Croci sui monti, una questione laica dimenticata

Carenno, 31 Agosto 2005

L’intitolazione al defunto papa Giovanni Paolo II di una vetta montuosa di oltre 3000 mt. in Val Fontana, laterale della Valtellina in provincia di Sondrio, acuisce nuovamente l’attenzione illuminatamente laica - come ogni altra liberale e giammai cortigiana verso il potere dominante - circa una “questione” già sorta in passato negli stessi ambienti laici, e che ebbe una certa eco anche nell’associazione nazionale di riferimento in fatto di montagne e frequentazione di esse, il Club Alpino Italiano: l’opportunità e il significato dell’installazione di croci, manufatti vari ed altri simbolismi inequivocabilmente religiosi sulle vette dei monti, tema su cui si discusse nel CAI per un certo tempo prima che l’inevitabile messa in disparte riservata ad argomenti “delicati” la spegnesse più o meno totalmente.

L’episodio valtellinese, avvenuto domenica 28 Agosto 2005, ha attirato l’attenzione di varie testate giornalistiche ed agenzie di stampa nazionali – ovviamente in modo compiacente – ed ha visto, oltre all’intitolazione della cima al papa defunto, la posa in vetta di una lapide commemorativa in pietra ollare, con il patrocinio di numerosi enti locali e dei comuni della zona; nel presentare l’iniziativa, i promotori hanno dichiarato che tale idea è nata il giorno successivo alla morte di Wojtyla, quando nella zona doveva svolgersi una gara scialpinistica per l’occasione annullata.

È questo l’ultimo esempio tra innumerevoli, come detto (peraltro, visto che è nato il giorno dopo la morte del pontefice, di evidente matrice emotiva e considerabilmente massmediatica, dunque falsamente devozionale, come buona parte del credito popolare diffuso verso la chiesa al giorno d’oggi), e in ogni parte d’Italia basta alzare lo sguardo verso i monti che ci circondano per osservare certamente, su una o più vette, una bella croce a dominare il paesaggio… Semplici segni della devozione religiosa popolare, o in tale realtà si può ritrovare qualcosa di più, e di ben più materiale?

Ogni frequentatore della montagna, in passato come nel presente, mosso da intento alpinistico ovvero ludico e ricreativo, riscontra nel monte un valore fondamentale per molti versi mistico, derivante in primis dalla ineluttabile, maestosa bellezza naturale delle montagne, dal rappresentare un ambito di purezza, di incontaminatezza ancora scevra da certe brutture della civiltà umana più scriteriata, dall’essere ogni vetta un luogo assoluto, elevato sopra il mondo e oltre il quale vi è solo l’immensità del cielo; la stessa ascensione dell’alpinista dal piano verso la vetta è spesso stata interpretata in chiave ascetica (stessa radice etimologica, d’altronde), di elevazione dall’ambito ordinario quotidiano a quello puro delle alte quote. Senza protendere in alcun modo verso visioni soprannaturali, divine e dunque religiose, è fuor di dubbio che l’essenza del monte tocca e vibra le corde profonde dell’animo umano, e ne scaturisce sensazioni ed emozioni di assoluta umanità; qualcuno definì le montagne “le cattedrali della Terra”, a sottolinearne una sacralità assoluta, assolutamente laica e ben contrapposta a qualsiasi altra di imposta matrice religiosa, con i monti come meravigliosi templi inneggianti alla bellezza della Natura e in genere del nostro mondo.

Posto ciò, ognuno è certo libero di voler vedere nella maestosa bellezza montana il segno della grandezza di una qualche divinità, della potenza della sua creazione, ma certamente questo viene dopo quanto sopra evidenziato, vi viene “costruito” sopra e ne forza la realtà e l’essenza per dimostrare dogmaticamente ciò che altrimenti non avrebbe alcun riscontro tra vette e valli… La chiesa da sempre promuove vigorosamente la posa di croci sulle montagne, e la giustifica “per dimostrare la potenza di dio e manifestare la sua presenza ovunque”: invero, così operando, ne dimostra invece tutta la debolezza, giacché ha bisogno di “firmare” con una croce un luogo nella cui bellezza e maestosità già c’è un valore estetico assoluto e insuperabile - peraltro del tutto naturale - che a tutti gli effetti la chiesa non ritiene sufficiente per dimostrare la presenza del proprio dio “onnipotente”, il quale così onnipotente dunque non deve essere… Più concretamente, pare che l’ideologia religiosa in verità disprezzi la bellezza della Natura così ben compendiata nei monti, visto che ne deprime il valore estetico riportandolo sotto il possesso di una simbologia dogmatica, ovvero lontana da ogni concreta realtà dacché priva di ogni senso reale!

