Una nuova “caccia alle streghe” rivela il volto retrivo e fanatico dell’Egitto

di Lorenzo Lozzi Gallo

Sta procedendo al Cairo, in Egitto, il processo contro i 52 uomini arrestati a maggio durante una festa privata. La nuova seduta si è tenuta mercoledì, alla presenza di rappresentanti delle ambasciate di Stati Uniti, Canada, Belgio, Danimarca e Svizzera, ma nella più completa assenza di rappresentanti delle organizzazioni umanitarie per i diritti civili in Egitto. Intanto, i quotidiani hanno pubblicato foto, nomi, impieghi, persino indirizzi degli arrestati, mettendo alla berlina anche le loro famiglie.

Anche se la legge egiziana non considera l’omosessualità un reato, gli uomini rischiano fino a cinque anni di carcere, per l’accusa di «aver fatto delle pratiche omosessuali un principio fondamentale del loro gruppo, al fine di creare disordini sociali e per essersi dedicati a comportamenti libertini con uomini». Il giudizio del tribunale che esamina il caso sarà inappellabile.

La repressione degli omosessuali, che ha già spinto molti gay egiziani ad abbandonare il paese, è diventata ormai insostenibile: le incursioni nei locali si moltiplicano, e gli stranieri sospettati vengono subito espulsi. Le aggressioni a danno di gay restano perennemente impunite, e anche su internet è pericoloso stabilire contatti: la polizia avrebbe, secondo alcuni, persino allestito un sito civetta per attirare e arrestare gli omosessuali del Paese.

Nel paese, è unanime la mancanza di appoggio agli arrestati: anche l’organizzazione per i diritti umani egiziana ha deciso di non presenziare al processo, e ha persino espulso un membro che aveva parlato della cosa con un giornale straniero.

Che l’Egitto stia vivendo un vero «autunno della ragione», appare chiaro anche dal caso di Nawal El Saadawi, celebre scrittrice femminista e illuminista (ma non atea, per sua esplicita dichiarazione), a lungo vissuta in esilio, e che, dopo aver deciso di tornare nel suo paese, è stata accusata da uno sconosciuto avvocato di essere un’eretica dell’Islam. Costui ha chiesto alla corte di separarla d’ufficio (e, se necessario, a forza) dal marito, Sharif Hatata, che si è dichiarato «stupito e spaventato». Bisogna notare che El-Saadawi è stata incriminata puramente per reati di opinione, in particolar modo per aver detto che il pellegrinaggio alla Mecca avrebbe origini preislamiche e che le donne dovrebbero avere eguale diritto all’eredità degli uomini (mentre ora, secondo la legge coranica, ereditano la metà). Nawal El-Saadawi è stata anche la prima donna a scrivere delle pratiche di infibulazione nell’Egitto rurale, e ha affermato che la pratica del velo ha origini giudeo-cristiane. L’avvocato che l’ha portata alla corte, ha detto che dovrebbe tenere le sue opinioni per sé, perché sarebbero «un veleno per i musulmani». Quest’aggressione è stata considerata da molti intellettuali come un gesto puramente intimidatorio nei loro confronti.

Di fronte alla nuova «caccia alle streghe» in quella che si vorrebbe una delle più laiche e progressiste «repubbliche islamiche», il sito Gay.com ha avviato una petizione per protestare contro il processo. È anche possibile inviare una nota al nostro ministro degli Esteri e all’ambasciatore italiano in Egitto, invitandoli a protestare con il governo egiziano per l’arresto e la detenzione di 52 uomini, «colpevoli» solamente di essere gay, e in generale per lo scarso rispetto dei diritti umani nel suo paese. Si possono usare i seguenti indirizzi: Ambasciata Italiana in Egitto (ambasciatore Mario Sica) Ministero degli Esteri Italiano, numero fax +39 06 322 2850.