Le consultazioni elettorali del Vaticano

Articoli, interviste e commenti apparsi
tra il 20 febbraio e l’8 marzo 2001

«NIENTE REGALI A SCATOLA CHIUSA». Lo scandalo scoppia il 19 febbraio, tre giorni dopo aver incontrato il candidato premier del centrosinistra Rutelli, il giorno prima di incontrare il candidato premier del centrodestra Berlusconi. Durante il ricevimento dell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede per l’anniversario dei Patti Lateranensi, il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano, se ne esce con alcune frasi inopportune per commentare questi colloqui. «Anche per chi non sia mai stato comunista come Rutelli, come Veltroni, è un bagno d’acqua santa da restare storditi. Intanto il catechismo, stasera. Poi Sodano dà i voti», commenta Concita De Gregorio su Repubblica l’indomani.

«La Santa Sede continua a dare al Cesare del momento ciò che è di Cesare. Chiede solo che Cesare dia a Dio ciò che è di Dio… A poco a poco cercherò di sentirli tutti e di chiedere ciò che a noi interessa. Sapere i programmi. Sono molto positivista in questo, voglio leggere i programmi. A scatola chiusa nessuno oggi accetta più un regalo…».

[Molto istruttivo conoscere di quali regali parli il cardinale].

«…e quindi chiedo che dicano chiaro come vogliono affrontare il problema della vita della famiglia, dell’educazione della gioventù, della scuola e della libertà scolastica, della solidarietà nazionale e internazionale. Sono i temi che stanno a cuore ai cattolici italiani».

«Cinque condizioni per passare al vaglio i candidati al posto di premier. Il Vaticano domanda, ed esige risposte. Nessuna preoccupazione per le poche spinte anticoncordatarie…» commenta, appropriatamente Marco Politi, sempre su Repubblica.

Si scatena un bel trambusto già durante il ricevimento. Qualcuno chiede perché queste consultazioni vengano avviate dal Vaticano (uno stato estero) e non dalla CEI (i vescovi italiani), e la risposta del cardinale è sprezzante: «Chi dice che la CEI non le fa?».

[Se qualcuno si fosse chiesto quali fossero i pensieri che passano per la mente ai politici italiani, ha ottenuto la risposta: incontrare qualche porporato].

LA STAMPA, SORPRENDENTEMENTE, REAGISCE L’indomani la prime pagine dei quotidiani sono tutte dedicate a questa uscita. Il rilievo dato alla notizia è una chiara testimonianza dell’enormità delle dichiarazioni, anche se sono in pochi (i soliti) ad indignarsi veramente.

«Sarebbe mortificante per chi crede nella laicità dello Stato accettare il principio che per conoscere le posizioni degli schieramenti politici che interessano anche la sfera della coscienza dei cattolici si debba passare attraverso l’istituzionalizzazione dei rapporti fra questi e la gerarchia ecclesiastica, trasformando quest’ultima in soggetto politico» sostiene, senza calcare particolarmente la mano, Piero Ostellino sul Corriere della Sera.

Più duro Giorgio Bocca su Repubblica, che stigmatizza «la pretesa di imporre per bocca di un suo ministro le regole del gioco ai politici di uno Stato laico. Tutti argomenti in cui il Parlamento italiano ha legiferato e nei quali il rappresentante di uno Stato straniero non può chiedere la revisione delle leggi e della costituzione… da molti fatti culminati nel Giubileo si è capito che per i nostri politici la Chiesa e il suo capo supremo, il Papa, sono un potere sovrastante come confermano le ore ed ore che la televisione di Stato dedica al Pontefice come al vero sovrano della Repubblica italiana… Il cardinal Sodano, che come è noto ignora la giustizia italiana concedendo accoglienze entusiaste a cittadini italiani che devono ancora risolvere i loro casi con la giustizia italiana, si è dichiarato poi molto soddisfatto di un incontro con le massime autorità della Repubblica andate da lui non si sa bene per quale ragione».