Ma vi è dell’altro, certamente… La discussione sorta anche a livello CAI, ad un livello meno teoretico e più pratico oltre che più lapalissiano, verteva sul senso effettivo della presenza di croci in vetta ai monti, cioè di un simbolo di una ben determinata ideologia e confessione religiosa, non totalitaria, nemmeno maggioritaria, e di rimando di un preciso potere, la cui presenza in un luogo pubblico e per di più di demanio statale (e di uno stato ufficialmente aconfessionale) evidentemente e inevitabilmente rappresenta una mancanza di rispetto verso gli appartenenti ad altre confessioni e verso chi non ne è interessato, per qualsivoglia motivazione. Tale mancanza di rispetto dimostra bene e per l’ennesima volta l’arroganza del potere religioso cattolico, e soprattutto il disprezzo che esso cova verso chiunque ritenga di dissentire dalle proprie volontà: essa si arroga il diritto di imporre il proprio simbolo di potere (un simbolo di morte, è bene ricordarlo, in un contesto traboccante di vitalità naturale!) a chiunque, appoggiandosi alla incontestabile “devozione popolare” e invero dimostrandone nuovamente tutta la debolezza, dacché impone al devoto di poter vedere dio solo grazie al simbolo religioso e non nella immane bellezza naturale montana: un evidente esempio di chiusura mentale imposta… Molti associati al CAI ai tempi, e in tutta ovvietà, obiettavano che luoghi naturali di valore assoluto e universale non potevano e non dovevano essere contrassegnati da segni di un “valore” del tutto particolare e parziale, tanto più attraverso una sostanziale imposizione che sembrava ritenere quei luoghi come di proprietà, facendo di essi ciò che si voleva – con il comprensibile, profondo fastidio di chi liberamente non ne condivideva il senso e il fine…

Vi era – nella discussione – e vi è anche una questione prettamente ambientale, circa l’opportunità estetica ed ecologica di installare manufatti di cemento e metallo, sovente di dimensioni e ingombri notevoli, in siti caratterizzati primariamente proprio da una naturalità intonsa e dall’assenza di qualsiasi antropizzazione che, in luoghi come vette montuose elevate e spesso elevatissime, rappresenta sempre un elemento estraneo e “degradante”; fa specie che quegli enti istituzionali e associazionistici che si proclamano paladini della salvaguardia ambientale montana, si ritrovano poi quasi tutti, ben allineati e cortigianamente concordi, a patrocinare iniziative di stampo peculiarmente religioso, ed a festeggiare spropositate croci di vetta i cui impianti sbancano e cementificano sommità montuose che, è inutile rimarcarlo, non sono che esigui fazzoletti di terra e/o roccia… Quale ipocrita servilismo – viene da dire – alcuni dimostrano, anche in una materia così delicata come la salvaguardia ambientale! Si vietano o comunque si cerca di limitare in tutti i modi le installazioni di qualsiasi manufatto che potrebbe deturpare l’estetica così solenne del paesaggio montano (mi vengono in mente, un esempio tra i tanti, le torri eoliche per la produzione di energia elettrica) e poi ci si prostra riverenti di fronte ai tralicci “che manifestano la presenza di dio”! Bella coerenza ecologista, non c’è che dire… E certamente, se fosse per la chiesa, ogni pur minima sommità anche collinare avrebbe la sua bella croce a dominare il paesaggio, alla faccia della bellezza del paesaggio e della sua salvaguardia: una specie di enorme cimitero naturale!…

