La laicità e il Corano a scuola

di Nicola Vighi

Sono uno dei mille agnostici italiani che si sente defraudato del proprio diritto a essere tale.

Ho letto alcuni degli interventi, rapidamente invero, presenti sul vostro sito circa l’intervento del cardinal Martino sull’insegnamento del Corano nelle nostre scuole.

Come non essere d’accordo con tutti? Ma come anche non rendersi conto che tutti, nessuno escluso, forse non hanno colto il vero problema che si nasconde nell’apertura della chiesa cattolica?

A mio modesto modo di vedere stiamo vivendo, circa questo tema, un momento estremamente critico: la “religionizzazione” (passatemi il neologismo) delle coscienze e del consenso. Il problema NON è quello dell’ora di islamismo o buddismo o ebraismo nelle scuole. Il problema è che si ponga il problema stesso.

La scelta della Chiesa cattolica è molto chiara (espressa dalle seconde linee per apparire popolare): apriamo alle altre religioni, in primis all’islam che si sta affermando in Italia.

Questa “apertura” implica però un concetto estremo molto più pericoloso: quello della dipendenza dell’individuo dalle religioni, della sua classificazione in quanto credente, o meno, dell’una o delle altre religioni. Quello che afferma quindi il cardinal Martino è un concetto estremamente pericoloso e antidemocratico, anche se apparentemente liberale.

Non abbiamo nessuna necessità che i nostri figli abbiano una più ampia scelta tra le diverse religioni da “studiare” a scuola. Abbiamo bisogno che a scuola NON si insegni alcuna religione, abbiamo bisogno di una scuola ASSOLUTAMENTE laica tanto nella forma che nella sostanza. La scelta religiosa è una scelta intima e personale che attiene al singolo e, come tale, uno Stato laico deve preservare le scelte personali, senza indicare percorsi comportamentali. La possibilità di scelta tra diversi insegnamenti religiosi in una scuola pubblica di uno Stato laico indica, in realtà, un’affermazione di necessità DELLA scelta religiosa. Questo giustifica l’atteggiamento della chiesa cattolica.

Il concetto è estremamente chiaro: aprendo ad altri, certifico la NECESSITÀ della religione e quindi di me stessa. Non è vero, la religione NON è necessaria. Siamo uno Stato laico, e siamo tali grazie alle nostre madri, ai nostri padri e ai loro genitori. Non possiamo concepire e permettere che la nostra ignavia, il nostro essere politically correct, il nostro - talvolta astruso - concetto di democrazia sia foriero di uno Stato confessionale (di qualunque genere) in cui potrebbero essere costretti a vivere i nostri figli.

Non possiamo continuare a tacere.

Anche se invisi ai politici che, soprattutto in questo periodo, sono ovunque impegnati a non scontentare nessuno inseguendo i voti cattolici o di altre confessioni, dobbiamo farci sentire, far sentire che esiste un’umanità altrettanto, e forse più, solidale di quella confessionale. Un’umanità che esiste ed è presente in quanto tale e non per voce in terra di questo o quel dio o religione.

Spero che si riesca a dar forma, presenza fisica e concretezza a questo mio, e di molti altri sentire.