Il 21 febbraio i commenti sulla stampa si infittiscono, e si fanno più articolati. Il pur filo-wojtyliano Gad Lerner, sul Corriere, dopo essersela presa in particolare con i politici laici, portatori di un «clericalismo senza fede», è costretto ad ammettere: «balza agli occhi la definitiva rottura degli schemi che fino a ieri hanno regolato il rapporto fra potere ecclesiastico e potere politico. Neppure la forza spirituale dell’attuale pontefice e l’eredità preziosa del recente Giubileo possono nascondere il travaglio vissuto da una Chiesa sempre meno europea e sempre meno italiana, che vede accrescersi il suo prestigio e diminuire la sua potenza terrena».

Il Manifesto dedica all’argomento la prima pagina e due commenti. Andrea Colombo scrive: «più che a sponsorizzare uno dei due schieramenti, o a conoscere programmi elettorali già notissimi, i vertici ecclesiastici mirano probabilmente a far piazza pulita delle antiche mediazioni politiche, in concreto dei partiti cattolici. Il Vaticano si rivolge direttamente ai due Poli, e tratta con entrambi per ottenere dall’uno come dall’altro precise garanzie».

Il vaticanista Filippo Gentiloni la mette sul piano ironico: «Chi l’avrebbe detto, qualche anno fa? Caduti i muri, finita la Dc, si pensava che il rapporto fra la chiesa cattolica italiana e la vita politica si sarebbe allentato. Che si sarebbe entrati finalmente in quell’area laica che alla politica italiana era stata preclusa, prima dal fascismo e poi dalla Dc. E invece siamo arrivati al colmo. I leaders politici in fila, uno dopo l’altro, per essere ricevuti dalle massime autorità vaticane e da queste ottenere un voto in pagella. Un voto da sbandierare al devoto elettore. Insufficiente, buono, ottimo, come si diceva una volta a scuola. La chiesa vuole dare inizio al nuovo millennio all’insegna di un protagonismo fino a ieri inaudito».

Luigi Pintor, invece, va direttamente al problema: «…eravamo abituati alle consultazioni al Quirinale, ma alla nostra età e dopo la breccia di Porta Pia non avremmo immaginato che questo rito si sarebbe trasferito in uno Stato confinante extra-comunitario, di cui il cardinal Sodano è segretario… Se la Curia romana volesse semplicemente conoscere i programmi elettorali potrebbe leggerli, come ogni cittadino amerebbe fare, se esistessero e fossero credibili… Forse si atteggia a plenipotenziario di un’Europa carolingia e di un’Italia prerinascimentale per darsi arie».

Il direttore Ezio Mauro su Repubblica insiste anch’egli su questo tema. «Ci dev’essere qualcosa che non funziona nei rapporti tra lo Stato italiano e il Vaticano. È stupefacente che il Cardinal Sodano, evidentemente avvezzo agli usi antichi dell’America Latina [è stato nunzio apostolico in Cile per 11 anni, frequentatore intimo di Pinochet], non si sia reso conto dell’anomalia del suo programma; ed è amaro che nessun uomo politico italiano, tra i presenti nell’ambasciata del nostro Paese, abbia sentito il dovere di sottolineare con garbo quello “strappo”, magari andandosene in silenzio. L’anomalia è tanto più forte se si pensa (cosa che sembra sfuggire a Sua Eminenza) che questo trattamento è riservato in esclusiva allo Stato italiano, alla politica italiana, ai candidati premier che dovranno guidare l’Italia. Per ora, il Cardinal Sodano non ha annunciato l’intenzione di esaminare preventivamente Jacques Chirac e Lionel Jospin, che pure si contenderanno la guida della Francia nel 2002. Né ha voluto incontrare preventivamente George W. Bush e Al Gore, che pure si disputavano nei mesi scorsi il comando di un Paese non trascurabile. Nemmeno la cattolicissima Spagna, o il Portogallo, o l’Austria hanno avuto questo esame preventivo. Sodano avvertendo tutti i politici che la Chiesa non accetterà “regali a scatola chiusa” ha parlato come il proprietario di un patrimonio di voti, che verranno amministrati oculatamente, a ragion veduta, dopo la provafinestra che i leader politici italiani faranno davanti al Segretario di Stato, e dopo la valutazione delle loro risposte ai cinque quesiti vaticani di base. Mi permetto di dire che tutto questo prima ancora che anacronistico e anticoncordatario è francamente improbabile. Il meccanismo subliminalmente nascosto dietro il monito “non accetteremo regali a scatola chiusa” presuppone che i cittadini italiani cattolici attendano l’esame di Sodano ai candidati prima di formarsi una convinzione politica, e poi votino secondo le intenzioni del Segretario di Stato. Un po’ troppo, persino per lo stato asfittico della politica italiana. E un po’ troppo poco, se è consentito, per la Chiesa. La quale sarà pure passata in minoranza nel nostro Paese, come ripetiamo da tempo: ma su questo piano inclinato (cinque domande per due premier) finisce in fretta per lobbizzarsi in Italia a livello della Confcommercio o della Confindustria».