Ma, tornando al fine della questione in oggetto, è inevitabile lo scaturire di una analisi ulteriore e ancor più ponderata, ricca inoltre di analogie storiche: c’è solo la manifestazione della devozione popolare in quelle croci, o c’è dell’altro? Inevitabilmente, appunto, c’è da rimarcare l’invadenza e l’arroganza “imperialista” che da sempre esercita il potere clericale vaticano, oggi rinvigoritasi grazie alla comunella di una classe politica pronta a svendersi pur di accaparrarsi i favori papali, un potere che persegue continuamente la più ampia dominanza ideologica sugli individui, e in ciò tralasciando totalmente ogni democratico rispetto verso chi la pensa in altro modo… Ebbene, come può un potere di siffatta natura affermare con costanza la propria presenza dominante, cercando al contempo di consolidarla in chi ne viene sottoposto? Ad esempio, ponendo il proprio simbolo di potere in qualsiasi luogo possibile, e soprattutto in quei luoghi ove lo stesso sia ben visibile e dominante sul paesaggio! E cosa di meglio se non le vette dei monti? Non può non tornare, nella mente libera e sagace, il ricordo della realtà storica di certi poteri di stampo autoritario e dittatoriale, che abbisognavano una continua e pressante manifestazione “visiva” della propria essenza/presenza dominante sui sottoposti: i fasci littori e i profili del duce nel ventennio fascista, le svastiche disseminate nell’intera Germania nazista, le statue e le effigi dei dittatori comunisti, le gigantografie di Fidel Castro a Cuba o di Saddam Hussein in Iraq… “Non ti scordare mai che ovunque c’è dio, quindi ovunque sei sottoposto al potere della sua religione!” sembrano dire tutte quelle croci a chiunque, anche a chi la pensa diversamente e/o non ne vuol sapere nulla, in barba alla libertà individuale e con un modo che una società veramente libera, laica e democratica non potrebbe mai accettare… Ma quanto, per l’ennesima volta, esse dimostrano anche e soprattutto tutta la vuotezza effettiva e la debolezza del credo religioso di cui sono simbolo, un credo che abbisogna continuamente di affermarsi con il proprio simbolo, di mostrarlo da dove possa intimidire chi vi sta sotto, nel timore che in mancanza di una tale soperchieria il dubbio sorgente nella mente dei più comincerebbe a illuminarne l’infingarda realtà effettiva!

Intanto, uno dei pochi ambiti rimasti a questo mondo ancora in massima parte puro, incontaminato ovvero libero da tali umane insensatezze, di esse ne subisce continuamente l’arbitrio, con grave insolenza verso chi non ne vuole subire l’imposizione ideologica, e in generale verso la più naturale libertà di pensiero. È ovvio e doveroso il rispetto per quei segni di matrice religiosa che ricordano alpinisti caduti in montagna o simili eventi funesti, invero in numero assai ridotto nel computo totale dei manufatti religiosi installati sui monti, che nella maggioranza dei casi non hanno considerabili motivazioni alla base se non la mera volontà di alcuni, ben condizionata dalla chiesa, di piazzarle lassù e stop. Di contro è un peccato che la discussione sulle croci di vetta sia pressoché scomparsa dalle disamine “montane” dei soci del Club Alpino Italiano, per come si era animata e per quanto aveva palesato la presenza di una forte corrente laica tra i frequentatori dei monti, o quanto meno contraria a siffatte intromissioni ideologico/religiose nella purezza naturale alpestre; la superficialità che la riteneva spesso banale dacché principalmente teoretica celava sicuramente il già citato imbarazzo che sorge in molti nel toccare tali “intoccabili” questioni, e l’assennatezza del dubbio scaturente poteva divenire alla lunga troppo incontrovertibile da negare reiteratamente… È fuor di dubbio, in ogni caso, che al giorno d’oggi ogni ambito terrestre nel quale ancora ci si possa sentire liberi da certi assoggettamenti ideologici, soprattutto se di stampo dogmatico/intollerante (e in generale non solo religiosi) è un ambito da difendere a tutti i costi, un luogo di vera civiltà potenzialmente protesa in un proficuo progresso intellettuale ed umano; una dimensione preziosamente e realmente laica, pregiata per ogni spirito libero e fortunatamente opposta a buona parte di questa nostra società, così di frequente dichiaratamente laica eppure così sovente inginocchiata a baciare le dorate pantofole papali…

Luca Rota
www.lucarota.it
luca@lucarota.it

N.B.: il presente scritto è un approfondimento di quanto analogamente trattato ne Il Breviario d’Armageddon, saggio dello scrivente sulla realtà passata e presente, sul senso e sugli effetti della presenza del potere religioso/clericale nella nostra civiltà, consultabile e scaricabile dal sito sopra indicato.