La bimba clonata, ultimo dono della follìa religiosa

di Luigi De Marchi

Quello che segue è un contributo che il prof. De Marchi ci ha autorizzato a riprodurre sul sito dell’UAAR. Lo ringraziamo per questo.

L’angosciante notizia della nascita del primo clone umano, una bambina chiamata Eva, sta scatenando su tutti i media le deplorazioni e le invettive dei leader religiosi del mondo intero e dei loro camerieri politici. Ma ciò che nessuno sembra vedere, nel mondo religioso e politico ufficiale, è il filo rosso che collega gli accusatori e gli accusati di questa clonazione folle.

Perché sia folle ce lo hanno chiaramente spiegato i vari esperti di biologia e ingegneria genetica intervistati. In primo luogo, attualmente siamo ben lontani dal possedere le nozioni e le tecniche necessarie per creare organismi clonati validi. Gli esperimenti condotti sugli animali hanno prodotto finora pecore, come la famosa Dolly, che soffrono di artrite e invecchiamento precoce, topolini asmatici e maiali privi di difese antivirali. Nel caso del clone umano, poi, i rischi sono anche maggiori, data l’oscurità totale che avvolge le possibili minorazioni psichiche. «Se è vero, si rischia il mostro», scriveva Alberto Oliverio, commentando la nascita della bimba clonata sul Messaggero di venerdì 29 dicembre.

Quanto al filo rosso che lega gli accusatori agli accusati, esso è svelato proprio dalle mie analisi delle radici psicologiche del fanatismo religioso. Come ho ricordato in altre occasioni quelle analisi, presentate già venti anni fa nel mio libro Scimmietta ti amo, edito da Longanesi, e ampliate nel mio ultimo libro Lo shock primario, pubblicato nel 2002 dalla Eri, la editrice della Rai, sono approdate a concludere che, coll’emersione della coscienza nel corso dell’evoluzione umana, l’uomo, divenuto il primo essere vivente non solo consapevole del suo destino di morte, ma anche disperatamente coinvolto nella morte dei suoi simili più amati, è stato investito da un’angoscia travolgente, che ho chiamato appunto «shock primario» e dal quale ha tentato di difendersi innalzando una serie di difese psichiche. La prima di queste difese è stata appunto la difesa religiosa, cioè l’immortalità garantita dalle varie fedi ai propri seguaci. Purtroppo, ciascun gruppo umano ha ritenuto che la propria fede fosse l’unica capace di assicurare la vita e la felicità eterne e ha visto nelle altre fedi, e nei loro seguaci, altrettante espressioni di Dei falsi e bugiardi da combattere e distruggere. E da qui sono nate le guerre sante che hanno insanguinato la storia umana e che tuttora ci deliziano con le loro varianti terroristiche.

Questo è il meccanismo che ha accomunato tutte le credenze religiose umane tradizionali e che, sia pur modificato marginalmente dalla variante tecnologica della clonazione, si riproduce puntualmente anche nella chiesa raeliana. Stando alle informazioni attualmente disponibili (ma resta da vedere se siano attendibili), la chiesa raeliana promette ai più meritevoli tra i propri seguaci l’immortalità anche fisica attraverso processi di clonazione totale (anche psichica) della propria identità. Come si vede, è la ripetizione in chiave tecnologica delle promesse d’immortalità tipiche d’ogni religione. Purtroppo, però, allo stato attuale delle conoscenze e tecniche d’ingegneria genetica si tratta d’un percorso poco realistico e molto rischioso e, probabilmente, solo l’impazienza tipica del fanatismo religioso può avere spinto i seguaci del movimento a mettere a repentaglio la vita e la salute di Eva e degli altri bambini-cavia. Ma gli ultimi che possono pronunciare condanne sommarie dei raeliani sono i prelati delle religioni tradizionali, che per secoli, cioè fin quando non sono stati fermati dal pensiero liberale e dallo Stato di diritto, hanno sistematicamente sacrificato la vita degli altri esseri umani (volta a volta gli infedeli o gli eretici) ai propri dogmi e fanatismi religiosi e alle ricette d’immortalità da loro preferite e che tutt’oggi condannano milioni di bambini a morire di fame per i loro cervellotici veti in tema di contraccezione.

Al di là delle irresponsabile impazienza dei raeliani, però, la sensazionale vicenda della setta religiosa e della piccola Eva mi sembra dimostrare ancora una volta la impressionante validità delle analisi psico-esistenziali da me proposte per comprendere in modo unitario i più diversi fenomeni della storia umana, anche contemporanea. Con queste analisi, infatti, abbiamo potuto capire le radici profonde e comuni dei fenomeni e dei problemi più diversi del passato e del presente (dal nazismo al comunismo, dall’integralismo cristiano al fondamentalismo islamico, dalla sessuofobia alla avanguardie artistiche del ’900, dal maschilismo al femminismo androfobo, solo per fare qualche esempio). Quale altro strumento critico ci avrebbe consentito di fare altrettanto?

Auguriamoci comunque che la vicenda della piccola Eva serva almeno ad attrarre l’attenzione e ad aprire un dibattito sull’immenso potenziale dell’ingegneria genetica nell’attacco umano al problema della morte: un potenziale che, per parte mia, avevo segnalato proprio nelle ultime pagine del mio libro testè citato Lo shock primario.

«Purtroppo» - scrivevo in quelle pagine - «il potenziale umano di ricerca e d’intervento nella lotta contro la morte e l’angoscia di morte è stato finora applicato in misura solo irrisoria. Le maggiori speranze» - continuavo - «sembrano racchiuse nell’ingegneria genetica. Secondo alcuni ricercatori, la morte di ciascun individuo può considerarsi espressione d’un programma inserito nel DNA e modificabile con opportune rettifiche. Solo una serie di radicali interventi in campo biologico potrà comunque dare all’uomo non solo il sospirato controllo dei propri processi degenerativi ma anche la possibilità di modificare la struttura del proprio organismo così da renderlo idoneo anche alla vita extra-terrestre».

Queste sono le speranze realistiche dell’umanesimo liberale. Ma si tratta per ora solo di speranze (da esplorare con una ricerca paziente), che non hanno niente da spartire coll’irresponsabile faciloneria del fanatismo religioso. Purtroppo, invece, quest’ultimo minaccia di comprometterle, insieme ai progressi terapeutici già oggi realizzabili con le cellule staminali.