L’indomani Massimo Giannini, sullo stesso quotidiano, ribadisce: «Non è da oggi, insomma, che buona parte della gerarchia ecclesiastica guarda allo Stato Italiano come ai “giardini del Vaticano”. Questa invasione di campo si fa adesso più insistente, e si capisce il perché: passati gli ardori e fragori dell’Anno Santo, la Chiesa teme il riprodursi di un vuoto culturale e mediatico. E lo colma come può e come sa: dalle campagne contro la Rai e la televisione (invasa per l’intero 2000 dalle immagini giubilari, e oggi “rioccupata” da volgarità e varietà) alle “consultazioni” pretese dal Cardinale Segretario di Stato… Ma mai come oggi lo Stato Italiano lascia fare, e tiene aperti i cancelli dei suoi “giardini”».

Alceste Santini, sul Mattino del 23 febbraio, torna sul tema del voto dei cattolici, giocando contro Sodano addirittura la carta del papa: «Come se i cattolici laici e impegnati nella società civile non fossero capaci di testimoniare, liberamente, i valori a cui dicono di richiamarsi. È stato Giovanni Paolo II ad affermare, nel 1991, che “un’interferenza diretta da parte di ecclesiastici o religiosi nella prassi politica costituirebbe un inaccettabile clericalismo” e che “incorrerebbero in un’altra forma di clericalismo quei laici che, nelle questioni temporali, pretendessero di agire in nome della Chiesa”. È una lezione su cui dovrebbero meditare i cattolici e quei laici che, in vista delle elezioni, vogliono essere benedetti dalla Chiesa».

Molto interessante il ragionamento svolto lo stesso giorno da Alberto Melloni sul Sole-24 ore: «È dal 1870 che la Santa Sede non si accontenta di garanzie da parte dello Stato che la ospita. Essa pretende un riconoscimento di sovranità che, dalla prima guerra mondiale in poi, è debordata spesso nell’adulazione, servile e/o interessata. Vicende grandi e piccole, ignobili e nobili, sono lì a dirlo: il cardinal Gasparri che chiede a Mussolini l’allontanamento dello scomunicato Ernesto Buonaiuti dalla cattedra romana di Storia del cristianesimo (e l’ottiene); Pio XII che chiede la costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi (e l’ottiene); fino a Giovanni Paolo II che chiede la grazia per il suo attentatore (e l’ottiene). Quella di Giovanni XXIII, che vuol lasciare libertà ai politici italiani, anche se non riesce a fermare l’azione di disturbo contro Aldo Moro, è, in fondo, una parentesi breve e lontana… Nell’atto del cardinal Sodano l’elemento di novità c’è: ed è aver reso pubblico il contatto. Anziché il gossip sull’appoggio del clero romano a Storace, anziché il sostegno alla Lega dato con boutades contro l’Islam, anziché il cifrato culturalpolitico del cardinal Ruini, anziché la licitazione privata fra movimenti e schieramenti, Sodano ha scelto la via della pubblicità… È difficile dire che i temi elencati dal cardinale per questi colloqui pubblici costituiscano un’agenda: sulla scuola Sodano chiede ciò che tutti vogliono dare, sulla famiglia pretende ciò che è impossibile in Europa, sulla bioetica usa riferimenti molto generici, sull’aborto domanda leggi da cui resterebbero esenti i ricchi, sulla cultura giovanile chiede qualcosa che nessuno è in grado di dargli…».

