis ha inviato un’interrogazione al Ministro della Pubblica Istruzione, chiedendo provvedimenti.

L’UAAR ha inviato al senatore una lettera di sostegno per l’iniziativa intrapresa.

4. CADE L’ULTIMO BALUARDO DELLA RELIGIONE DI STATO

Il 13 novembre ha rappresentato una data storica: l’articolo 402 del Codice Penale, concernente il vilipendio, dove ancora si menzionava, garantendole un trattamento di favore, la religione cattolica come «religione di stato» è stato abolito, nell’inerzia del Parlamento, direttamente dalla Corte Costituzionale.

Nel dispositivo della sentenza si rileva, con piacere, come essa sia stata motivata dal giudicare non più significativa, anzi anacronistica, una speciale tutela di questa confessione rispetto alle altre in base alla quantità degli aderenti. Uno stato laico non può discriminare nessuno e pertanto, nemmeno, favorire qualcuno.

Certo, questa sentenza, per noi atei, non sposta di una virgola il rischio di essere denunciati per vilipendio di qualunque religione: pur tuttavia, il passaggio della sentenza dove ci si sofferma sulle Intese intercorse tra lo Stato e gli altri culti, Intese che respingono una tutela penale diretta della fede religiosa, lascia sperare che, prima o poi, anche un reato fuori dal tempo come il vilipendio cessi di esistere.

5. EUTANASIA: L’OLANDA PRIMA, L’ITALIA ULTIMA?

Il Parlamento olandese, con una maggioranza schiacciante, ha approvato una legge che, prima al mondo, legalizza l’eutanasia.

Il provvedimento consente, laddove un malato terminale ne faccia richiesta ed una commissione di medici all’uopo preposta la valuti e la accolga, di interrompere le cure o, anche, di procurare direttamente la morte.

Una notizia che non sorprende chi nota da tempo la marcata tendenza, nei paesi del nord Europa, a riconoscere come sacri non improbabili testi religiosi impolverati dai millenni, bensì il diritto della persona a vivere e morire come meglio crede, nel rispetto di chi gli sta intorno.

L’Olanda è un paese largamente scristianizzato, dove i rapporti sociali sono estremamente liberi e progrediti: la stampa italiana, solitamente disinteressata alle sue vicende, ne tratta solo in questi casi, e quasi esclusivamente perché il Vaticano se ne lagna. Il risultato è stato che diversi telegiornali hanno aperto i loro servizi non con la notizia della legge, ma con le proteste cattoliche.

L’Italia è un paese largamente scristianizzato che vorrebbe avere anch’esso rapporti sociali liberi e progrediti: ma non può. Siamo sotto la potestà di fatto della Chiesa Cattolica, la quale non ha alcuna intenzione di farci raggiungere la maggiore età, né ora né mai.