L’informazione distorta, il ministro leghista e il crocifisso

da Giulio Marino, Roma

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Roma, 27 ottobre 2003

Adel Smith, presidente dell’Unione musulmani d’Italia, ha vinto la sua battaglia. Aveva chiesto di togliere il crocefisso appeso nell’aula della scuola frequentata dai suoi due figli minori. E il tribunale dell’Aquila, al quale Smith si era rivolto, gli ha dato ragione.

Con una sentenza storica il Tribunale ha accolto il suo ricorso e ha condannando l’istituto a rimuovere il crocifisso.

Il ricorso era stato presentato qualche settimana fa dal legale di Adel Smith. La sentenza è stata immediata. Il giudice Mario Montanaro difende «l’imparzialità dell’istruzione scolastica pubblica di fronte al fenomeno religioso». Un’imparzialità che va realizzata «attraverso la mancata esposizione di simboli religiosi». Il giudice ha preso in considerazione anche la possibilità che più simboli religiosi vengano esposti sui muri della aule scolastiche. Ma ha deciso che la strada non è percorribile, sia perché «non potrebbe in concreto essere tendenzialmente esaustiva», sia perché «finirebbe per ledere la libertà religiosa negativa di coloro che non hanno alcun credo».

«Nell’ambito scolastico» - si legge nella sentenza - «la presenza del simbolo della croce induce nell’alunno a una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede, perché manifesta l’inequivoca volontà dello Stato, trattandosi di scuola pubblica, di porre il culto cattolico al centro dell’universo, come verità assoluta, senza il minimo rispetto per il ruolo svolto dalle altre esperienze religiose e sociali nel processo storico dello sviluppo umano, trascurando completamente le loro inevitabili relazioni e i loro reciproci condizionamenti».

La rimozione del crocifisso, conclude il giudice, è l’unica misura possibile per inibire la lesione del diritto di libertà dei figli minori, poiché l’alternativa sarebbe non far partecipare all’attività didattica i piccoli scolari.

La cosa, in un altro paese sarebbe passata quasi inosservata. Ma qui siamo in Italia, qui c’è il papa e un concordato con la chiesa cattolica mai abrogato e, per di più, c’è un Governo di destra con un ministro della giustizia eletto tra le fila di un partito che oggi, insieme con Forza Italia, occupa posizioni conservatrici che una volta erano di AN e dei nostalgici dell’MSI.

Ogni occasione sembra essere buona per il guardasigilli leghista per attaccare la Magistratura.

Ma quando a essere messi in crisi sono i privilegî medioevali della Chiesa Cattolica allora i giudici possono essere fatti oggetto di attacchi da parte dell’intera classe politica nazionale. Almeno questo è quello che l’informazione a senso unico dell’oligopolio televisivo statalberlusconiano vorrebbe far credere agli italiani. Vorrebbe e, probabilmente, ci riesce e ci riesce bene sfruttando abilmente i meccanismi della persuasione e del condizionamento ampiamente conosciuti dagli studiosi di psicologia e di psicologia dell’informazione. Il magistrato in questione, come è giusto che faccia, non interviene, non rilascia interviste. Si comporta secondo la deontologia e il buon senso. Una deontologia e un buon senso ignorati dal ministro leghista della Giustizia che, invece, ritiene di poter esprimere pubblicamente dei giudizi sulla scorta delle notizie diffuse dalla stampa. E ritiene di poter attaccare pubblicamente un magistrato sulla scorta di impressioni personali. Ritiene di poter preannunciare l’invio di ispettori. Una vera e propria messa alla gogna di un magistrato che ha coraggiosamente applicato la legge difendendo i diritti dei minori contro l’ignoranza e l’arroganza di una classe politica bacchettona per la quale le crociate non sono mai terminate.

E i mass media cosa fanno? Tutti in coro riportano le impressioni a senso unico secondo il cliché tipico dei regimi che controllano l’informazione. Sembrerebbe che l’intera classe politica nazionale, non solo la CEI, deplori il comportamento di quel magistrato. “Persuasione da maggioranza”, così si chiama la procedura di condizionamento psicologica cui i mass media di regime si attengono quando, dando tutti la stessa informazione allo stesso modo, riescono a dare l’impressione che la stragrande maggioranza della gente la pensi in determinato modo.

Un rapido sguardo al sondaggio on-line di Repubblica ci fa scoprire, invece, che il 54% degli italiani approva l’operato del magistrato aquilano.

Grazie Giudice Montanaro. Continui a fare il suo dovere e non dia ascolto a questa classe politica che vorrebbe una magistratura dipendente e soggiogata dal potere politico.