Sul tema “soldi” tornerà Giorgio Bocca su L’Espresso dell’8 marzo: «Ma la società del denaro alle faccende in fieri presta poca attenzione: le interessa il subito; e nel subito può far gioco accorrere in piazza San Pietro al bacio dell’anello papale. Questo bisogno della società dello sviluppo caotico e del profitto fine a se stesso di trovare un’alleanza diversa e più preparata al governo degli uomini sarebbe in certa misura apprezzabile se non nascondesse un’altra meno nobile ragione: di fare di questa Chiesa una socia in affari. Non per riportarla ai tempi di Bonifacio e dei Borgia, ma per fare dei suoi governanti di Curia - addetti ai bisogni concreti e al finanziamento della grande macchina - dei complici particolarmente utili: perché in materia di soldi i preti, salvo note eccezioni, mantengono una loro ingenuità e una predisposizione a farsi spennare. In più come soci in affari garantiscono sempre o quasi una impunità sacrale: come dimostra la scarsissima presenza nelle nostre carceri di sacerdoti e l’insabbiamento o l’assoluzione per vicende che li riguardano».

[Che stia parlando del cardinal Giordano? Ricordiamocelo, quando avremo davanti una dichiarazione dei redditi…]

Gennaro Acquaviva sulla Stampa del 22 febbraio aveva nel frattempo riproposto il tema del Concordato: dopo aver premesso il suo «giudizio sulla mediocrità dell’attuale ceto dirigente della politica italiana … non cambia la sensazione che anche nei vertici della Chiesa prevalga uno stato confusionale che non dice niente di buono su questi ultimi scampoli del pontificato di Giovanni Paolo II», prosegue chiedendosi «cosa possa avere ispirato un errore così grossolano da parte del cardinale Sodano. Il quale ha il pregio di non usare un linguaggio troppo diplomatico e obliquo. Ma che in questa circostanza si è comportato con una superficialità nei confronti delle norme concordatarie che davvero lascia perplessi».

Ci penserà Eugenio Scalfari, sul Venerdì di Repubblica del 2 marzo, a ricordare che ai sensi dei Patti Lateranensi «l’attività politica è preclusa alla Chiesa come istituzione e come gerarchia… Sodano sta proponendo un vero e proprio scambio tra programmi e voti, uno scambio che è considerato addirittura reato dalla giustizia italiana sotto la denominazione di “voto di scambio”».

[Qualche magistrato è in ascolto?]

IL MONDO POLITICO, SCONTATAMENTE, NO. Poche le voci dei politici che prendono le distanze dai propri leader. Del resto il Vaticano sostiene che siano proprio loro a chiedere gli incontri, senza alcuna smentita da parte dei candidati.

Nel Polo si leva, solitaria, la voce di Lucio Colletti (Forza Italia): «In fondo la colpa non è della Chiesa, ma dello Stato che si sta dissolvendo come un sorbetto al limone… le consultazioni dimostrano che lo Stato si è indebolito: è questo il segnale più rilevante. Anche se io la penso in modo diverso, in fondo il Vaticano fa il suo mestiere. Il problema è costituito dalle istituzioni laiche e dal potere politico: più quest’ultimo si scioglie, diventa evanescente, più si affermano nella società altre autorità come quella della Chiesa». Il repubblicano Giorgio La Malfa, che gioca spesso a fare l’estremista laico, al dunque sostiene, invece: «Non sono stato contattato, ma se lo fossi incontrerei con piacere il cardinale Sodano». Silenzio anche dall’oramai già disintegrato Polo Laico.

Più vivaci alcune voci dal centrosinistra. «Sodano ha detto davvero così? Sono cose che non stanno né in cielo né in terra…» dichiara Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti italiani, «…non accettano regali a scatola chiusa? Ma, per favore, questa è un’aggressione alla laicità dello Stato! In mezzo secolo di governi democristiani non si è mai vista una cosa del genere…».

Il segretario di Rifondazione Fausto Bertinotti sostiene: «non ho titolo per insegnare alla Chiesa a fare il suo mestiere, ma mi domando perché la Chiesa non convochi anche i candidati alle elezioni francesi o portoghesi. Mi pare che il Vaticano stia tornando a considerare l’Italia come una sua provincia».

[Perché, prima come la considerava?]

Gloria Buffo, esponente della sinistra DS, si domanda: «Agli occhi del Vaticano, l’Italia è un Paese a regime speciale?». Ersilia Salvato, sempre dei DS, vaticina la «cancellazione dello Stato laico». Grazia Francescato (Verdi) insiste anch’ella sul «rischio di estinzione come per i panda per lo Stato laico». «Non vorrei che si aprisse un’asta tra i partiti, un mercato del voto, per guadagnare il consenso nella Chiesa», dichiara il finto ingenuo Cesare Marini (SDI).

I boss, a sinistra, la pensano diversamente. «Mi sembra del tutto legittimo» - sostiene il segretario dei DS Walter Veltroni, candidato sindaco a Roma - «non vedo controindicazioni. La gerarchia vaticana è sicuramente super partes. Mi pare chiaro che chiunque pensava di arruolare il Vaticano in questo o quello schieramento sbagliava».

[Il Vaticano si è infatti auto-arruolato in entrambi gli schieramenti, in quanto…]

«…è in una fase di insicurezza profonda. Non è un segreto che ci sia un forte disagio Oltretevere e paura rispetto alla scristianizzazione della società», come gli ricorda il suo ex segretario Alessandro Natta, intervistato da Gianna Fregonara sul Corriere della Sera il 22 febbraio.

Silenzio ovviamente dai centristi cattolici. L’unico a dissentire è l’oramai trombato Mario Segni che, in una lettera al Corriere il 23 febbraio, scrive che «il rapporto ufficiale tra la Chiesa e i partiti comporta il pericolo oggettivo, anche se condotto nel modo più corretto, di passare al terreno della contrattazione. Rischia di trasmettere l’immagine di una Chiesa che valuta e sceglie le diverse posizioni, scendendo dal suo piedistallo di superiorità e di distacco, e perdendo quindi lo straordinario vantaggio della sua estraneità alla politica».

Rischio ribadito dal laico Massimo Cacciari, assoldato però anch’egli dall’alleanza neo-democristiana della Margherita. «Mi pare incredibile che la Chiesa non valuti le conseguenze di un atteggiamento di questo genere. Il Vaticano si comporta in questo modo esattamente come fosse l’Unione commercianti, un sindacato di categoria che va dai politici e chiede che nel programma siano compresi anche quelli che ritiene essere i suoi legittimi interessi… Perché è evidentissimo che i politici non richiedono il plauso della Chiesa in quanto grande forza e testimonianza spirituale, ma la richiedono in quanto grande forza politica. Perché la ritengono ancora un serbatoio di voti».

Nel frattempo, il 20 febbraio Sodano proseguiva imperterrito nei suoi colloqui. Dopo aver accolto il candidato del Polo Tajani definendolo «il nostro sindaco» (con buona pace di Veltroni) ha ricevuto Silvio Berlusconi, il quale ha sostenuto la «perfetta convergenza tra il nostro programma e le indicazioni della Chiesa: il nostro programma, infatti, è quello del Ppe e in quello ci sono le istanze della comunità cattolica».

[Nel PPE ci sono anche i protestanti, però: qualcuno glielo faccia notare…]

Proprio dal mondo riformato viene un arguto commento sui politici italiani: il Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia Gianni Long ha rilasciato una bella dichiarazione sull’Italia “a sovranità limitata”: «gli esami non finiscono mai per i politici italiani. Ora si presenteranno tutti in fila dall’esaminatore cardinale Sodano che - con la matita rossa e blu - segnerà gli errori nei loro programmi. Stupisce forse la loro accondiscendenza: evidentemente i voti dei cattolici, condizionati dalla gerarchia ecclesiastica (ma sarà poi vero?) valgono più di quelli degli elettori che scelgono con la propria testa».

PRIMI DISSENSI CATTOLICI. Il ben introdotto vaticanista del Corriere della Sera, il cattolico Luigi Accattoli già il 21 febbraio notava una stortura: «resta un lato della questione per il quale non abbiamo trovato spiegazioni: perché una tale iniziativa sia stata condotta in prima persona dal segretario di Stato vaticano, provocando obiezioni di forma (ingerenza del Vaticano negli affari italiani), mentre avrebbe potuto essere svolta con altrettanta efficacia e minori sospetti dalla Cei? Nessuno ha fatto obiezioni di forma quando due vescovi (Cocchi per la Caritas e Anfossi per la Commissione famiglia) sono stati “ascoltati” dalla Commissione Finanze della Camera, per sentire le “attese” della Chiesa. Non potrebbe avere la Cei un proprio organismo per ascoltare i leader politici e farsi ascoltare da loro, magari anche in pre-campagna elettorale?».

Un problema ribadito più laicamente da Gennaro Acquaviva: «non si capisce perché abbiano deciso di scavalcare in modo così clamoroso la Conferenza episcopale italiana che il nuovo Concordato indica espressamente come la controparte dello Stato».

Ci vuole Marco Politi su Repubblica per cominciare a portare a galla il dissenso: l’Avvenire, giornale dei vescovi, fin dall’inizio delle “consultazioni” di Sodano ha tenuto un profilo basso nei resoconti, preoccupatissimo di offrire il fianco ad accuse di ingerenza clericale… il cardinale presidente della Cei non ha gradito per niente… si apre una crepa nel tandem Sodano-Ruini, sempre unito nel tifare per la vittoria del Polo, ma ora diviso sul modo migliore di agire, facendo anche dire a monsignor Casale, vescovo in pensione di Foggia: «…sono sconcertato. Il metodo è inaccettabile, perché il Segretario di Stato dovrebbe agire in nome della Chiesa universale. A meno che non si voglia dire che l’Italia ha il privilegio di essere sotto immediata tutela… così si salta in testa alla Cei».

Più dure le voci cattoliche provenienti dalla base. Su Repubblica del 22 febbraio compare la lettera del parroco di Antrosano (AQ) Aldo Antonelli: «l’attuale mancanza di “pudore” sta a testimoniare un involgarimento e della coscienza civile e della coscienza cristiana… Chi scrive rifiuta di prestarsi a fare da “merce di scambio” in questo volgare commercio».

In un editoriale della redazione del Regno, rivista dei padri dehoniani, troviamo invece scritto: «L’immagine che l’iniziativa di Sodano finisce per offrire è quella di una riduzione della Chiesa a organizzazione d’interesse tra le altre, che di fronte a elezioni dalle quali comunque risulterà modificato l’equilibrio politico del Paese cerca un proprio, vantaggioso riposizionamento».

[Nulla da obiettare, anche da parte nostra]

MENO MALE CHE C’È CIAMPI. Per fortuna il 21 febbraio interviene il Presidente Carlo Azeglio Ciampi (cattolico), ricordando che la Repubblica Italiana è laica. Un’esternazione condivisa dal leader dell’UE Romano Prodi (cattolico): «sante parole!».

Qualcuno sussurra che «un esponente dell’esecutivo ha fatto conoscere alla Santa Sede “lo sconcerto” dell’Italia, segnalando come un episodio del genere non sia mai accaduto in alcun Paese occidentale, neppure nella cattolicissima Spagna. A quanto pare quell’emissario ha incassato “altrettanto sconcerto” Oltretevere, e ad alti livelli, per un’iniziativa che (così sarebbe stato riconosciuto anche lì) è davvero “senza precedenti”. Al malumore per queste ricostruzioni più che fantasiose, maliziose, Ciampi aggiunge un altro motivo di irritazione: l’atteggiamento processionale dei politici italiani, da Rutelli a Berlusconi, da Bossi a Storace è già di per sé una rinuncia a difendere l’identità laica dello Stato italiano», ricostruisce Marzio Breda, sul Corriere della Sera del 22 febbraio.

Concetto ribadito da Cosimo Rossi sul Manifesto: «almeno il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi non si è dimenticato che in Italia è lui l’unico titolato a fare “consultazioni”. E allora, vista la ressa di zelanti politici in attesa di udienza dal cardinal Angelo Sodano, segretario di stato vaticano, il capo dello stato ha pensato di rinfrescare la memoria a tutti».

Sul Corriere, l’indomani, Stefano Folli può agevolmente commentare: «nell’epilogo della legislatura, il richiamo di Carlo Azeglio Ciampi alla Costituzione e alla laicità dello Stato ha colmato un vuoto. Gli stessi nomi in cerca di voti che affollano l’agenda del cardinale Sodano si sono affrettati ad applaudire il Quirinale. Il consenso è stato quasi unanime (si potrebbe dire: l’omaggio che il vizio rende alla virtù) e la messa a punto presidenziale ha finito per essere giudicata, non senza ragione, una delle più significative e opportune pronunciate fino a oggi…».

SODANO MINIMIZZA E IL CASO PASSA SOTTO SILENZIO. MA CHI CI ASSICURA CHE NELLOMBRA?… «Ma quali consultazioni politiche vaticane! Questa è solo fantapolitica, una banale tempesta in un bicchiere d’acqua provocata da una serie di polemiche assolutamente fuori luogo, che non abbiamo voluto certamente noi! La Chiesa parla con tutti gli uomini di buona volontà, con politici e non politici, con italiani e non italiani. Dove è il problema? In realtà, è stata montata una campagna per secondi fini…». È costretto a smentire, adirato, il cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato della Santa Sede. Nonostante che dalla Segreteria di Stato precisino che «non c’è stata nessuna “manifestazione di disagio” da parte del governo italiano per i colloqui del cardinale con Rutelli e Berlusconi».

«Sempre nell’ambiente della Segreteria di Stato si osserva che non è affatto “inconsueto” - nei rapporti internazionali - che le autorità di un Paese abbiano colloqui con leaders politici di altri Paesi sprovvisti di qualifiche istituzionali. Tradotto in volgare, l’argomento suona così: se Rutelli e Berlusconi possono parlare con Blair e Chirac, o con Aznar, perché non possono farlo con il cardinale Sodano?», prova a difenderlo Luigi Accattoli, sul Corriere il 23 febbraio.

[Benedetto ragazzo, e quando mai Blair o Chirac si vedono offrire, e accettano, regali a scatola chiusa dai politici italiani?]

«D’altronde in Segreteria di Stato la parola d’ordine è sopire. “Gettare acqua sul fuoco”, proclama un collaboratore del cardinal Sodano. Nell’entourage del Papa non si è molto felici che le polemiche sulla “dottrina Sodano” siano esplose proprio mentre a Roma c’erano cardinali di tutto il mondo: vedere la Segretaria di Stato trascinata in una diatriba partitica ha suscitato reazioni negative in una serie di porporati», sostiene Marco Politi su Repubblica.

Il Manifesto è più esplicito: «Ritirata Oltretevere» - così titola un articolo di Andrea Colombo - «Ma c’è anche un più discreto e silenzioso dissenso, quello che serpeggia tra i vescovi, all’interno della Cei. Le perplessità su una mossa clamorosa, ben diversa dalla tradizionale discrezione della politica vaticana, sono diffuse. È probabile dunque che la vicenda delle consultazioni svolte dal segretario di stato vaticano sia già conclusa».

Minimizza anche il cattolico Luigi Pedrazzi, sul Messaggero di Roma: «L’episodio risulta già sopravvalutato, a poche ore dal suo svolgersi, perché i vertici della autorità ecclesiastica hanno serrato subito le fila, minimizzando l’importanza dei colloqui stessi. È stato chiarito che sono avvenuti quasi per caso e cortesia, a fronte di richieste di protagonisti laici interessati, essi sì; e non per un programma strategico messo a punto nelle stanze giuste, in vista di cambiare strada nelle relazioni tra autorità ecclesiastiche e vita politica italiana. Malumori tra i vari ambienti cattolici interessati alle relazioni Italia-Vaticano (ambienti ecclesiastici e laicali), ce ne saranno stati, e si sono percepiti, a fronte dell’enfasi mediatica data ai primi incontri “al vertice”».

[già, ma chi di è la colpa?]

«Nelle aule della Cei, la conferenza episcopale, su Sodano sbocciò subito un pensiero cattivo: ha sbagliato tutto… L’indomani “Avvenire”, il quotidiano della Cei, non fece parola di Ruini, nel dare i nomi delle personalità presenti. “Avvenire” è specchio del pensiero del presidente della Cei. Nei giorni successivi, mentre su tutti i quotidiani l’affare Sodano riempiva paginate, sul giornale dei vescovi apparivano solo noticine smilze. Ma questo silenzio era più fragoroso persino delle critiche aperte…», conclude Sandro Magister su L’Espresso dell’8 marzo.

Insomma, il silenzio è calato, Sodano sarà anche stato rimbrottato, ma solo un mese dopo il cardinale Ruini, presidente della CEI, si sarebbe tolto alcuni sassolini pubblicamente nei confronti dei politici italiani…

[Mentre i laici dormono, che accade nell’ombra? Quanti doni arriveranno in Vaticano una volta noti i risultati elettorali?]